Il commento

Dazn, il calcio negato per colpa della banda larga: la lezione da apprendere

Pubblicato il 23 Ago 2018

Francesco Sacco

docente di management consulting all'Università Bocconi di Milano

pezzotto dl omnibus

I problemi che DAZN ha avuto nella trasmissione in streaming della prima partita sono rivelatori dello stato di immaturità delle infrastrutture utilizzate. A tutti i livelli.

Intanto, si registrano problemi sia nella ricezione dello streaming della partita sia nella registrazione al servizio. C’è alla base quindi la scelta, anacronistica, di usare non servizi in cloud ma serve in casa per la gestione delle utenze.

Poi c’è la questione della qualità del servizio. Tim ha comunicato che sta attivando CDN (Content delivery network) nelle zone di villeggiatura da cui gli utenti probabilmente vorranno collegarsi al servizio.

Le CDN sono necessarie ma non sufficienti per garantire una qualità dell’esperienza utente.

Vediamo che serve.

  • Per prima cosa abbastanza banda a monte, dove è registrata la partita e in effetti inviata agli abbonati. Qui serve un bocchettone davvero grande e dimensionato non sulla media dell’utilizzo ma sui picchi, considerata la natura del servizio. Avremo infatti tanti utenti connessi in contemporanea durante le partite e pochi o nessuno in altri momenti.
  • Serve poi una rete CDN ben distribuita, molto capillare. Ossia cache di dati in punti della rete vicini agli utenti. Questa cache si riempirà in tempo quasi reale con il contenuto (la partita) che quindi sarà inviata all’utente nel modo più diretto possibile (al contrario, se l’invio avviene da un punto centrale, lontano dall’utente, la qualità non può essere garantita). Il problema è che l’operatore non può sapere in anticipo dove saranno gli utenti interessati a vedere la partita; soprattutto in questo periodo potranno trovarsi in luoghi di vacanza anche piuttosto periferici. Può fare solo alcune ipotesi. Sarebbe meglio, per questo motivo, che le cache fossero ben capillari e magari riposizionate in tempo reale a seconda dell’utilizzo effettivo riscontrato.
  • Infine c’è il problema del digital divide. Ci sono zone d’Italia dove non c’è la fibra e dove l’utente si collega con un’Adsl con massimo 2 Megabit reali. Allora bisognerebbe seguire la lezione di Netflix: non offrire a tutti gli utenti la stessa qualità video ma una qualità dimensionata in base alla capacità di banda di ciascuno. Altrimenti c’è il rischio di congestionarla. E’ importante quindi che il servizio faccia una valutazione dinamica della qualità di banda disponibile e cambi in tempo reale la risoluzione video fornita all’utente.

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