La razionalizzazione della data governance, ossia quell’insieme di strategie e processi che indirizzano e regolano l’utilizzo dei dati pubblici e privati, è vitale per il progresso digitale della pubblica amministrazione ed è uno dei nodi centrali della Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020. L’Italia in questo settore sconta gravi ritardi rispetto alle amministrazioni di altri paesi competitor a livello globale ed europeo, pagando lo scotto dell’estrema frammentazione delle migliaia di micro-PA in fatto di gestione e conservazione dei dati.
È innegabile che le linee guida lanciate da Agid, per lo meno nelle intenzioni, possano rappresentare una svolta cruciale. Ciò che ancora pare oscuro è come si intende procedere concretamente verso l’attuazione del piano e, soprattutto, quale sia il piano in concreto. Consci che la sfida è digitalizzare amministrazioni poco propense ad innovarsi e poco efficienti per natura, occorre passare dalle buone intenzioni ai fatti.
Innanzitutto, nel caso si propenda per una estrema centralizzazione e concentrazione della gestione digitale della PA, risulta ancora poco chiaro quali siano le scelte tecnologiche che permettano un accesso unico all’utilizzo di tutti i micro-servizi come, ad esempio, Spid. Per poter rendere fruibile qualsiasi prestazione al cittadino sembrerebbe opportuno, in armonia con il progetto di accorpamento e semplificazione, ragionare su una piattaforma unica a livello macro (centrale-nazionale) inclusiva di tutti i processi e le applicazioni che utilizzano i dati degli utenti.
Ciò non sembra ovviamente essere sufficiente. Ai fini di una migliore governance del sistema e per garantire maggiore interoperabilità, è necessario operare ed anche orientare la scelta verso un utilizzo del Cloud “ponderatamente” centralizzato. In questo senso solo il dato deve essere centralizzato affinché ogni ente della PA, sia locale sia nazionale, possa comunicare direttamente con la banca dati centrale. Allo stesso tempo questa soluzione non rende obbligatoria, per le singole amministrazioni locali, l’uniformazione ad un solo modello di servizi e piattaforme a livello micro. L’importante è infatti garantire il collegamento diretto con i dati a livello centrale per ottimizzare la disponibilità di dati in modo omogeneo.
Da questo ultimo concetto deriva una proposta. Nel caso Agid non spinga per imporre un modello unico di infrastruttura, piattaforma e servizi al quale tutte le singole Pa locali si debbano obbligatoriamente conformare, potrebbe essere proficuo ricorrere ad un sistema di best practice. Un modello di mercato e di innovazione bottom up, dal basso. Nel concreto, dal momento che nelle logiche del cloud ogni PA ha già un servizio e che tutte le strutture si stanno uniformando verso l’interoperabilità, non è necessario costringere il singolo ad adottare un sistema unico. Si potrebbe semplicemente premiare i modelli migliori a livello locale e spingere perché altri enti li assimilino, anche con il semplice principio di prossimità territoriale. Le Smart Cities nel mondo hanno fatto scuola in questo settore; speriamo possano farlo anche in Italia.