lo studio

Elezioni 2018 e digitale, l’analisi di tutti i programmi dei partiti

Uno studio molto approfondito, a cura di un’analista d’eccezione, Francesco Sacco, per Agendadigitale.eu. Emergono visioni molto diverse del futuro. Alcune tradiscono un’idea dirigista del futuro, a cui si può “comandare” anche se non si spiega bene come e con che meccanismi. Altre una visione un po’ semplificata, sfocata e superficiale, come se non fosse importante. Altre ancora una visione più pragmatica e realistica, forse senza sogno, ma possibile

Pubblicato il 26 Feb 2018

Francesco Sacco

docente di management consulting all'Università Bocconi di Milano

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Bisogna dare atto che, a partire dal Governo Monti, il tema dell’Agenda Digitale dell’Italia, che prima era una specie di intruso nel dibattito politico sia diventato un ingrediente fondamentale della più ampia agenda politica del Paese.

Allo stesso tempo si deve constatare che, se proprio l’attuale Presidente del Consiglio Gentiloni all’epoca fu il primo a fare una proposta organica, oggi la sua centralità nel dibattito politico sembra piuttosto marginale.

Ma, in un mondo in cui la velocità del progresso tecnologico sta accelerando, cambiando o promettendo di cambiare il lavoro e interi settori, in cui ormai ben sette su dieci tra le aziende più grandi al mondo per capitalizzazione si occupano di tecnologia, è difficile pensare di trascurare questo tema. Quindi, per capire cosa è lecito aspettarsi in questo campo, ho analizzato in dettaglio i programmi elettorali ufficiali dei principali partiti politici, cercando di evidenziarne le proposte in materia di Agenda digitale e innovazione. Nel fare questa analisi ho cercato il più possibile di essere fedele allo spirito della proposta, pur rispettando l’enorme diversità tra gli approcci seguiti dai partiti.

Il programma digitale di Forza Italia

Il programma di Forza Italia è piuttosto sintetico. È fatto di 10 “punti” che però sono piuttosto dei titoli sotto i quali sono aggregati degli altri “punti” descritti in modo molto stringato.

Proprio in coda al documento, al punto 10 dal titolo “Più tecnologie, cultura e turismo. Tutela dell’ambiente. Efficientamento energetico” si trova il cuore della proposta in materia di agenda digitale di Forza Italia, riportati tutti integralmente: «Più tecnologie innovative applicate all’efficientamento energetico. Sviluppo e promozione di cultura e turismo. Tutela dell’ambiente. Piena diffusione delle infrastrutture immateriali. Digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Piano di ristrutturazione delle tecnostrutture e migliore utilizzo delle risorse per le nuove tecnologie per tutto il sistema delle imprese, con particolare riferimento alle piccole e medie. Sostegno alle start-up innovative, anche attraverso la semplificazione del crowdfunding. Risparmio energetico ed efficientamento della rete. Sicurezza degli approvvigionamenti. Più efficienza della produzione energetica e dei consumi nell’edilizia, nell’industria e nei trasporti. Sostegno alle energie rinnovabili».

Scorrendo le altre parti del programma, al primo punto, dal titolo “Meno tasse” c’è la proposta per una «profonda revisione del Codice degli appalti per rilanciare gli investimenti e l’occupazione». La riforma degli appalti, per come è stata impostata dal Governo Renzi, va nella direzione di una sempre maggiore digitalizzazione per aumentarne la trasparenza. Ma la proposta di Forza Italia non fornisce alcun dettaglio che permetta di capire in che modo verrebbe ridisegnata. Al contrario, è invece molto esplicito il punto sulla «abolizione del limite all’uso del contante».

Il programma digitale della Lega

La Lega, che presenta un programma molto lungo e dettagliato, dedica un intero capitolo alla “Evoluzione digitale”.  Ma questo capitolo  parte con un critica all’Italia che «spende più di ogni altro Paese dell’Unione Europea, tra il 2018 e il 2020, per rifare le infrastrutture digitali ed informatiche utili ad inserire il PIL italiano nell’economia digitale» perché «grazie a questa spesa, le OTT (Amazon, Google, Micorsoft, Apple) aumenteranno il proprio business commerciale vendendo agli italiani i prodotti italiani generando una oligarchia che rischia di annullare la caratteristica principale del Made in Italy: la differenziazione del prodotto».

Le proposte che a questo riguardo avanza la Lega sono due. In primo luogo, definire «funzionali e strategici per la sicurezza e l’efficienza dello Stato» i «data center, gli uffici e i servizi digitali di profilazione di aziende e persone, i sistemi di pagamento in uso nell’Amministrazione Pubblica e nelle società partecipate dalla Pubblica Amministrazione». In secondo luogo, creare un’Autorità delle Comunicazioni che sostituisca «la vigente AGCOM, le direzioni generali dei sistemi informatici dei Ministeri, il commissario per il digitale e l’innovazione, l’AGID». Questa Autorità delle Comunicazioni unica concentrerà in sé tutti i poteri costituzionali perché sarà «l’unica deposta al rilascio dell’identificazione digitale unica per i Cittadini e le Imprese», «disporrà dei poteri giudiziari e amministrativi», «avrà compito di vigilanza e consulenza per l’applicazione di un modello digitale italiano, realizzerà il check digitale delle strutture pubbliche di ogni ordine e grado e disporrà le attività per assicurare la terzietà e la trasparenza digitale della Pubblica Amministrazione». Inoltre, assicurerà ai «cittadini italiani la tutela e l’applicazione dei diritti digitali, la semplificazione burocratica digitale, la rappresentanza degli interessi digitali italiani presso l’Unione Europea e gli organismi internazionali, il monitoraggio e le attività per l’inclusione nell’economia digitale di tutti i Cittadini ed imprese di ogni territorio e la valorizzazione del prodotto tipico italiano», nominando il « Commissario Digitale presso le Amministrazioni Pubbliche, di ogni ordine e grado, con i poteri giudiziari/economici/amministrativi/legali per l’adozione della semplificazione e trasparenza digitale , la tutela dei diritti digitali dei Cittadini e delle Imprese».

Alla voce “Lavoro” la Lega affronta anche l’Industry 4.0 ma la ritiene un rischio per «le occupazioni meno retribuite» il cui «costo sociale in termini occupazionali […] potrebbe essere compensato da una tassazione sui robot che svolgono lavori umani». Più in dettaglio, intende affrontare la rivoluzione tecnologica attraverso misure fiscali compensative, una formazione scolastica e universitaria che favorisca le competenze e gli skill richiesti dalla quarta rivoluzione industriale e sostegni alle micro e piccole imprese per il «rinnovamento dei loro processi produttivi». Sempre a proposito di lavoro, la Lega è a favore degli investimenti in imprese giovani, innovative e tecnologiche. Piuttosto che favorire il credito alle startup, la Lega vuole «far fluire più capitale privato al settore dell’imprenditoria giovanile mediante obblighi di legge che prevedano un investimento minimo di alcuni punti percentuali (in uno spettro compreso tra il 3% e il 5%) in questo settore per i Piani Individuali di Risparmio (PIR) e per i fondi pensione italiani». Inoltre, vuole «prevedere decontribuzioni di almeno il 50% sul costo del lavoro per le assunzioni fatte da start up innovative su un orizzonte di 5 anni». Allo stesso tempo, però, è a favore della digitalizzazione per semplificare gli «adempimenti burocratici connessi alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro».

Per quanto riguarda l’Ambiente, la tecnologia sembra avere una valenza centrale e positiva, richiamata sia per lo sviluppo delle energie rinnovabili sia per il controllo dei rischi idrogeologici sia per favorire l’economia circolare e la mobilità elettrica, accelerando l’attuale Piano Nazionale di Infrastrutturazione per la Ricarica dei veicoli Elettrici.

Allo stesso modo, in tema di Giustizia, la Lega è a favore di una maggiore estensione del processo telematico e per una «compiuta modernizzazione tecnologica di tutti gli uffici giudiziari, nonché la completa implementazione del processo telematico».

Per il Turismo la Lega vuole governare il turismo digitale sia «dal lato della dell’offerta (destinazioni, vettori di trasporto, piattaforme e Olta, player social globali, ecc.) che da quello della domanda (ampliamento dell’accesso alle informazioni, monitoraggio ed integrazione delle fonti, gestione dei Big Data, segmentazione, profilazione e definizione dei trend previsionali)» anche se non chiarisce come questo possa essere realizzato. Similmente, per i Beni Culturali, vuole spingere per la digitalizzazione dei musei ma tra le soluzioni propone «l’accorpamento e la concentrazione di alcuni musei non statali» mentre per i «grandi e autonomi musei italiani» la soluzione è «un Manager da affiancare al direttore» a cui «manca nella maggior parte dei casi l’esperienza manageriale, a maggior ragione poiché in base alla nuova riforma dei Musei il direttore ha un consiglio di amministrazione, un collegio sindacale e a disposizione diversi milioni da spendere».

Il programma digitale di Fratelli d’Italia

Anche Fratelli d’Italia ha un programma piuttosto sintetico, articolato per punti in 15 “priorità” ma il suo sviluppo è molto maggiore di quello di Forza Italia anche se molto inferiore a quello della Lega.

Nel suo programma, Fratelli d’Italia è per la «difesa dei nostri beni strategici e della nostra capacità produttiva dall’aggressione straniera a partire dalla tutela di Enel, ENI, Ferrovie dello Stato, Fincantieri, Generali, Leonardo, Poste, così come delle reti e delle infrastrutture logistiche, tecnologiche e trasportistiche» ma anche per «più rispetto e tutela del corpo docente, maggiori risorse per la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti anche sull’utilizzo degli strumenti tecnologici di ultima generazione».

Alla voce “Meno burocrazia” non si parla di tecnologia anche se per il «rilancio dell’economia nazionale partendo dal Sud Italia» propone di «investire nell’ammodernamento della Nazione e sulla capacità digitale».

Il programma digitale del M5S

Il programma del Movimento 5 Stelle (M5S) è sintetizzato in 20 punti ma articolato in 24 temi principali, ognuno con un proprio documento contenente le relative proposte. Nel complesso più di un centinaio di pagine.

Tra i 20 punti del programma sintetico, il digitale è presente soprattutto alla voce “Smart Nation: nuovo lavoro e lavori nuovi” che include due proposte: «investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale per creare nuove opportunità di lavoro e nuove professioni» e «investimenti in nuova tecnologia, nuove figure professionali, internet delle cose, auto elettriche, digitalizzazione PA». Ma, al punto dedicato alla “Valorizzazione e Tutela del Made In Italy” viene anche lanciata la proposta di trasformare Italia.it in una «piattaforma e-commerce per i prodotti made in Italy nel mondo» mentre per la “Lotta a corruzione, mafie e conflitti d’interesse” viene lanciata la proposta di «intercettazioni informatiche per reati di corruzione». Infine, per al punto “Investimenti produttivi: 50 mld nei settori strategici” si propone di puntare su «innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga, mobilità elettrica».

Leggendo il programma nella versione più dettagliata, le proposte in materia di digitale sono però molto più ricche e articolate. Il tema della “Smart Nation”, declinato come PA digitale, propone di «puntare sugli open data», che «rappresentano uno dei temi principali su cui il Movimento 5 Stelle intende puntare per valorizzare il patrimonio informativo in possesso delle Pubbliche Amministrazioni» ma anche di “Superare il Digital divide” seppure inteso come rimedio, di fronte alla digitalizzazione dell’Amministrazione pubblica, alla «esclusione per un rilevante numero di cittadini, quali anziani, disabili, soggetti con bassa scolarità, emarginati, abitanti in aree remote o rurali, in ritardo con l’alfabetizzazione informatica». Allo stesso modo, il M5S propone la “Riorganizzazione e Formazione del personale della PA” «favorendo l’inserimento di nuove risorse, in particolare giovani, con competenze specifiche nell’ambito dei processi di digitalizzazione, e investire su iniziative specifiche di formazione del personale già impiegato, sia per l’aggiornamento delle competenze tecniche già acquisite sia, in generale, per l’adeguamento del livello di alfabetizzazione digitale di tutto il personale».

Il punto più qualificante, però, è la proposta di dare piena attuazione al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) per creare una “cittadinanza digitale” «promuovendo la diffusione generalizzata del domicilio digitale delle persone fisiche», la «definizione di modelli di standardizzazione e interoperabilità dei diversi livelli amministrativi, anche prevedendo l’esercizio di poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni inadempienti, dando così maggior rilievo al coordinamento a livello centrale per assicurare la funzionalità del sistema». Il punto ha molta enfasi, tanto che è ripreso anche nel programma sugli “Affari Costituzionali”, per la semplificazione amministrativa, anche se non è chiarito in cosa si differenzi rispetto alla riforma del CAD appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 12/01/2018.

La Smart Nation non è l’unica parte del programma del M5S dedicata al digitale. A questa se ne aggiungono ben due: una, all’interno dello “Sviluppo economico”, dedicata a “Industria 4.0 e smart cities” e un’altra interamente dedicata alle “Telecomunicazioni”.

Per quanto riguarda l’Industria 4.0, la proposta si risolve piuttosto in una dichiarazione di principio. Per affrontare la sfida dell’Industria 4.0 occorre «essere in grado di cogliere le opportunità per creare nuove imprese e nuovi posti di lavoro, realizzando prodotti e servizi innovativi. Risulta, dunque, necessario procedere nella sburocratizzazione e alla riduzione degli oneri fiscali, favorendo altresì il concetto di imprese data-driven e supportando gli open data, nonché modelli trasparenti e iperconnessi». Inoltre, per quanto riguarda le smart city, il programma indica che il M5S «desidera promuovere il lavoro sinergico tra imprese, pubblica amministrazione, mondo dell’università e della ricerca, sviluppando modelli virtuosi di smart cities, coinvolgendo le attività economiche del territorio, le startup innovative, i gruppi di ricerca e le autorità territoriali, al fine di risolvere problemi per il cittadini e fornire servizi efficienti». Parallelamente il M5S si propone di «sviluppare nuovi modelli di welfare per attutire l’impatto sociale della nuova “rivoluzione industriale” e prevenire le conseguenze dell’impiego sempre più ampio di soluzioni di robotica». Ma quali siano questi modelli possibili non è spiegato nel programma. Ciò nonostante, dal programma è chiaro che il progresso tecnologico riveste per il M5S un ruolo importante e «punta a far diventare l’Italia un importante attore nella quarta rivoluzione industriale abolendo le barriere che oggi limitano la nascita e lo sviluppo delle idee innovative».

Il capitolo relativo alle “Telecomunicazioni” è forse tra i più forti. Il M5S «s’impegna affinché l’infrastruttura di rete e la relativa gestione siano a maggioranza pubblica» ma vogliono anche «creare le condizioni per unire le porzioni di rete attualmente detenute dai principali soggetti operanti nella realizzazione, gestione e manutenzione della rete in fibra ottica in un’unica infrastruttura». Il che vuol dire non solo nazionalizzazione della rete, ma anche una rete unica, grazie ad altre acquisizioni.  A questa proposta si affianca una netta presa di posizione a favore della net neutrality e la richiesta di «istituire una nuova strategia e un’unica cabina di regia» per il digitale, per cui è «importante istituire un nuovo soggetto nel prossimo governo che semplifichi la governance digitale». Inoltre, il M5S è a favore del catasto unico delle telecomunicazioni, dei voucher a supporto della domanda di banda ultralarga e pensa che la riduzione del divide digitale di natura economica debba essere fatta ad opera delle amministrazioni pubbliche. Infine, anche se per materia non è molto coerente, il M5S si dichiara a favore dell’innovazione finanziaria nel Fintech e dell’economia dei dati. Questi ultimi, dato che «l’UE non dispone di un mercato unico digitale per i dati a causa degli ostacoli alla libera circolazione [dei dati] all’interno dell’UE» il M5S pensa che «l’UE debba fare in modo che i dati fluiscano attraverso i confini e tra i vari settori, rendendoli accessibili e riutilizzabili in modo ottimale».

Il tema digitale, anche se su questi punti ha un peso maggiore, è molto trasversale nel programma del M5S ed emerge con molti spunti:

  • a proposito di “Banche” il M5S propone che «un “plafond” importante della banca verrà destinato a tassi estremamente bassi alle start-up innovative»;
  • per i “Beni Culturali”, dove propongono «un catalogo unico nazionale e digitale»;
  • per la “Difesa”, prevedendo la «possibilità di spostare buona parte degli investimenti pubblici, oggi impiegati nei programmi d’armamento tradizionali, verso lo sviluppo e la ricerca di strumenti più attuali come la cyber security e l’intelligence»
  • per la “Giustizia” con il «potenziamento sostenibile del processo telematico estendendolo anche al Giudice di Pace»;
  • per il “Lavoro” dove nel «settore della formazione bisognerà puntare su una riorganizzazione integrale» con «formazione continua e addestramento dei lavoratori», anche creando un «Osservatorio nazionale del Mercato del Lavoro che colleghi l’offerta formativa alle esigenze dei settori produttivi e di investimento del Paese e la realizzazione di una mappatura dei “nuovi saperi”». A queste misure però vorrebbero affiancare anche «uno status giuridico specifico per i robot, con particolare riferimento ai profili etici e di responsabilità civile, nonché in ambito fiscale».
  • Per la “Salute”, in cui il M5S vorrebbe creare un’Anagrafe vaccinale nazionale digitale per sviluppare le attività di sorveglianza delle malattie suscettibili di vaccinazione ma anche recuperare risorse attraverso un’efficace lotta agli sprechi e alle inefficienze, la revisione della governance farmaceutica e sanitaria, l’attuazione della centralizzazione degli acquisti, l’informatizzazione e digitalizzazione del SSN;

Per il “Turismo” con una riforma digitale attraverso «un’adeguata formazione degli operatori del settore, sia tramite una semplificazione degli adempimenti burocratici a carico delle imprese, che frenano gli investimenti e la crescita del settore» ma anche con il «Wi-Fi libero e gratuito a livello nazionale, una piattaforma nazionale unica dedicata al turismo ed al turista, non solo per la comunicazione e la promozione del Paese, ma anche per l’e-commerce del prodotto turistico culturale (prenotazione on line di alberghi, tour, ristoranti, biglietteria museale e teatrale); la costituzione di una struttura di Market Intelligence con attività di Digital Marketing sui diversi social network, con presidio puntuale dei diversi forum e blog; la digitalizzazione delle imprese turistiche». A ciò va aggiunta una proposta per lo “Stop alla concorrenza sleale” disciplinando la Sharing Economy (in sostanza Airbnb) per «evitare i fenomeni di concorrenza sleale ai danni delle start up e delle Pmi oneste», collegando le piattaforme della sharing economy digitale alla «Agenzia delle entrate, con pagamenti solo per vie elettroniche e con modalità di registrazione univoche», atte a «evitare la creazione di profili falsi o non riconducibili all’effettivo titolare».

Il programma digitale del PD

Il programma del Partito Democratico (PD) è un documento molto denso e articolato, diviso in quattro parti principali a loro volta suddivise in capitoli ma sintetizzate in un documento con “100 cose fatte e 100 cose da fare”.

Tra le 100 cose fatte e da fare i riferimenti al digitale non sono pochi. C’è tra le cose fatte il «primo piano nazionale per la Banda Ultra Larga per coprire anche le zone grigie e meno convenienti per gli operatori ma fondamentali per i cittadini» al quale si affianca come programma «essere leader nella diffusione del 5G». Allo stesso modo, ai «33 miliardi di risparmi di danaro pubblico con la revisione della spesa attraverso centralizzazione acquisti e revisione capitoli di spesa» si affianca l’intenzione di «recuperare un punto di PIL nell’arco della prossima legislatura attraverso la digitalizzazione della PA». Allo stesso modo, al “Piano Industria 4.0” già realizzato, si affianca l’intenzione di estendere gli stessi benefici al «progetto Cultura 4.0» così come, nella Giustizia, al «processo telematico civile, che riduce i tempi della giustizia e semplifica il sistema» si appaia «l’estensione del processo telematico anche al processo penale» ma anche la «riqualificazione del personale amministrativo per snellire e digitalizzare i processi». Inoltre, il PD prevede di:

  • «fare pagare alle aziende online che lavorano in Italia le stesse tasse delle aziende offline: stesse condizioni, uguali tasse»;
  • «Incentivare ogni tipo di strumento di pagamento digitale con particolare riguardo al progetto PagoPA che semplifica le transazioni digitali con la Pubblica Amministrazione»;
  • «Istituire uno strumento di formazione personale per un monte ore complessivo minimo iniziale di 150 ore: formazione permanente e capitale umano»;
  • «combattere la burocrazia scolastica che spesso fa passare interi pomeriggi a riempire moduli inutili a professori e personale della scuola»;
  • dopo l’Human Technopole di Milano nell’area che fu dell’Expo, «creare una struttura simile a Napoli in collaborazione con i grandi player multinazionali dell’innovazione tecnologica (Apple, Cisco) già presenti con le università del territorio»;
  • «graduale smart working per il periodo iniziale post gravidanza ed estensione del congedo parentale»;
  • «piano di illuminazione a LED del patrimonio pubblico e delle strade cittadine»;
  • dopo l’installazione di più di 1.000 colonnine per i veicoli elettrici, «raggiungere quota 15.000 colonnine nell’arco della legislatura»;
  • «investimenti sulla digitalizzazione della sanità e sul capitale umano dei professionisti della salute riducendo le liste di attesa sulla base del modello emiliano».

Anche nella versione estesa del programma del PD emergono ulteriori elementi del programma in digitale, come nel caso del M5S.

Un punto centrale per il digitale nel programma del PD è quello relativo all’Impresa 4.0. Il piano sarà rafforzato «rendendo stabile e strutturale il credito di imposta alla ricerca e sviluppo, prevedendo una riduzione graduale dell’iperammortamento per poi introdurre strutturalmente un’accelerazione della deducibilità fiscale degli investimenti produttivi (chi investe sul futuro deve poter dedurre più velocemente i costi)». Allo stesso tempo «per assorbire gli shock della globalizzazione e del progresso tecnologico» il PD vuole creare «un fondo unico di re-industrializzazione che accompagni imprese e lavoratori colpiti da un difficile sforzo di riconversione». A questo si affiancherebbe un “codice personale di cittadinanza attiva” per accompagnare il lavoratore quando intorno a lui cambiano la tecnologia, il mercato, le imprese. Grazie a questo codice «confluirà un conto personale della formazione per un monte ore complessivo minimo iniziale di 150 ore. E che varrà per tutta la vita, indipendentemente dalle transizioni da un contratto di lavoro a un altro o da una forma di lavoro a un’altra».

Un altro punto centrale nel programma del PD sono le infrastrutture e la transizione verso l’amministrazione digitale. A proposito di infrastrutture, il PD vuole un’accelerazione del piano Banda ultra larga «sulle cosiddette aree bianche e grigie dove ancora il 70% delle nostre imprese non trova una adeguata copertura di rete ad alta velocità di connessione, così come sul 5G e sulle reti di connettività a 1 gigabit per secondo nelle aree metropolitane». Per la transizione verso l’amministrazione digitale, invece, il PD vuole completare i suoi pilastri:

  1. a) Anagrafe nazionale della popolazione residente (“i dati devono essere unici e in un unico luogo”);
  2. b) Sistema pubblico di identità digitale (Spid) e Carta d’identità elettronica (“l’identità di una persona è una, è certa, è per sempre”);
  3. c) PagoPa, un modo diverso e più naturale per i cittadini di pagare la Pubblica Amministrazione (“per pagare basta un click”);
  4. d) Open data e Data analytics (da “questo dato è mio e lo gestisco io” a “questi dati sono aperti e condivisibili”).

Un altro punto è la semplificazione per il fisco, la scuola, l’università. Per quanto riguarda il fisco, la semplificazione passa per la moltiplicazione dei «canali di contatto, come è stato fatto per la riscossione. O sostituendosi in tutto o in parte al contribuente stesso, grazie alle informazioni già in suo possesso» ma sempre «riducendo il numero di adempimenti fiscali al minimo indispensabile» spingendo «il fisco a fornire lo strumento più semplice e meno costoso per poter rispettare l’adempimento». Il punto di partenza è “la dichiarazione precompilata”, che il PD vuole «migliorare e sempre più estendere, su opzione, anche ai lavoratori autonomi e ai micro imprenditori, assimilandoli ai lavoratori dipendenti e abolendo la ritenuta d’acconto». Allo stesso tempo, «la fatturazione elettronica sarà introdotta gradualmente in modo da semplificare vita e lavoro di cittadini e aziende» e «anche la fatturazione alla pubblica amministrazione dovrà essere semplificata» mentre sarà estesa «la trasmissione telematica dei corrispettivi» per «sostituire con essa la tenuta dei registri Iva e contabili delle imprese che sceglieranno di lasciarli tenere al fisco», ampliando «la digitalizzazione dei servizi» e il collegamento delle «banche dati, per non chiedere informazioni già in possesso del fisco». Sul tema dell’evasione fiscale, infine, il PD è convinto che «i risultati di questi anni confermano che l’incrocio delle banche dati e l’innovazione tecnologica possono fare molto di più di un approccio muscolare e scenico valido solo per qualche servizio ai telegiornali, ma non per ridurre l’evasione. Nella scuola e nell’università, invece, la digitalizzazione è «combattere la burocrazia», liberandole «da compiti e funzioni non strettamente connessi» al “fare scuola o università”, in modo che insegnanti e docenti possano concentrarsi al meglio sulla progettazione, organizzazione e gestione delle attività didattiche e formative. Ma anche:

  • «ripensare l’organizzazione della scuola dando spazi e tempi adeguati alla continuità e alla flessibilità dei processi di apprendimento;
  • promuovere l’innovazione didattica e metodologica, sviluppando competenze che consentano agli studenti di essere aperti all’apprendimento permanente;
  • sostenere l’apprendimento trasversale e digitale;
  • promuovere l’orientamento per sostenere gli studenti nei momenti di scelta e transizione, a partire dal primo giorno di inserimento nell’ambito scolastico;
  • ridefinire gli obiettivi e le modalità di attuazione concreta dell’alternanza-scuola lavoro;
  • potenziare l’offerta di tempo pieno nelle scuole elementari, portando in particolare i livelli del Mezzogiorno a quelli medi del Centro- Nord».

A questo il PD propone inoltre di affiancare un “Piano nazionale per la cultura digitale” «sul modello del piano nazionale Scuola digitale, per mettere a leva tutte le potenzialità del digitale applicate alla cultura». In particolare, attraverso l’istituzione di un «fondo unico che raccolga tutti i finanziamenti già esistenti per completare la digitalizzazione e catalogazione del patrimonio culturale italiano; di introdurre la formazione al digitale obbligatoria, permanente e strutturale degli operatori; di potenziare le infrastrutture (banda larga in tutti i musei, archivi, biblioteche e altri luoghi della cultura pubblici entro il 2023)». Mentre:

  • con il piano di “Rigenerazione culturale”, sul modello del progetto Bellezza@ «tutti potranno segnalare, utilizzando anche una mail, luoghi pubblici e spazi da ristrutturare, recuperare o reinventare: un fondo strutturale sarà destinato alla realizzazione di questi progetti».
  • Con il “Piano cultura 4.0” per «le imprese culturali e creative che investono in innovazione tecnologica, con particolare attenzione alle aree ad alto tasso di abbandono scolastico e al Mezzogiorno» sarà possibile rilanciare la produzione culturale e renderla più contemporanea.

Sul fronte energetico, il programma del PD prevede «un incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo minimo di una penetrazione totale sui consumi pari ad almeno il 28% nel 2030 e una percentuale di elettricità da fonti rinnovabili pari almeno al 55%» favorendo «gli sviluppi delle tecnologie più mature (fotovoltaico ed eolico), nonché i rifacimenti e i potenziamenti degli impianti esistenti così da limitare il consumo di suolo» cessando la «produzione di energia elettrica da carbone nel 2025».

In questa visione la “Smart city” è «una proiezione di comunità del futuro, definita da un insieme di bisogni che possono essere soddisfatti con soluzioni legate all’innovazione tecnologica: dalle scelte edilizie alle strategie per la mobilità e il risparmio energetico». Per fare ciò occorre:

  • «promuovere e incentivare interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico, a partire dall’edilizia scolastica;
  • diffondere e promuovere sistemi di certificazione applicati ai progetti di aree oggetto di riqualificazione o di nuove espansioni, che promuovano tra gli obiettivi primari le prestazioni di sostenibilità ambientale, di accessibilità ai trasporti pubblici, di qualità dei materiali utilizzati al fine di promuovere quartieri integrati;
  • incentivare la realizzazione di sistemi informativi territoriali per tutti i comuni che consentano di gestire dati associandoli alla base di dati spaziali;
  • regolamentare e incentivare, anche attraverso collaborazioni con privati, la creazione di piattaforme per bike sharing, car sharing e scooter sharing;
  • realizzare sistemi integrati e digitali dei sistemi di trasporto pubblico, che consentano la programmazione e l’acquisto di itinerari in soluzione unica per gestire in modo più semplice cambi e coincidenze;
  • incentivare la realizzazione di smart grid: griglie su scala locale che gestiranno sia l’energia elettrica che i sistemi di riscaldamento e che saranno in grado di ottimizzare i consumi generando energia in base alla domanda»;
  • promuovendo «la realizzazione di colonnine per auto elettriche per ogni intervento di trasformazione urbanistica maggiore di 500 mq»;
  • «una flotta di eco-taxi riservando l’assegnazione di nuove licenze ai soli veicoli elettrici e bus a zero emissioni», la trasformazione «delle auto blu in auto verdi, la scommessa sul car sharing e l’utilizzo costante di nuove tecnologie per ridurre le emissioni».

Sul fronte della Giustizia, il PD, vuole replicare i risultati del processo civile telematico in ambito penale. Avendo investito nell’informatizzazione, aumentato il bilancio della giustizia, varato un piano straordinario di assunzioni, bandito il primo concorso dopo 20 anni e avviato la riqualificazione del personale, l’Italia è l’unico paese d’Europa ad aver digitalizzato integralmente il processo civile. Nel civile «a fine 2017 gli affari pendenti presso i tribunali italiani sono 3,6 milioni, il 40% in meno, i tempi per la definizione sono passati da 547 a 360 giorni e, per la prima volta dopo anni, dal 2015 è iniziato a scendere il debito per gli indennizzi per eccessiva durata dei processi».

Sul fronte della Sanità, il PD popone la realizzazione di un “Piano nazionale per la gestione delle liste di attesa”, promuovendo «a livello nazionale le migliori esperienze messe in campo da alcune regioni in questi anni, al fine di garantire ai cittadini il pieno accesso ai servizi in tempi certi e ragionevoli».  Inoltre, propone «l’informatizzazione e la digitalizzazione della sanità, favorendo la personalizzazione delle cure attraverso un utilizzo ottimale della telemedicina, del fascicolo sanitario elettronico, delle cartelle cliniche informatizzate, della consegna al paziente di esami e documentazioni cliniche per via informatica, delle anagrafi vaccinali».

Sul fronte delle startup, il PD vuole potenziare «i canali alternativi al finanziamento bancario: l’accesso alla borsa, il ricorso ai mini bond, le piattaforme di crowdfunding e peer-to-peer lending spingendo l’innovazione fintech e canalizzando una parte del nostro cospicuo risparmio privato verso impieghi nell’economia reale italiana, estendendo tra l’altro i Piani individuali di risparmio (Pir) anche ad altre piccole aziende operanti in settori ad alto valore tecnologico o ambientale. Infine, non è più rinviabile una forte iniziativa sul venture capital per fare in modo che le tante startup che nascono in Italia trovino i capitali per poter crescere e avere successo».

Sul fronte turistico, invece, poiché «il 90% dei turisti stranieri che vengono nel nostro Paese utilizza il web per pianificare l’itinerario e decidere dove alloggiare […] l’intera filiera deve sviluppare competenze e sistemi che permettano la promozione digitale dei propri prodotti. Una promozione in grado di distinguere tra i grandi magneti turistici – luoghi che attraggono milioni di visitatori – e il patrimonio distribuito sul territorio, meno noto e meno accessibile. Le priorità sono la destagionalizzazione dei flussi, l’aggiornamento delle procedure di prenotazione e l’offerta di itinerari che coinvolgano le destinazioni minori per allungare il soggiorno medio, distribuendo il beneficio economico a tutti. La capacità ricettiva italiana è al contempo vasta e male utilizzata: contiamo oltre un milione di stanze d’albergo con un’occupazione media inferiore del 5-10% rispetto a Francia e a Spagna e 6,5 milioni di seconde case, inutilizzate per lunghi periodi. Il patrimonio alberghiero è troppo spesso obsoleto, orientato alla fascia bassa del mercato e talvolta gestito con competenze limitate. Per questo, obiettivo della prossima legislatura sarà quello di incentivare la riqualificazione e ristrutturazione degli immobili alberghieri, attraverso agevolazioni come l’iperammortamento del Piano Impresa 4.0».

Sul fronte pubblico, infine, il programma del PD prevede:

  • una semplificazione del codice degli appalti per rendere più flessibili le procedure attuative della direttiva europea appena recepita e «dare così efficienza al sistema e certezza ai responsabili delle procedure di appalto»;
  • «Riqualificare il patrimonio edilizio della PA, migliorandone l’efficienza energetica e promuovendo modelli di autoproduzione di energia» rendendo «più efficiente la rete di illuminazione pubblica grazie all’utilizzo di contatori digitali di ultima generazione e risparmiando sulla riqualificazione del sistema attraverso il passaggio all’illuminazione a Led, senza per questo abbassare gli standard».
  • «ridurre i consumi dei veicoli, promuovendo l’utilizzo di auto a basse emissioni e la scelta di modelli di economia circolare»;
  • «ripensare il sistema di riscaldamento degli uffici pubblici, i cui consumi sono oggi troppo elevati»;
  • Proseguire nella revisione della spesa: negli ultimi 4 anni sono stati realizzati oltre 33 miliardi di risparmi senza ridurre i servizi grazie a: «1) l’aggregazione degli acquisti (per esempio da oltre il 70% eseguito dai singoli ospedali si è passati a quasi il 90% gestito da soggetti aggregatori, oltre 30 miliardi di gare pluriennali sono state avviate con risparmi medi su quelle aggiudicate del 23%); 2) l’introduzione dei costi standard per gli enti locali (comuni, regioni); 3) i piani di risanamento per gli ospedali non performanti economicamente e clinicamente; 4) un programma pro efficienza nella logistica e nella spesa informatica degli ospedali; 5) un ridisegno dei presidi delle forze dell’ordine sul territorio per adeguare la copertura alle mutate esigenze di sicurezza; 6) un programma di razionalizzazione immobiliare sul modello del “ Federal building”; 7) la razionalizzazione del parco delle macchine di servizio; 8) il piano di digitalizzazione». Per la prossima legislatura, il PD vuole «portare a compimento questi programmi realizzando gli obiettivi prefissati di risparmio e di miglioramento dei servizi.

Il bilancio 

La domanda da farsi dopo questa carrellata è – purtroppo – dirimente. Serve davvero analizzare i programmi dei partiti in una tornata elettorale in cui tutti ritengono non si possa ottenere nessuna maggioranza? Qualche giorno fa Angelo Panebianco, in un articolo di fondo sul Corriere della Sera invitava a riflettere sul senso dei programmi per i partiti politici in un contesto in cui non c’è la prospettiva di un governo governante ma quella di un immobilismo di fondo, in cui: «tutti sanno che, nella migliore delle ipotesi […] dopo le elezioni si formerà (se si formerà) un governo che sarà comunque debolissimo […] assediato da poteri di veto di ogni tipo. […] Nessuno qui si aspetta davvero che le tante promesse vengano mantenute».

Anche se le premesse dell’articolo di Panebianco sono piuttosto negative, allo stesso modo, seguendo il filo del suo ragionamento e parafrasandone le parole, suggerirei la stessa conclusione: si, vale la pena analizzare i programmi dei partiti. Navighiamo oggi in acque “tecnologiche” assai più turbolente di quelle di un tempo. Non è scontato che si possa ancora galleggiare a lungo usando i vecchi metodi. Quando parliamo di tecnologia parliamo anche della nostra visione del futuro.

Non possiamo permetterci di non averne una. Quel che si propone per il “futuro” è anche la cartina tornasole di quella visione. Il futuro è l’unica cosa a cui nessuno di noi è disposto a rinunciare anche se poi viviamo schiacciati nel presente. Da questa rassegna emergono visioni molto diverse del futuro. Alcune tradiscono un’idea dirigista del futuro, a cui si può “comandare” anche se non si spiega bene come e con che meccanismi. Altre una visione un po’ semplificata, sfocata e superficiale, come se non fosse importante. Altre ancora una visione più pragmatica e realistica, forse senza sogno, ma possibile.

Sarebbe più rassicurante se non fossero così diverse tra di loro. Ma, nella loro diversità, rappresentano un chiaro spartiacque. A ognuno di noi tocca scegliere sperando di fare “collettivamente” la scelta giusta perché quel futuro sarà il nostro futuro comune, anche se saremo divisi in Parlamento.

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