Dall’oligarchia della rete alla sostenibilità delle nuove democrazie

Gli oligarchi della rete stanno scrivendo i fondamenti della costituzione reale del mondo digitale e connesso. Alla scrittura degli oligarchi si affianca a contenderne la stesura quella degli “altri scrittori”. Sono i milioni di start up, di cittadini del mondo

Pubblicato il 25 Feb 2015

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Una costituzione, cioè le regole fondanti, di una comunità che conta oltre 3,3 miliardi di abitanti del Pianeta fra loro connessi, esiste già di fatto.
È una costituzione “materiale” che si auto-compone nella rete delle reti, cioè in Internet; nella comunicazione a due vie fra individui, aziende, istituzioni e comunità d’ogni dove; nel collegamento di decine di miliardi di uomini a macchine; di macchine a macchine.

È una costituzione non scritta fatta di miliardi di “accetto” in calce ad accordi scritti su altrettanti schermi grandi e piccoli, fissi e mobili.
È una costituzione non votata, che viene votata nei consigli d’amministrazione delle web company globali e dei colossi del mercato del digitale.
È una costituzione non dibattuta dove il dibattito è fra mi “piace” e “non clicco”.
È una costituzione non radicata perché l’unico radicamento è quello dell’utente all’azienda online.
È soprattutto una costituzione non percepita perché non c’è tempo per percepire ma solo un attimo per “interagire”.
È una costituzione globale che inalvea il più avanzato strumento d’incontro della storia dell’umanità fra la domanda e l’offerta di beni, di servizi, di socialità, di politica, di creatività, di affetti e di umori, dove il modello d’affari è offrire qualsiasi cosa in cambio di un pezzo, anche infinitesimale, d’attenzione.
Dove alla rete che continua a millantare il suo essere gratuita si sostituisce l’offerta di servizi “gratuiti“ perché pagati col vecchio modello della radio e tv commerciale, cioè la pubblicità.

È una costituzione invisibile scritta ogni giorno dagli oligarchi della rete: un oligarca dei saperi, quelli offerti dal proprio motore di ricerca, secondo il proprio algoritmo pubblicitario, che si muove come un paese sovrano con il proprio segretario di stato che incontra solo presidenti e primi ministri; lo stesso oligarca possiede tutte le mappe dei cinque continenti, possiederà tutte le strade e i movimenti di ciascun abitante del Pianeta e la piattaforma che contiene la memoria audiovisiva del globo; c’è un oligarca delle merci fatte pervenire direttamente a casa; lo stesso oligarca previene le nostre preferenze di lettura ma non ne suggerisce di “alternative”; c’è l’oligarca della vendita all’asta, come modello commerciale vincente; l’oligarca dei rapporti fra gli umani che ha creato un “paese in rete” che è già il più popoloso al mondo.
Tutti gli oligarchi stanno perfezionando, giorno dopo giorno, paese dopo paese, l’algoritmo dell’ottimizzazione fiscale, dove la delocalizzazione è sinonimo di elusione.
Tutti gli oligarchi sono strenuamente impegnati nel raggiungimento del “punto di non ritorno” quando, se si staccasse la “loro” spina, l’umanità resterebbe senza saperi, posta, servizi, merci, media, informazione, comunicazione, mappe, commercio, welfare e perfino senza politica e forse senza democrazia, ma soprattutto senza lavoro.

Gli oligarchi della rete scrivono dunque i fondamenti della costituzione reale del mondo digitale e connesso. È un mondo “inevitabile” che trova un vastissimo reale e cosciente consenso nei miliardi di individui, singoli o aggregati, che hanno trovato in questo “mondo digitale interconnesso” il loro presente e futuro, fatto di innovazione, opportunità, relazioni, lavoro, efficienza, ricchezza, sostenibilità, crescita materiale e immateriale, avanzamento personale e collettivo e perfino democrazia e democrazie, dove i temi “personali” della privacy, della sicurezza del possesso dei dati sono destinati a perdere la valenza di “pericolo” individuale e rimanere criticità solo per aziende e istituzioni pronte, queste sì, a scatenare delle vere e proprie guerre mondiali reticolari nei vecchi territori militari e in quelli nuovi dei big data, delle smart city, dei robot “umani”, dell’Internet of everything.
Nel mondo digitale e connesso la privacy e la sicurezza sono semplicemente una merce di scambio fra gli utenti e gli oligarchi del mercato dei beni, dei servizi, della socialità e della politica.

Nel nuovo mondo digitale e connesso ai rinnovati, ampliati, ma sempre inseguiti diritti universali in generale e di cittadinanza, di partecipazione, di trasparenza e verità in particolare, si affiancano, come sempre più vitali e necessari, quelli della connessione ai saperi, della creatività, della diversità, della convivenza e del meticciato di ogni fattore, oggi matrici fondamentali per le possibili nuove polis, dove proliferano infinite pratiche quotidiane di nuove libertà e nuovi diritti dei singoli e delle collettività. Dove dunque ritorna, deve ritornare, la forza della polis e della politica.

Alla scrittura degli oligarchi si affianca a contenderne la stesura quella degli “altri scrittori”. Sono i milioni di start up, di cittadini del mondo, che hanno imparato e stanno imparando ad utilizzare il sistema nervoso digitale del globo per reinventarsi il mercato, il territorio, la ricerca, la formazione, la militanza, la socialità, la politica e l’economia micro e macro all’insegna del fattore portante della sostenibilità.

Nel mondo digitale e connesso sono possibili anche nuovi “servizi pubblici crossmediali” – locali, nazionali (la Rai in Italia) e globali – pronipoti, degli obsoleti servizi pubblici radiotelevisivi del XX secolo. Servizi pubblici crossmediali che possano essere aggregatori e letti di cultura “degli altri scrittori”, cioè della miriade di realtà orizzontali in effervescenza e strumenti adottabili per attivare elementi di confronto e di “contrasto” all’oligarchia digitale.
Un’ipotesi che potrebbe attivare un reticolo, un “impianto”, aggiungendosi ad altri già in formazione, di una vera mutazione genetica dell’umanità che vedrebbe il sistema digitale reticolare del Pianeta come perfetto futuro sistema istituzionale del globo, dove l’attuale organizzazione della democrazia e delle libertà viene smontata e rimontata a favore di nuovi cromosomi di rappresentanza, di delega, di processi decisionali, dove quelli che oggi sono ancora “strumenti” innovativi e pervasivi diventano il nuovo DNA delle nuove istituzioni collettive e politiche.
I primi modelli di questa mutazione creati e attivati possono essere stati ampiamente fallimentari. Ma è proprio attraverso questi fallimenti che si può individuare la strada sostenibile ed efficace della mutazione vincente.

L’oligarchia del presente potrebbe ricomporsi nelle nuove democrazie del futuro, dove la sostenibilità è la meta trainante e condivisa, con i suoi fattori caratteristici e le sue nuove mutazioni globali e locali, determinanti per “riequilibrare” il Pianeta. Una sostenibilità che affronti le attuali oligarchiche “infrastrutture” del sistema nervoso del globo, prima inglobandole, poi “digerendole”, quindi mutandole, dunque sostituendole.

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