“Sei una porca!” Espulse a mezza voce. Pestava i piedi. Tremavano le lunghe gambe. A mala pena in equilibrio. Il convoglio fremeva in curva. La donna seduta davanti a lui rifugiò lo sguardo oltre i finestrini strappati al tunnel dalla velocità dell’antica metropolitana ancora in uso per i turisti di tutta la galassia. “Sei una fetida porca!” sibilò in conflitto con l’acuto sferragliamento del vagone di coda. Il ragazzo seduto al fianco della donna rebberciava il fiato. “Io t’ammazzo! E’ l’unica cosa che ti meriti, maiala!..” La parola gli allargava le labbra in un suono sguaiato. Franatamente aggressivo. Spurgava vendetta. Dalla vendetta la pace si tiene sempre molto lontana. Il Museo accolse il convoglio alla sua fermata. Le piastrelle sfilavano colorate. Ridevano il vecchio geloso. I gradini delle scale mobili elevavano disperati. Lo sguardo spropositato. La sforbiciata appesantita. L’uscita avventata. La piramide di vetro. “Sanguinerai davanti ai miei occhi…” stralunava in coda. Senza memorie, erano tornate le code.
“Questo è un allarme prioritario, agenti!” la comandante Khaspros condivideva l’ordine ricevuto. “È un critico d’arte… ancora imparentato con un quadro.” Lo stretto legame, obbligatorio, d’ogni critico con almeno un’opera d’artista, era saltato con il Grande Ictus Menemonico. “Ma questo è rilevato come ancora in Aggancio Parentale. Vuol dire forse che questo tipo ha la Memoria Artista-Opera ancora in funzione.” La comandante aveva con l’arte una dislessia emozionale. “Che genere di memoria, comandante Khaspros?” Il bus rosso a due piani sbirillava lungo il fiume metropolitano. Sfilava i ponti. Struggeva le alte sponde. “È una memoria biologica… non estraibile… solo duplicabile a consenso del soggetto… Sarà dura convincerlo…”
Il bus avviluppava i passeggeri comparse. Il bus rosso a due piani era la sede di copertura della Memory Squad 11. Si bloccò alla fermata regolamentare. “Al Museo Primario!” urlava la Khaspros, “I segnali riportano un’aggressione intenzionale in crescita! Correre agenti! Prepararsi a un eventuale contrasto! Va immobilizzato! Non torcergli neppure un capello!” Gli agenti arrampano. I visitatori stupiscono. Gli agenti occhieggiano. I capolavori astantano. Gli agenti zirgogano. Gli olii scrutano. Gli agenti freneticano. Le statue accolgono.
Il critico parentato arzannava di rabbia. Le due pareti sfilavano di capolavori. Era ancora lì, dopo quatto secoli, nella sala a destra, di fronte alle Nozze di Cana. Nessun vetro spesso. Nessuna difesa. Avanzava assetato. Avanzava squassato. Avanzava stremato. Si fermava ansimato. Si avventava squartierato. “Sei una zoccola!” il critico la sibilava. “Sei una vacca!” “Io ti ho adorato… io ti ho difeso quando il mondo intero ti sommergeva di insulti!” La voce era paonazza. Il volto roco di impazzimento. Gli occhi sfiatavano lividi. “Io ti ho rispettato! Io ti ho rispettato…” Boccheggiava d’ogni fiato. “Tu invece ti sei messa in piazza! Sulla pubblica piazza come una meretrice!” Schiumava arrocato inlacrimato. “È scandaloso, è spaventoso, è insopportabile…” spalleggiava una signora. Il sostegno degli altri è sempre un lavacro.
Il critico alza un coltellaccio antico. Le tele adocchiano. I polsi riprendono. I turisti sbandano. Le urla fuggono. I tacchi invocano. La Memory Squad 11 infelpa la lunga galleria. Il critico adagia la lama sulla tela. Gli agenti irrompono. Il critico affonda il coltello. Sbudella la tela antica. Il sangue zampilla dal petto squarciato. Gli agenti circondano. Il critico strepita l’urlo del suo vomito: “Non meriti altro! Immonda creatura!”
“Abbassa la voce… vuoi che ci sentano tutti?… Deficiente!”
(35-continua la serie. Ogni episodio è “chiuso”)