marco camisani calzolari

Desi 2021: solo la cultura salverà i cittadini da una PA digitale ancora troppo imbranata

Molti cittadini sono nel 2021 e molta PA è nel 1990. Come si risolve? La tecnologia c’è già, quello che manca è la cultura digitale. Nelle aziende e nella PA per capire cosa bisogna fare e cosa serve, tra i cittadini, per capire che non sono loro che sbagliano, non sono loro quelli imbranati ma chi offre loro i servizi

Pubblicato il 20 Nov 2021

Marco Camisani Calzolari

Tecnologo, Scrittore, Divulgatore, Esperto e Docente di Comunicazione Digitale

Pochi giorni fa è stato pubblicato il nuovo rapporto sull’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) del 2021 degli stati membri dell’Unione Europea. La metodologia misura il Capitale umano, la Connettività, Integrazione delle tecnologie digitali e i Servizi pubblici digitali. Poi hanno dato un peso ai vari temi e sottotemi, e con una formula che li aggrega si arriva a un indicatore.

Com’è messa l’Italia

E l’Italia come è messa rispetto agli altri paesi? Ventesima. Ma stiamo migliorando o peggiorando rispetto all’anno scorso? Dal punto di vista delle posizioni in, come dire, classifica, stiamo migliorando. Dal venticinquesimo posto del 2020 ora siamo al ventesimo posto. Ma c’è il trucco, non voluto questa volta: sino al 2020 misurava anche l’uso dei servizi digitali, ma probabilmente hanno pensato che non fosse più significativo in quanto ormai chi vuoi che non usi il digitale a disposizione… Ecco. In Italia non li usiamo anche se ci sono. Nel dettaglio sono pochi quelli con competenze digitali superiori a quelle di base.

Per connettività non siamo i peggiori, ma oggi la gente vuole reti oltre il Gbps, per guardare video ad alta risoluzione e usare le varie app sempre più “bandivore”, e su quello siamo indietro. Anche sulla diffusione di reti 5g siamo indietrissimo. Invece siamo forti, al decimo posto, per l’integrazione delle tecnologie digitali. Questo grazie al Cloud, che negli anni scorsi è stato il cavallo di battaglia dei commerciali delle telco, e la fatturazione elettronica in cui siamo quasi sul podio.

Sui servizi pubblici digitali siamo sotto la media europea, soprattutto nell’ eGovernement, mentre per i servizi ai cittadini sulla carta siamo messi bene, eppure sulla base dei messaggi che ricevo ogni giorno, gli italiani non sono per niente soddisfatti del digitale della PA.

Nel video del Presidente Mattarella lo stato reale del nostro Paese

Un video del Presidente Mattarella, diffuso recentemente al fine di promuovere l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, a mio parere rappresenta bene lo stato reale del nostro Paese.

Un monitor non proprio di ultima generazione, poca confidenza col mezzo, lentezza con rumori quasi da video AMSR, quelli in cui gli YouTuber fanno sentire i suoni degli oggetti, ma soprattutto alla fine si rappresentala vera natura della PA digitale italiana. Il Presidente stampa il certificato cartaceo. E siccome i certificati di residenza normalmente non si incorniciano, ricorda che la PA italiana è ancora prevalentemente ferma alla carta.

Un video in cui il Presidente è chiaramente un testimonial d’eccezione per il lancio del nuovo servizio, e probabilmente non è responsabile né della fattura né dei contenuti del video. Per cui non è certo Mattarella il capro espiatorio della PA analogica, ma l’ha rappresentata involontariamente molto bene. Riassumendo, le tecnologie ci sono, ma non le usiamo, o comunque le usiamo poco.

Siamo analogici in azienda e quando si tratta di Pubblica Amministrazione. Ma siamo molto digitali quando si tratta di usare Instagram. In 4 click facciamo tutto. Tagghiamo, applichiamo filtri complessi, sfruttiamo l’intelligenza artificiale degli algoritmi per farci seguire sui social, usiamo mezzi di comunicazione veloci e semplici come WhatsApp, e per divertirci applicazioni multipiattaforma, che funzionano su qualsiasi browser e dispositivo.

Quando invece il digitale diventa utile, per lavoro o per i servizi al cittadino, di solito ci vuole uno specifico browser, con specifici dispositivi, con specifici accessori, con specifici plug-in. I siti sono spesso inusabili, ci vuole il manuale per capirli e molti crollano appena arriva qualche utente in più. In tutto questo i cittadini pensano di essere loro un po’ imbranati e si fermano al primo plug-in richiesto.

Insomma, molti cittadini sono nel 2021 e molta PA è nel 1990. Come si risolve? La tecnologia c’è già, quello che manca è la cultura digitale. Nelle aziende e nella PA per capire cosa bisogna fare e cosa serve, tra i cittadini, per capire che non sono loro che sbagliano, non sono loro quelli imbranati, ma chi gli offre i servizi.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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