L’Italia è analfabeta digitale. E’ questa la triste realtà. Per l’impietosa pagella consegnataci dal DESI 2020 (quartultimo posto fra i 27 Stati membri dell’UE oltre a UK, 43,6 punti contro il dato UE del 52,6), rimando ai dettagli articoli di questo giornale.
Io sono un parlamentare del territorio, uno che ama camminare per le strade dei nostri meravigliosi borghi, confrontarsi con la gente (e non con le piattaforme) e ispirare al pragmatismo empirico la mia azione legislativa. E’ questo lavoro di osservazione, più che l’indice DESI, a terrorizzarmi. Punto primo, partiamo dalla cornice.
Il Governo non ha in agenda la digitalizzazione del Paese.
Le misure governative sul digitale sono insufficienti
Perché? Per molti motivi.
I ritardi sulla fibra
- Il ministero per l’Innovazione è senza portafogli, il Mise (incredibile dictu!) non ha ancora assegnato le deleghe,
- il Cobul per il piano banda ultralarga viaggia a tempi ministeriali in modalità Commodore 16 (altro che gigabit society),
- il progetto di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare per le infrastrutture digitali è rimasto sulla carta, non ci sono indicazioni chiare su cosa fare di rame e fibra.
Le dimenticate competenze digitali: siamo analfabeti
Punto secondo, i nervi scoperti erano noti e l’emergenza Covid non ha fatto altro che scaricarci addosso, come un fiume in piena, il peso dei nostri ritardi.
- L’Istat ha certificato che il 33,8% delle famiglie italiane non ha un tablet o un pc in casa: e come pensiamo di fare smart working ed e-learning, con i 240 milioni di euro stanzianti per i monopattini elettrici nel Decreto Rilancio!?
- A scuola è ferma l’educazione alla cittadinanza digitale voluta dalla legge 92 del 21 agosto 2019, votata all’unanimità alla Camera e di cui sono orgogliosamente primi firmatario.
- Mercoledì l’incolpevole sottosegretario senza delega Mirella Liuzzi ci ha confermato che le modalità di erogazione dei voucher (1,5 miliardi di euro sbloccati grazie a una Risoluzione della Lega) non sono ancora state definite. E ci auguriamo che servano per portare la connettività dove si viaggia a 5 mega prima che sprecare soldi solo per aumentare i comfort (lo scrivo alla francese volutamente) a chi si gode già i 30 mega.
- I Comuni che si digitalizzano, come ho denunciato pochi giorni fa con una interrogazione (ricevendo, lo ammetto, una cortese telefonata di chiarimenti dal ministro Paola Pisano) aspettano a volte 1-2 mesi per essere abilitati da Agid all’utilizzo di Spid.
- La Rai, più volte sollecitata, è troppo carente in questa materia e per fortuna si è leggermente rimboccata le maniche sulla didattica a distanza. Manca un piano di formazione nazionale per enti locali e insegnanti. E mi fermo qui.
Cosa fare per risolvere il divario digitale italiano: 7 punti
Punto terzo, ma primo per importanza: cosa fare. Noi come Lega l’impegno lo abbiamo profuso:
- educazione alla cittadinanza digitale con formazione per i docenti da settembre,
- erogazione immediata senza intoppi burocratici di 1,5 miliardi per la banda ultra larga,
- stabilizzazione ed estensione del Bonus cultura per l’acquisto di pc e stampanti (come da nostri emendamenti ai vari decreti),
- accelerazione dei tempi (max 1 settimana) per autorizzare i Comuni all’utilizzo di Spid,
- formazione del personale della PA,
- chiusura del Piano Bul con il coinvolgimento dei governatori,
- la mappatura vera della presenza ad oggi della fibra, la convergenza delle reti esistenti (soprattutto delle zone coperte stabilmente da Fwa) in un unico progetto nazionale che coniughi le capacità dei privati con una supervisione dello Stato.
Le competenze ci sono, sfruttiamole. Altrimenti faremo la figuraccia rimediata con la vicenda della app per il tracciamento del Covid. E dall’analfabetismo digitale non usciremo immuni.
Liuzzi (Mise): “Desi, avremo svolta grazie alle misure del governo”