ambiente e tecnologia

Economia circolare per un futuro green: come fare

Passare dall’attuale modello di economia lineare basato principalmente sulla produzione di scarti, a quello circolare che vede nel riciclo e nel riuso i veri protagonisti, implica un ripensamento delle azioni strategiche e dei modelli di mercato vigenti

Pubblicato il 07 Giu 2017

Carlo Maria Medaglia

ProRettore alla Ricerca della Link Campus University

Accordo per il nucleare a Cop28: la dichiarazione dei 22 Paesi favorevoli

Attorno al ruolo dell’innovazione e all’utilizzo che di essa se ne fa, ruota la possibilità di superare numerose criticità che contraddistinguono questa fase storica del nostro Paese, non per ultime, quelle legate ai temi ambientali.

Rispondere adeguatamente ai problemi ambientali, sostenendo la competitività del nostro sistema produttivo, impiegando professionalità e nuove competenze e attraverso un uso sapiente delle nuove tecnologie, è la grande sfida che ci attende nel prossimo decennio. Questo approccio richiede però, uno strutturale ripensamento nel modo di consumare, produrre e fare impresa, nonché il sostegno di un paradigma che dia avvio ad una nuova politica finalizzata alla sostenibilità, competitività ed innovazione. Il concetto che oggi raccoglie tutti questi elementi insieme è quello di Economia Circolare”. Figlia se vogliamo della Sharing economy, l’economia circolare ha visto il cambiamento del paradigma produttivo spostarsi dall’ego dei produttori e degli stakeholder al NOI delle reti, dei gruppi, dei territori.

Citando la Commissione Europea Comunicazione “Closing the loop – An EU action plan for the Circular Economy”, per economia circolare intendiamo “Un’economia dove il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse è mantenuto nel sistema economico il più a lungo possibile, attraverso efficienza e attività di prevenzione, riuso, raccolta e riciclo dei rifiuti”.

Ogni aspetto della nostra vita quotidiana è contaminato dal concetto di economia circolare: dai trasporti ai consumi, dalla produzione manifatturiera allo smaltimento dei rifiuti. La transizione verso un’economia circolare è un cambiamento strutturale che vede nell’innovazione il cardine di questa rivoluzione. Per ripensare i modi di produzione e consumo e per trasformare i rifiuti in prodotti ad alto valore aggiunto, sono necessarie tecnologie, processi, servizi e modelli imprenditoriali nuovi, in grado di plasmare il futuro della nostra economia e della nostra società. Il sostegno alla ricerca e all’innovazione sarà pertanto un fattore determinante per dare impulso alla trasformazione, che concorrerà anche a rafforzare la competitività e modernizzare l’industria.

Resa possibile dalla disponibilità di sensori e di connessioni wireless a basso costo, questa rivoluzione industriale si associa ad un impiego sempre più pervasivo di dati e informazioni, di tecnologie computazionali e di analisi dei dati, di nuovi materiali, componenti e sistemi totalmente digitalizzati e connessi (internet of things and machines). Le principali soluzioni tecnologiche saranno inoltre orientate ad ottimizzare i processi produttivi, supportare i processi di automazione industriale, favorire la collaborazione produttiva tra imprese attraverso tecniche avanzate di pianificazione distribuita, gestione integrata della logistica in rete e interoperabilità dei sistemi informativi.

I nuovi processi produttivi si baseranno in particolare su: tecnologie di produzione di prodotti realizzati con nuovi materiali, meccatronica, robotica, utilizzo di tecnologie ICT avanzate per la virtualizzazione dei processi di trasformazione di sistemi per la valorizzazione delle persone nelle fabbriche.

Tuttavia la tecnologia non è il solo fattore abilitante. Passare infatti, dall’attuale modello di economia lineare basato principalmente sulla produzione di scarti, a quello circolare che vede nel riciclo e nel riuso i veri protagonisti, implica un ripensamento delle azioni strategiche e dei modelli di mercato vigenti.

Negli ultimi anni il settore degli pneumatici, per esempio, ci ha dimostrato che è possibile attuare concretamente ed efficacemente politiche orientate al riciclo ed al riuso, il tutto minimizzando il ricorso a contributi economici da parte del consumatore. Per raggiungere gli obiettivi è tuttavia necessaria una gestione responsabile di tutto il processo, con una particolare attenzione da parte del produttore verso i propri prodotti e i clienti che acquistano.

È cosi che nasce il concetto di responsabilità estesa del produttore (Epr): un processo che parte dalla progettazione fino al reintegro in nuove applicazioni dei materiali riciclati, passando attraverso la produzione, la commercializzazione, la loro raccolta e il riciclo dei prodotti a fine del loro ciclo di vita.

La responsabilità estesa del produttore rappresenta un approccio molto avanzato, che supporta, attraverso l’ecodesign e attraverso forme alternative di produzione e riciclo, lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate ma anche di nuovi mercati di sbocco, ponendo sempre al centro dell’attenzione, la sicurezza delle persone e dell’ambiente.

In tal senso, il Ministero dell’Ambiente ha emanato una serie di provvedimenti che si inseriscono proprio nel nuovo paradigma, come ad esempio il così detto Decreto Ecodesign, Decreto 10 giugno 2016 n.140, un tassello in più per l’attuazione della nuova normativa RAEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). Entrato in vigore il 7 agosto 2016 il decreto è firmato di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico con l’obiettivo di favorire la progettazione e la produzione eco-compatibile di apparecchiature elettriche ed elettroniche, in modo da facilitare le operazioni di trattamento, riutilizzo e recupero nel loro fine vita. Il decreto è solo uno dei tanti che si inseriscono nel Pacchetto Economia Circolare della Commissione Europea.

Proprio perché l’economia circolare trova il suo fondamento nella corretta gestione dei rifiuti, è necessario porre all’attenzione due problematiche. La prima è sostanzialmente legata alla forte responsabilità sociale di cui abbiamo precedentemente parlato, la seconda invece è legata alla responsabilità che deriva dalla gestione dei contributi economici. È impensabile infatti, per le Producers Responsibility Organization, garantire il buon funzionamento di un simile sistema, senza prevedere la definizione di regole ed obblighi comportamentali: solo per citarne alcuni, gli indicatori di performance ambientale, etica, di rendicontazione e trasparenza; rispetto della gerarchia dei rifiuti; non distorsione della concorrenza; meccanismi idonei a contrastare il cherry picking.

Attraverso lo strumento della tracciabilità, il nuovo modello di economia circolare permette anche di contrastare gli illeciti ambientali e fiscali che costituiscono i veri momenti di interruzione di tutte quelle azioni virtuose messe in atto dalle aziende. La gestione e la conseguente rintracciabilità dei lotti, permette infatti a tutte le aziende deputate alla responsabilità del prodotto, il riconoscimento dei lotti utilizzati nella realizzazione dei loro prodotti finiti. È ovvio che questa stessa tracciabilità deve essere estesa anche ai prodotti derivati, per la naturale chiusura del ciclo di vita e la loro reimmissione nei nuovi processi produttivi. La tracciabilità di prodotto, nonché dei conseguenti materiali derivati, rappresenta una soluzione sicuramente parziale ma importante alla lotta contro i reati fiscali e le violazioni ambientali che provocano un evidente danno sia alla concorrenza tra le aziende che all’erario.

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