gestione delle emergenze

Disastri naturali, il ruolo dei media nella resilienza sociale e nella ricostruzione

I media possono diventare parte integrante di un percorso di prevenzione, resilienza sociale, ricostruzione e attivazione di forme di volontariato e solidarietà. Di questo si parlerà alla Summer School “Informazione e comunicazione: comunicare l’emergenza, riceverla, trasmetterla” organizzata dall’Università di Udine

Pubblicato il 12 Lug 2017

Francesca Cubeddu

Università di Roma Tre

Nicola Strizzolo

docente associato Sociologia Università di Teramo

Gli eventi sismici italiani, che si sono susseguiti negli ultimi anni, hanno messo alla prova i servizi di emergenza verso la popolazione, sia dal punto di vista delle infrastrutture, sia delle procedure e sia delle responsabilità ed hanno comportato una crisi dell’educazione, della sanità, dell’amministrazione, dell’informazione e della comunicazione. Il disastro evidenzia i limiti operativi di differenti realtà, mostra le criticità e le problematiche nella gestione sia della emergenza sia degli impatti e danni che si susseguono.

Diventa quanto mai opportuno, a fronte di futuri disastri ambientali e non solo, un’analisi e una valutazione di quest’esperienze, sia della fase più drammatica, la distruzione, sia  dell’emergenza e sia della ricostruzione.

Possono i media diventare parte integrante di un percorso di prevenzione, resilienza sociale della popolazione, della ricostruzione e dell’attivazione di forme di volontariato e solidarietà per la ricostruzione?

Ovviamente la risposta è affermativa, ma cerchiamo di delinearla meglio alla luce delle ricerche internazionali per poi approdare all’esperienza italiana.

Nei disastri americani (incendi, uragani, alluvioni ma anche rivolte urbane) sono stati molto utili i network cittadini organizzati (NPO) intorno a forme di Social Network avvisano la popolazione dell’emergenza in corso, indirizzandola verso aree sicure o con istruzioni per la messa in sicurezza.

Ma queste forme posso avvenire anche in parti del mondo più periferiche, come nel terremoto in Nepal del 2015, dove diversi escursionisti, bloccati dalla valanga prodotto dal sisma, hanno potuto essere geolocalizzati grazie a cellulari alimentati da batterie ricaricate con pannelli solari e aggiornare i soccorritori sulla situazione in corso mediante twitter.

In un incendio catastrofico ad Ovest degli Stati Uniti che uccise due persone, bruciò 18.000 acri e circa 350 case, l’utilizzo del web 2.0, da parte di organizzazioni nonprofit e del pubblico in generale, svolse un ruolo determinante nell’affrontare l’emergenza: si costituì così un vero e proprio ponte informativo tra i primi operatori che risposero, la popolazione e cittadini da aiutare, con il salvataggio mirato di vite umane, proprietà e risorse naturali.

Nelle Filippine, Twitter è stato usato maggiormente per coordinare gli sforzi esterni al Paese in caso di calamità ma anche conforto e rassicurazione per la cittadinanza colpita dal tifone Haiyan. Il ruolo dei giornalisti è stato molto importante per la diffusione delle informazioni, si potrebbero usare gli stessi canali anche al fine di ricostruzione dopo l’emergenza.

Uno dei problemi emersi, dalla letteratura internazionale, sono le fake news: durante il grande terremoto di Hoku nel 2011, ad esempio, fu uno dei più grandi problemi di Twiteer.

In passato ci siamo già occupati dei casi italiani, con gli studi sulla comunità dell’Aquila, una nuova sfida si pone con gli eventi della sequenza sismica di Amatrice-Norcia-Visso.

L’insegnamento potremmo ripartirlo, sempre come focus le nuove tecnologie, in termini di prevenzione, resilienza e ricostruzione.

Per quanto riguarda la prevenzione è chiaro che la possibilità di confrontare a livello globale le soluzioni adottate in altri contesti ed importarle attraverso piattaforme per la formazione e la condivisione, attraverso modalità di e-learning e partecipazione degli utenti, può contribuire a diffondere e a costruire una cultura della prevenzione che possa raggiungere tutte le componenti  della società, anche quelle più giovani, attraverso dei giochi interattivi nel quale costruire città o luoghi utilizzando norme e accorgimenti sismici da sottoporre poi a terremoti virtuali.

In merito alla resilienza sociale, l’importante è mappare i network delle persone nella realtà e metterli poi alla prova nei social, sapendo che i legami nei social online rispecchiano nel tempo quelli degli incontri in presenza, per cui da soli non bastano, ma posso aiutare a mantenere il senso di comunità e appartenenza lì dove animati da un leader o hub del network, con obiettivi condivisi, sfide da vincere, culture, momenti, ricordi da condividere.

E soprattutto bisogna garantire la tenuta della rete, intesa come collegamento di dispositivi, anche in situazioni di disastro, perché come emerso anche dall’esperienza internazionale, è importantissima anche nei momenti dei soccorsi per localizzare e organizzare.

Una delle grandi possibilità dei social ovviamente è la possibilità di campagne per raccogliere fondi per la ricostruzione, ricordiamo Unebook per Amatrice, dove si uniscono sforzi attraverso le Relazioni Pubbliche tradizionali (incontri, tour presso eventi culturali) e piattaforme (unebook.uniud.it) per costruire una biblioteca digital ad Amatrice.

Di questo si parlerà alla Summer School “Informazione e comunicazione: comunicare l’emergenza, riceverla, trasmetterla” “Gemona Epicentro di saperi – Edizione 2017”, organizzata dall’Università di Udine  in collaborazione con la Deputazione per il Laboratorio Internazionale della Comunicazione di Gemona del Friuli, con il supporto del Comune di Gemona e di Amazon che metterà a disposizione 5 borse per corsisti residenti nelle aree colpite nel 2016 dalla sequenza sismica Amatrice-Norcia-Visso.ì

Le iscrizioni per la Summer (accreditata anche presso l’Ordine dei giornalisti nazionali per 16 cfu) si chiudono il 14 luglio alle ore 11.30 .

Il corso, nelle lezioni, seguirà l’approccio dell’esperienza giapponese, che evidenzia come in conseguenza ai terremoti interagiscono 5 livelli:

  1. Comunicazione con gli altri per verificare lo stato e sicurezza reciproci (micro livello)
  2. Comunicazione di gruppo per le organizzazioni delle comunità e i media locali (meso livello)
  3. Distribuzione dei canali per media di massa (macro livello)
  4. Scambio e raccolta di informazioni (livello incrociato)
  5. canali di comunicazione diretta tra individui e media di massa, il governo e il pubblico (livello trasversale).

Riferimenti:

Brengarth B.L., Mujkic E. (2016), WEB 2.0: How social media applications leverage nonprofit responses during a wildfire crisis, Computers in Human Behavior 54 (2016) 589e596

Getchell M.C., Sellnow T.L, A network analysis of official Twitter accounts during the West Virginia water crisis, Computers in Human Behavior 54 (2016) 597e606

Jung J-Y, Moro M. (2014), Multi-level functionality of social media in the aftermath of the Great East Japan Earthquake, Disasters, 2014, 38(S2): S123−S143

Takahashi B., Tandoc Jr. E.C., Carmichael C. (2015), Communicating on Twitter during a disaster: An analysis of tweets during Typhoon Haiyan in the Philippines, Computers in Human Behavior 50 (2015) 392–398

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