La pandemia da Covid-19 ha velocizzato il processo globale di digitalizzazione, in cui la Cina sta assumendo sempre di più un ruolo primario. Questo è in particolar modo vero per quanto riguarda l’IIoT. L’obiettivo è migliorare la produttività in tutto il settore industriale combinando la connettività con il cloud computing, l’analisi, l’intelligenza artificiale e l’automazione.
L’Italia nella Digital Silk Road
Anche in Italia sarà essenziale valutare quale partecipazione avere all’interno del nuovo assetto globale che vede ricoprire dalla Cina un ruolo di rilievo. È ormai chiara la situazione italiana dal punto di vista della digitalizzazione grazie a quanto emerge dall’indice DESI di quest’anno.
I buchi da colmare sono molti ed è proprio per questa ragione che il partenariato scientifico-tecnologico con la Cina è così importante per il Paese. Inoltre, la pandemia ha reso necessaria ancora di più una maggiore digitalizzazione dell’economia ed un ulteriore sviluppo dei metodi e dei mezzi di lavoro.
La situazione in Europa
Le telecomunicazioni rimangono il centro del dibattito anche in Unione Europea e nelle relazioni dell’organizzazione con gli Stati Uniti. Biden non ha ancora rilasciato un documento programmatico su come intenda affrontare la sfida tecnologica cinese. Si è parlato di una coalizione tra paesi democratici per vincere la sfida dell’innovazione (indiscrezioni di fine novembre parlano di un EU-US Trade and Technology Council). Senz’altro sarà necessario che il paese proponga delle alternative che siano convenienti non solo dal punto di vista geopolitico ma anche economico.
La Germania, e in particolare la cancelliera Merkel, sembra aver trovato un equilibrio per non estromettere Huawei dai fornitori di Tlc. In un braccio di ferro con il partito politico SpD (guidato dal ministro degli esteri Heiko Maas) si è optato per un meccanismo di assessment di sicurezza anche attraverso la firma di un documento di garanzia.
Lo scenario globale
Cresce oltretutto la spinta nell’area mediorientale dell’influenza cinese negli ambiti high-tech, tra cui anche il 5G. Lo sviluppo delle tecnologie ICT nelle regioni in via di sviluppo, come in Asia centrale ed in Africa (Kenya, Botswana, Mauritius e Zambia, Nigeria, Kenya e Sudafrica) è testimone di una sempre maggiore influenza “con caratteristiche cinesi”. La Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), accordo di partenariato economico con i paesi ASEAN, la Cina, la Corea del Sud, il Giappone, la Nuova Zelanda e l’Australia, si prefigura un ulteriore teatro per ottenere nuovi mercati per le tecnologie d’avanguardia cinesi, tra cui la telefonia mobile 5G e 6G, l’intelligenza artificiale (AI) e i sistemi di sorveglianza. In particolare, Malaysia, Thailandia, Cambogia e Filippine hanno già delle collaborazioni e delle sperimentazioni in atto con Huawei e ZTE.
La cooperazione russo-cinese nell’ambito dello sviluppo tecnologico è altrettanto fondamentale. Il ruolo di Huawei in questo rimane centrale. Lo scenario in questo caso è la prospettiva di un compattamento di quello che è un diverso modo di concepire internet e le regole che lo governano, supportando quello che viene definito un suo “uso autoritario”.
Le scelte degli USA
La decisione americana di rallentare lo sviluppo tecnologico cinese tramite un ban commerciale (che oggi conta 77 aziende) è un chiaro messaggio di reazione che senz’altro non si arresterà con Biden. La competizione tra i due paesi è troppo importante per essere messa da parte veramente. L’Italia è sempre più conscia del ruolo cinese nella propria economia, come lo sono gli Stati Uniti.
Certamente l’approccio di Biden sarà più dialogante, con l’intenzione di coinvolgere maggiormente gli alleati europei (e non solo). Ma l’interruzione nei servizi di intelligence rimane una possibile contromisura da parte statunitense, all’interno di un approccio omnicomprensivo denominato Clean Network. L’Unione Europea, tramite il framework strategico per il 2021 Global Digital Cooperation Strategy, prevede un ruolo principale per un paese alleato come il Giappone nello sviluppo tecnologico della regione. Le nuove pressioni delle compagnie cinesi sull’Italia, data la possibilità di rientrare nei 47 miliardi di fondi europei per il digitale, sono chiare. Nel caso di specie che coinvolge Huawei, anche il recente cambiamento dell’AD per l’Italia Wilson Wang sembra auspicare una maggiore pressione sul mercato italiano con l’obiettivo di ottenerne la fiducia.
Perché la transizione fa paura
Come la storia insegna, ogni epoca ha la sua battaglia per la supremazia. La sua sfida. Uno degli esempi più famosi e iconici è rappresentato dalla corsa allo spazio. Quello che i russi raggiunsero con lo Sputnik nell’ormai lontano 4 ottobre del 1957, le sue conseguenze sulla politica statunitense e sulle sorti della guerra fredda è diventato nella memoria collettiva il significato di un momento di cambiamento. La “corsa alla tecnologia” e alla digitalizzazione sembra rappresentare un ulteriore “momento Sputnik” per i nuovi (dis-)equilibri mondiali. E la bandiera cinese sulla Luna di certo non tranquillizza gli americani.
La Digital Silk Road non è altro che un nuovo satellite artificiale, che guida una più profonda rivoluzione sociale. Quella digitale. Il problema però risiede nei soggetti che propongo i nuovi metodi sui quali la società del futuro dovrà adattarsi. La competizione geopolitica tra le due grandi potenze agli antipodi risiede infatti proprio nello scontro tra due sistemi di governo della tecnologia e, in definitiva, di internet.
Le divergenze
Basti pensare che per la Cina, la rete dovrebbe essere governata dalle leggi che regolamentano le relazioni tra Stati. Analizzando la National Defense Strategy del 2006 e considerando anche le parole di Xi Jinping durante l’inaugurazione del “Central Internet Security and Informatization leading group” del 28 febbraio del 2014 («Senza sicurezza di internet non esiste alcuna sicurezza nazionale. Senza informatizzazione non esiste modernizzazione») è chiaro come il controllo e la sicurezza della rete sia percepito come collegato direttamente al mantenimento della sicurezza nazionale. Sono punti cardine nella concezione cinese della rete il principio della “supremazia informativa” e la conseguente “sicurezza dell’informazione”. Il significato di questi concetti è presto detto. La necessità di mantenere il dominio su tutte le fonti di informazione.
È facile capire come la concezione statunitense (e democratica) della rete non sia in linea con quella cinese. L’onere della socializzazione a queste nuove tecnologie sarà in capo a quel paese (o a quella serie di paesi) che saranno in grado di assicurarsi la maggiore diffusione dei sistemi di comunicazione e di interazione a livello globale.