Elserino Piol: “No ad accentramento funzioni digitali”

Il “padre” del venture capital italiano e attuale presidente di Fedoweb sottolinea l’importanza di sganciare l’innovazione dalle dinamiche di “palazzo”. “Basta con la creazione di nuovi enti, ci sono già i ministeri competenti”. Infrastrutture a banda larga e diffusione della cultura digitale le priorità che il nuovo esecutivo dovrebbe portare avanti

Pubblicato il 15 Mag 2013

Infrastrutture a banda larga e diffusione della cultura digitale: sono queste le priorità che il nuovo governo dovrà mettere in cima alle cose da fare se si vorrà dare un’accelerata all’Agenda digitale. La pensa così Elserino Piol, il “padre” del venture capital nazionale e attualmente alla presidenza di Fedoweb, associazione battezzata nel 2000 che rappresenta i principali gruppi editoriali, broadcaster e operatori web italiani.

“La realizzazione di infrastrutture adeguate attraverso cui veicolare servizi innovativi è sicuramente la priorità per il Paese. Ma a questa va affiancata la cultura digitale”, sottolinea Piol puntualizzando però che “bisogna andare al di là dell’idea tradizionale di alfabetizzazione digitale; servono esperti e consulenti validi per sviluppare progetti che funzionino e che quindi impattino in primis sulla macchina pubblica per mettere in moto una digitalizzazione di valore”. A tal proposito Piol cita ad esempio il “caso” Cud online: “La gestione fallimentare del progetto, che ha scatenato polemiche e generato difficoltà ai pensionati, è il tipico esempio di iniziativa mal gestita, senza risorse competenti in grado di capire come progettare il servizio”.

Ma chi dovrà “guidare” la macchina digitale italiana? Secondo Piol l’accentramento delle funzioni non è la ricetta vincente. Anzi, sarebbe addirittura fallimentare: “Basterebbe lasciare a ciascun ministero fare il suo sulle questioni che coinvolgono il digitale. La creazione dell’Agenzia digitale, per la cui nascita è stato necessario il via libera di cinque ministeri, è la dimostrazione che l’Italia al posto di sburocratizzare continua a burocratizzare attraverso la creazione di enti nuovi che si sovrappongono a quelli esistenti. E che dunque aumentano le complessità. Ci sono i ministeri, che bisogno c’era di creare l’Agenzia digitale? E poi il digitale è per sua natura trasversale, dunque va da sé che non è praticamente possibile governarlo attraverso l’accentramento ”.

Secondo Piol sono altre le questioni su cui si dovrebbe concentrare il governo di un Paese che vuole davvero digitalizzarsi: “Ci sono tematiche, come quella della privacy online ma anche dell’e-commerce che impattano notevolmente sull’economia. Purtroppo in Europa ogni Paese ha le proprie regole, ed anche per questo motivo le web company americane, Google & co, hanno avuto la meglio e continuano a fare il bello e cattivo tempo. Ecco, l’Italia dovrebbe occuparsi di portare sul tavolo Ue delle proposte concrete e spingere in direzione di un’armonizzazione dello scenario e di una direttiva che faccia rispettare le regole Ue agli americani, considerato che operano nel nostro Continente”.

Sul tema dell’e-commerce Fedoweb insieme con Confindustria Intellect a febbraio scorso aveva avanzato alcune indicazioni, come ad esempio la riduzione dell’Iva gli e-book e un ribasso dal 21% al 10% per quella sulle transazioni di e-commerce. “Si tratta di questioni che vanno esaminate a livello europeo, affinché tutti possano operare nel medesimo scenario competitivo”, puntualizza Piol.

La strada dunque è ancora in salita e in “recupero” rispetto agli altri Paesi: la PA rappresenta secondo Piol una delle spine nel fianco. “Sul fronte della digitalizzazione i risultati sono ancora scarsi”. Poi, come già accennato, c’è la questione infrastrutturale “ma la situazione è assolutamente recuperabile e il gap si può colmare”. Più difficile, alla soglia dell’impossibile – ritiene Piol – riuscire invece a creare un contesto competitivo da un punto di vista della nascita di nuove imprese. “Per noi, ma anche per il resto d’Europa, ridurre il gap con gli Usa è praticamente impossibile. Gli Stati Uniti sono votati al venture capital e le imprese hanno inoltre la possibilità di rivolgersi a un mercato enorme. In Europa invece lo scenario è frammentato e la cultura del venture capital, sebbene funzioni in alcuni Paesi, non è al pari di quella americana”.

“Ci vorrebbero manager con visone e diponibilità di capitali”, sottolinea Piol, indicando però alcuni casi di successo da prendere come esempio: “Yoox, Aruba e iStella rappresentano tre iniziative che rappresentano il made in Italy che vuole emergere”, conclude.

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