Negli ultimi giorni varie testate si sono interrogate sul funzionamento delle misure sulla neutralità degli “app store” contenute in un disegno di Legge a prima firma del Deputato Stefano Quintarelli dei Civici e Innovatori, uno dei padri dell’Internet Italiana, oltre che presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Il DDL in questione, attualmente al Senato con il numero S2484, è diviso in due parti.
La prima riguarda le misure complementari al Regolamento UE sulla neutralità della rete, che, se approvate introdurrebbero l’obbligo di prevedere come “offerta base” degli operatori internet una offerta c.d. “best effort”, in cui cioè nessun sito/servizio viene privilegiato rispetto ad altri.
La seconda, che ha generato in questi giorni le discussioni più accese, riguarda la neutralità delle piattaforme e del software.
Viene stabilito per la prima volta a livello mondiale il principio che, laddove ciò limiti la libertà di scelta del consumatore, non è lecito
- vietare di installare nuovi software su un dispositivo
- vietare di rimuovere da un dispositivo i software pre-installati.
Ovviamente tale principio non è applicabile dove il software sia obbligatorio per Legge o sia posto a presidio della sicurezza del sistema o dell’integrità delle reti.
E’ un principio importante che consentirebbe ai consumatori italiani di poter azionare con maggiore facilità, a fronte di comportamenti scorretti dal punto di vista consumeristico, la tutela dinanzi alla Direzione Consumatori dell’Autorità Antitrust.
Non si tratta di una nuova tutela perché se qualcosa fosse illecito dal punto di vista del diritto dei consumatori lo sarebbe indipendentemente dall’approvazione del DDL Quintarelli e, in effetti, già oggi nulla vieterebbe all’Autorità Antitrust di intervenire laddove un consumatore ravvisasse un problema con un app store.
Ma allora la seconda parte del DLL Quintarelli è inutile?
Nient’affatto.
Affermare in una Legge che un principio è protetto dal diritto dei consumatori significa renderlo più riconoscibile agli interessati e alle Autorità e ha quindi una funzione importante nel facilitarne l’applicazione ed evolvere l’interpretazione normativa.
Quanto previsto nel DLL Quintarelli assume così la funzione di norma interpretativa da una parte e di guida all’istruttoria dell’Antitrust dall’altro perché costruisce una fattispecie che, se ritrovata, può (non deve) essere valutata ai sensi del Codice del Consumo.
La disposizione di cui all’art. 6 comma 3 non prevede infatti che l’AGCM sanzioni qualsiasi violazione con le sanzioni del Codice del Consumo, ma, solamente, che l’Antitrust è competente a valutare e sanzionare come pratiche commerciali scorrette. In poche parole decide l’antitrust con piena discrezionalità e con le logiche previste dal Codice del Consumo.
Non si crea dunque una nuova fattispecie ma si indica che se l’Antitrust ritrova nelle segnalazioni che riceve gli elementi della violazione dei divieti previsti dal DDL Quintarelli può decidere di sanzionarli laddove vi siano tutte le altre condizioni di contorno previste dal Codice del Consumo.
Non è invece corretto affermare che il DDL Quintarelli intende in ogni caso proibire i sistemi che non consentono di installare/disinstallare liberamente software: un sistema potrebbe infatti garantire libertà di scelta al consumatore anche attraverso un modello “chiuso” che però abbia chiari e non discriminatori meccanismi di accesso.
Il DDL non prevede in sostanza non prevede alcun divieto ma solo un “diritto” di installare/disintallare software, senza definirne con precisione i contorni.
E’ importante notare che la valutazione delle violazioni dell’art. 4 vengono affidate in toto all’Autorita’ antitrust alla Quale viene chiesto di valutare secondo le regole del Codice del Consumo.
Appare dunque chiaro che un utente che ritenesse fosse negato il proprio diritto, come previsto dal DDL Quintarelli, non potrebbe che rivolgersi all’Autorità antitrust la quale potrebbe, se riscontrasse che vi sono gli elementi aprire un’istruttoria per valutare se ci sono tutti gli elementi previsti dal Codice del Consumo per sanzionare una pratica scorretta.
Oltre al fatto di non poter installare/disinstallare un software l’Autorità dovrebbe rinvenire un intento doloso di frodare un gruppo ampio di consumatori e che la scorrettezza non era riconoscibile dal consumatore medio (quello ben informato) e, infine, che il consumatore Ha compiuto scelte commerciali diverse, che non avrebbe compiuto in mancanza del comportamento scorretto.
Appare invece difficile, se non impossibile che una violazione dell’art. 4 sia portata al Giudice ordinario perché, così come è previsto dal DDL in discussione, la norma è priva di un obbligo preciso a carico di un determinato soggetto. Non si dispone cioè che tutti i gestori di piattaforme debbono far installare/disinstallare tutti i software ma solamente che l’utente-consumatore si possa lamentare con l’Antitrust se una mancata disinstallazione gli crea un danno consumeristico.
Non sembra dunque di poter condividere gli articoli di questi giorni apparsi su alcuni quotidiani che paventano addirittura la scomparsa di alcuni diffusi smartphone dall’Italia se venisse approvato il DDL in questione descritto come contenente divieti irragionevoli e draconiani.
Nemmeno sembra di poter condividere l’opinione di chi afferma che l’Italia dovrebbe attendere le determinazioni UE sul punto. I mercati degli “app store” a ben vedere sono nazionali nell’offerta e nelle policy: io acquisto dalla versione italiana dello store delle applicazioni, che ha termini e condizioni in Italiano e un’offerta specifica per l’Italia. Se si leggessero con attenzione le condizioni si scoprirebbe che Apple prevede addirittura il divieto di utilizzare le app acquistate in una nazione al di fuori dei confini nazionali! Inoltre, il diritto d’autore sugli store è gestito a livello nazionale.
Infine, anche la tutela dei consumatori nella UE è gestita da Autorità nazionali. Dunque il Legislatore nazionale ha tutto il diritto di esigere standard di tutela consumeristica specifica a livello nazionale, fermo restando che un eventuale successivo intervento di armonizzazione rimane sempre possibile.