Nella bozza del decreto Tlc elaborata dal Governo sono contenute importanti misure a sostegno di un comparto fondamentale per la competitività dell’Italia. Interventi che puntano ad una decisa innovazione per le imprese che, durante la pandemia e con il successivo evolversi delle problematiche nazionali ed internazionali, hanno subito un notevole stress test ma non hanno mai smesso di rendere servizi di valore strategico alla collettività.
Il decreto vuole destinare 1,5 miliardi per rafforzare barda ultralarga, per lo sviluppo tecnologico e il lavoro, intervenendo anche su uno degli aspetti sino ad oggi rimasto un vero e proprio tabù: l’innalzamento dei limiti elettromagnetici.
Tema divisivo, senza dubbio, che ha sempre visto l’Italia muoversi in una ottica estremamente prudenziale. Nonostante questo, le polemiche e i contenziosi sono all’ordine del giorno, alimentando confusioni e insicurezze da parte dei cittadini e degli operatori, con il rischio di vedere tagliate fuori importanti fette di territorio da servizi di comunicazione ormai irrinunciabili. Quello che occorre, oggi, è una operazione coraggiosa, trasparente e che finalmente metta l’Italia al passo con Paesi dall’atteggiamento più pragmatico.
I limiti elettromagnetici attuali
Il quadro normativo italiano è fermo quanto disposto oltre 20 anni fa, con limiti più bassi di quelli europei ed una ulteriore soglia di protezione di “6 V/m da osservare rigorosamente in tutti gli ambiti adibiti a permanenza umana prolungata”.
L’esperienza degli altri paesi europei, che anni orsono hanno adottato i limiti massimi (61V/m), confortano rispetto ad eventuali conseguenze dell’esposizione sulla salute umana.
La Germania è stata la prima, dal 1997, la Spagna subito dopo nel 2001 ad adottare limiti che apparivano ‘elevati’, ma che alla luce di tali scelte hanno determinato la crescita del settore proprio in quei due Paesi: Deutsche Telekom oggi è il primo operatore con ricavi per 56,2 miliardi, Telefònica al quarto superando i 39.
Le conseguenze dell’approccio italiano
Come ricorda puntualmente la bozza del decreto, “un innalzamento degli attuali limiti fissati a 6V/m, rimanendo sempre ben al di sotto del limite europeo di 60V/m, ad esempio 30V/m, garantirebbe il miglioramento della qualità del servizio (in termini di copertura) fin da subito, con effetti positivi sui cittadini in termini di voce e dati, riducendo l’impatto economico sugli operatori e la proliferazione di antenne sul territorio. Il 62% dei siti esistenti nelle aree urbane è risultato non aggiornabile al 5G a causa dei limiti di emissione”. Non adeguarsi, dunque, avrebbe un costo enorme se: la cifra calcolate per ogni operatore si aggira intorno ad 1,3 miliardi di euro. Un impatto enorme in termini economici ed ambientali nel caso si volessero adeguare le attuali infrastrutture o trovare nuovi siti. Facile immaginare cosa accadrebbe allo sviluppo del 5G in Italia.
L’aumento dei limiti, rimanendo al di sotto dei parametri europei, diminuirebbe dunque le emissioni dei cellulari che ciascuno di noi porta con sé, praticamente tutto il giorno.
Il monitoraggio sui valori reali
Il nuovo decreto indica anche le misure di tutela e controllo per la salute. L’aumento dei limiti di riferimento avverrà a seguito di un‘attività̀ di monitoraggio sui valori reali di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico ambientali e gli attuali livelli di emissioni delle reti mobili. L’attività sarà espletata dalla Fondazione Ugo Bordoni in collaborazione con le Agenzie Regionali per protezione Ambientale. Importante sarà l’attivazione “di una rete di monitoraggio nazionale con lo scopo di informare in modo corretto ed efficace la cittadinanza sui livelli di campo elettromagnetico effettivamente presenti sul territorio, fornire alle Regioni ed agli enti locali dati e informazioni utili per migliorare il processo di localizzazione e controllo degli impianti sorgenti di campi elettromagnetici al fine di mitigare l’impatto elettromagnetico”.
Le prospettive
Alla luce della bozza di decreto, sono d’obbligo ulteriori riflessioni. Innanzitutto, non è ancora stata determinata una soglia precisa per i nuovi limiti, ed è quanto mai auspicabile che la scelta venga fatta secondo criteri tecnico-scientifici da poter sottoporre sia alle comunità, sia agli operatori del settore. Altro elemento di novità, certamente positivo, scaturisce dalla grande attenzione verso il monitoraggio delle emissioni (sempre raccomandato, non dimentichiamo, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), che consentirà l’aumento dei limiti solo se effettivamente possibile.
La misurazione delle emissioni deve rappresentare un caposaldo della nuova normativa, che dopo anni rimette in gioco le telecomunicazioni per adeguarle alle sfide che ci aspettano. Il Paese ha bisogno di liberare nuove energie, di un sostegno alla comunicazione in tutte le sue declinazioni (digitale, televisiva, radiofonica…), ed il tema dell’innalzamento dei limiti elettromagnetici deve abbandonare gli aspetti ideologici e focalizzarsi il più possibile sullo slancio che fornirà all’Italia. Senza cedere ai facili entusiasmi, ma con equilibrio e ragionevolezza.