Al prossimo Consiglio europeo del 21-22 ottobre, i leader europei saranno chiamati a esprimersi sulla proposta che la Commissione ha presentato il 15 settembre per un ambizioso “Digital Policy Programme”, che prevede traguardi – con orizzonte 2030 – anche in termini di progetti transnazionali, da finanziare attraverso geometrie variabili di Stati membri, in materia di infrastrutture di dati, corridoi 5G, computer quantistici ad alte prestazioni connessi a EuroHPC, interconnessioni fra pubbliche amministrazioni, servizi blockchain e digital innovation hubs.
La nuova strategia globale in materia di connettività (“Global Gateway”), presentata dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen mira a definire la trasformazione digitale dell’Europa al 2030, attraverso il collegamento di istituzioni, investimenti e imprese, secondo un’impostazione basata su valori democratici.
Senza creare dipendenze “a senso unico”. Superando la dimensione puramente “normativa”, di regolamentazione del mercato unico digitale. Per concentrarsi sulla creazione di campioni industriali in grado di restare al passo con la competizione globale dove l’Europa è ancora ai margini. L’Italia ha molte carte da giocare in diversi ambiti, ma la partita si gioca a livello comunitario.
Platform economy e chip: la Ue arranca
Gli esempi del gap europeo nel contesto tecnologico purtroppo non mancano. Nel mercato interno della platform economy (l’economia delle piattaforme digitali), le aziende “Made in Europe” sono principalmente start-up che partecipano al valore aggiunto del continente soltanto per 2,7%.
Nel settore strategico dei microprocessori, indispensabili in tutti i campi in cui giochiamo di rimessa rispetto ai nostri concorrenti extraeuropei (dall’auto connessa, al 5G, dal cloud all’Internet of things), l’Europa – che deteneva oltre il 40% del mercato mondiale negli anni Novanta – oggi è ferma al 10%. È indubbio che il Vecchio Continente debba aggredire rapidamente il settore della produzione di tecnologie abilitanti per evitare quelle dipendenze che, ad esempio, nel mercato dell’auto hanno costretto a ridurre di oltre il 10% della produzione a causa di colli di bottiglia nelle forniture estere. Attrarre in Europa campioni industriali, far crescere le nostre aziende e competenze, promuovere un’autentica parità di accesso alle tecnologie fra produttori e acquirenti è l’obiettivo.
Dall’hardware al software, come cambia la tecnologia
Uno dei trend che sta attraversando il mondo della tecnologia è la trasformazione dell’hardware in software.
Molti sono gli esempi che negli anni si sono susseguiti, ma quello che a mio parere è il più efficace, riguarda la macchina fotografica. Un tempo fotografare comportava una apparecchiatura voluminosa. Grazie alla miniaturizzazione è diventata sempre più piccola e alla fine è in parte scomparsa sostituita dal software di un telefonino.
È il 2000 quando la Sharp introduce il primo telefono cellulare dotato di fotocamera incorporata. Il J-SH04 con una risoluzione di 0,1 Megapixel per immagine. Oggi è un software che fa la messa a fuoco. È un software che scatta le fotografie, ed è sempre un software che ne permette la visualizzazione. Niente rullini, obiettivi o camere oscure.
Ma per quanto il software si stia evolvendo una cosa è certa: qualche piccolo residuo di hardware necessario a sostenere l’elaborazione, l’analisi e la visualizzazione dei dati lo manterremo. Senza hardware possiamo dimenticarci digitalizzazione dei servizi, cloud, intelligenza artificiale, interoperabilità dei dati, realtà virtuale e aumentata. Possiamo evitare di parlare di piattaforme abilitanti, 5G, connettività e molto altro ancora.
Il ruolo dell’Italia nel contesto europeo
L’Italia potrebbe portare il suo contributo nel rendere operativa questa visione. Il nostro stivale si trova in una posizione ideale nel mediterraneo, tra Balcani, Africa e America Latina.
I cavi sottomarini vanno potenziati perché la richiesta di connettività dei paesi menzionati – e anche la nostra- sta aumentando. Contrariamente ad altri settori in questo caso possiamo portare in dote l’industria. Aziende altamente competitive che da anni lavorano nella posa di cavi-dati sottomarini e nella lavorazione delle fibre ottiche.
L’Europa è pronta a sostenere nuovi progetti. Prova ne è il Consiglio Affari Esteri del 12 luglio che invitava “gli Stati Membri a presentare nuovi progetti strategici di connettività nel quadro della programmazione 2021-2027”.
I progetti IPCEI
Ma possiamo osare di più. L’Europa sostiene una tipologia di progetti chiamati IPCEI (importanti progetti di interesse comune europeo) nei quali le aziende degli Stati Membri vengono indirizzate verso lo sviluppo di nuove tecnologie. Grazie a dei fondi messi a disposizione, dal Ministero dello Sviluppo Economico, in Italia abbiamo indirizzato gli IPCEI per sostenere attori che operano nel settore delle batterie, dei microprocessori, dell’idrogeno. Io stessa quando ero al governo ho insistito per indirizzare questo genere di sostegno verso nostre aziende che operano nelle tecnologie Cloud ed Edge – tecnologia che decentralizza l’elaborazione dei dati dai data center ai dispositivi migliorandone la velocità e abbattendo i costi. Ma oggi l’Italia potrebbe guardare a un nuovo settore. Di nicchia, complesso ma indispensabile.
Il settore dell’HPC
Il settore dell’HPC (high performance computing) ossia computer ad alte prestazioni utili per lo sviluppo della transizione ecologica e di settori innovativi come l’intelligenza artificiale. Anche qui abbiamo le carte in regola. Abbiamo un’industria in posizione di leadership europea e mondiale con aziende eccellenti. Abbiamo competenze più che adeguate nel settore grazie all’università e una richiesta che aumenterà nel tempo perché legata alla capacità e velocità di elaborazione di grandi quantità di dati e informazioni.
Stesso modello della connettività, stesso potenziale italiano. A patto però che la Commissione Europea si doti di risorse addizionali oltre l’orizzonte di Next Generation EU (2026), perché il digital decade – visione e prospettive per la trasformazione digitale dell’Europa presentata il 9 marzo 2021 dalla Commissione Europea – guarda al 2030.
Al Governo Draghi il difficile ma inevitabile compito di surfare l’onda.