Giovedì abbiamo presentato i risultati della Ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale e abbiamo potuto fare un bilancio dello stato di attuazione dell’Agenda Digitale italiana insieme a tanti referenti di Politica, istituzioni, imprese e Pubbliche Amministrazioni. È emerso un quadro di luci ed ombre, in cui a fronte di risultati che tardano ad arrivare, si può guardare con positività al futuro digitale del nostro Paese.
Se ci si limita a guardare i risultati ottenuti sembra che l’Italia sia sempre più relegata a un ruolo marginale nell’Europa digitale che conta. Solo il 23% della popolazione italiana utilizza servizi di eGovernment contro la media europea del 47%. Solo il 5,3% delle nostre imprese vende online i propri prodotti contro il 15,1% della media europea. Solo il 47% degli italiani ha competenze digitali di base mentre in Europa la percentuale sale al 59%. Considerando questi numeri non stupisce che il DESI – l’indicatore introdotto a Giugno dalla Commissione europea per misurare lo stato di attuazione dell’AD – ci posizioni al 25° posto, davanti solamente a Grecia, Bulgaria e Romania.
Analizzando il contesto digitale italiano dell’ultimo anno, tuttavia, troviamo una serie di novità rilevanti che fanno ben sperare in una svolta digitale del Paese. Prima di tutto abbiamo una strategia. Seppur non privo di lacune, il piano di Crescita Digitale – redatto dall’AgID a Marzo – ha il pregio di tracciare un percorso per la digitalizzazione del Paese in cui sono definiti gli obiettivi da realizzare, gli aspetti critici da presidiare, le tempistiche di riferimento e le risorse economiche necessarie per l’attuazione. Anche l’approvazione dei piani sulla Banda ultra larga e sulle Competenze digitali si possono inquadrare tra le iniziative promosse nell’ultimo anno per fare chiarezza sulla strategia di attuazione dell’Agenda Digitale.
Un altro elemento positivo è il forte orientamento alla fattiva “esecuzione” impresso all’AgID dal suo nuovo direttore. Insediatosi a Maggio, Antonio Samaritani ha identificato in Italia Login il progetto catalizzatore che possa fare da quadro di riferimento all’intera strategia di digitalizzazione nazionale e ha deciso di focalizzare la sua attenzione su alcune progettualità chiave: SPID, Anagrafe Unica, Pagamenti elettronici, Open data, Competenze digitali e linee guida dei siti web per la PA. Le premesse sono buone per ottenere gli stessi risultati ottenuti nell’ambito della fatturazione elettronica, dove oltre 20 milioni di fatture sono transitate dal Sistema di Interscambio dal 31 Marzo (data dell’obbligo di fatturazione elettronica verso tutta la PA) al 31 Ottobre.
Anche a livello locale si registra un notevole fermento. La metà delle Regioni italiane ha nominato un referente per l’attuazione dell’Agenda Digitale e la quasi totalità ha già sviluppato o è in dirittura d’arrivo nella produzione di documenti che esplicitano le strategie e le priorità di digitalizzazione. A Marzo la Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome ha poi istituito la Commissione Speciale Agenda Digitale, che rappresenta l’interfaccia politica unica, forte e unitaria tra le Regioni e tutti gli altri attori che si occupano di Agenda Digitale, con i compiti di declinare a livello locale la strategia nazionale, suggerire priorità di intervento condivise e coordinarne i processi di attuazione delle Agende Digitali regionali.
Nell’ultimo anno l’Europa ha approvato quasi tutti i Programmi Operativi Nazionali e Regionali tramite cui le PA centrali e locali hanno negoziato le disponibilità a valere sui fondi strutturali della nuova programmazione quadro. Questo significa che ora sono finalmente disponibili molte delle risorse con cui sostenere gli interventi di digitalizzazione pianificati sia a livello centrale che locale. Le nostre ricerche rilevano una buona disponibilità anche per le imprese, grazie ai numerosi bandi di finanziamento avviati dal Governo ai quali è possibile candidare iniziative di digitalizzazione.
La collaborazione tra pubblico e privato è poi finalmente tornata al centro del dibattito tra gli addetti ai lavori grazie alla revisione del codice degli appalti e al recepimento delle direttive europee che inquadrano gli approvvigionamenti pubblici come una straordinaria leva di politica economico-industriale. Una volta recepite, le direttive potrebbero dare un nuovo impulso alla semplificazione e alla trasparenza delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, rendendo compatibile i tempi dei processi di procurement con quelli di evoluzione tecnologica.
Sembrano smorzate le preoccupazioni dei tagli alla spesa pubblica in tecnologie digitali previsti nella prima bozza di finanziaria presentata a fine Ottobre dal Governo. Il passaggio in Senato ha fatto si che i tagli fossero da attuare solo alle spese correnti, spalmandoli nel triennio 2016-2018 e utilizzando le risorse recuperate per investire in innovazione tecnologica. Sembra si voglia andare nella direzione di una tanto auspicata riqualificazione della spesa ICT della PA piuttosto che una mera razionalizzazione. Sono fiducioso che il dibattito parlamentare di queste settimane confermerà tali tendenze.
Segnali positivi arrivano anche dalla ripresa degli investimenti in digitale da parte del settore privato. Dopo anni di grande difficoltà, la domanda ha ricominciato a crescere, con un incremento previsto dell’1,1% entro la fine del 2015 (dati Assinform). A trainare questa svolta sono i segmenti emergenti e più innovativi come l’Internet of Things, il Cloud e gli Analytics che – secondo i dati degli Osservatori – crescono di almeno il 15%, compensando la diminuzione strutturale dei segmenti più tradizionali.
Riassumendo, gli ultimi 12 mesi sono stati piuttosto turbolenti e ricchi di novità per l’Agenda Digitale Italiana. Seppure non ci sia ancora stato un deciso salto di qualità a livello di effettiva attuazione, sono sicuramente state gettate molte basi per colmare, almeno in parte, i divari che ci separano dai Paesi che costituiscono un punto di riferimento in Europa. Nuovi piani strategici con obiettivi specifici e priorità chiare, un forte orientamento all’attuazione dell’AgID, progetti abilitanti, una governance rinnovata da nuovi meccanismi di coordinamento tra centro e periferia, risorse europee finalmente impiegabili, un nuovo quadro di riferimento per gli approvvigionamenti pubblici e un mercato digitale che torna a crescere dopo anni di compressione. Sono tutte condizioni estremamente favorevoli che solo lo scorso anno erano impensabili.
Proprio a queste rinnovate condizioni allude il titolo della Ricerca che abbiamo presentato giovedì 26 a Roma: non ci sono più alibi al fare. Lo dimostra anche l’analisi delle oltre 100 iniziative di innovazione digitale che si sono candidate ai “Premi Agenda Digitale” proposti quest’anno dall’Osservatorio. Gli esempi di successo ci sono. Quanto ancora manca sono consapevolezza, adeguati livelli di collaborazione tra pubblico e privato, solide competenze e – soprattutto – strumenti adeguati a concretizzare l’attuazione dell’Agenda Digitale, traducendo le strategie in risultati misurabili. È con questo spirito che l’Osservatorio, in quest’anno di ricerca, si è impegnato a elaborare evidenze, modelli, strumenti e proposte che facilitino e accompagnino al meglio la trasformazione digitale del nostro Paese. Nelle prossime settimane forniremo alcuni dei principali risultati raggiunti.
Siamo più che mai convinti che ogni attore- noi compresi- debba affiancare alla giusta denuncia degli ostacoli e dei ritardi, iniziative e proposte concrete. L’Agenda Digitale potrà così passare dalla fase di definizione dei piani a quella della loro esecuzione.