Il dibattito in atto sull’equo contributo che gli operatori europei di telecomunicazioni richiedono agli OTT per potenziare le loro reti e far fronte alla crescita del traffico internet rischia di polarizzare l’attenzione su aspetti puramente economici limitando l’analisi delle opzioni infrastrutturali che permetterebbero di affrontare concretamente il tema della sostenibilità delle reti di telecomunicazioni rispetto alla crescita della domanda di servizi multimediali di alta qualità e quindi dei volumi di traffico.
Sul tema, la Ue si appresta a lanciare una consultazione pubblica, di cui comincia a circolare una prima bozza: ne esamineremo i contenuti, non senza prima fornire, però, un’analisi del mercato, delle visioni contrapposte di telco e OTT e dell’attuale quadro regolamentare, per poi riflettere anche su un possibile approccio infrastrutturale.
Nuove reti veloci, l’Ue punta sul contributo delle Big Tech, ma la strada è in salita
Lo scenario attuale
Il progresso tecnologico e la crescente disponibilità di contenuti distribuiti su rete IP hanno portato, negli ultimi anni, ad una inesorabile crescita del traffico generato a livello globale. Il traffico medio mensile in Europa è più che decuplicato in dieci anni (axon, n.d.) ed è destinato ad aumentare ulteriormente, anche in virtù della crescente disponibilità e pervasività di reti di accesso a banda ultra-larga, quali le reti mobili 5G e la tecnologia FTTH.
Tale fenomeno è riconducibile prevalentemente agli effetti combinati della progressiva diffusione di servizi multimediali, alla sempre crescente qualità dei contenuti stessi e alla notevole diffusione di dispositivi in grado di supportare la fruizione di tali contenuti. A titolo esemplificativo si evidenzia come un video in definizione standard richieda una connessione da pochi Mbps, uno in 4K fino a 20-30 Mbps, e come la futura implementazione di tecnologie come AR o VR possa richiedere fino a 200 Mbps. Inoltre, si riscontra come più del 70% del traffico dati a livello globale sia riconducibile a contenuti di tipo video, social e gaming.
È quindi facile comprendere come la maggior parte del traffico globale trasportato dalle reti di telecomunicazioni sia riconducibile solamente a sei grandi aziende, generalmente proprietarie di servizi OTT (Over-The-Top) di streaming multimediale.
(axon, n.d.)2021
È dunque da queste premesse che nasce il dibattito sul “fair contribution” (o “direct compensation”) tra gli OTT, che creano i contenuti e ne raccolgono i relativi guadagni, e gli operatori di telecomunicazioni, responsabili della realizzazione e gestione delle infrastrutture di rete per la distribuzione dei contenuti agli utenti finali.
La posizione degli operatori
L’incremento del traffico da trasportare, e la conseguente necessità di evitare fenomeni di saturazione, comporta per gli operatori di telecomunicazioni la necessità di potenziare le proprie reti. Infatti, se è vero che le reti di accesso non vengono dimensionate in base alla quantità di traffico da trasportare – almeno nel caso delle connessioni a banda ultralarga, che sono nella maggior parte dei casi sovradimensionate rispetto alle necessità medie attuali – lo stesso non si può dire delle reti di aggregazione e di core.
Il potenziamento delle reti genera, per gli operatori, un aumento dei costi di sviluppo, gestione e manutenzione delle infrastrutture, poiché per gestire volumi maggiori di traffico è necessario dispiegare infrastrutture di rete più capillari e capacitive, che tipicamente determinano maggiori oneri di manutenzione e maggiori consumi in termini di energia elettrica. L’incremento nei costi di sviluppo, gestione e manutenzione delle reti, valutato congiuntamente agli effetti dell’inflazione e all’aumento del costo di materie prime ed energia, determina una vera e propria erosione dei margini di guadagno degli operatori, che lamentano l’impossibilità di sostenere la situazione nel lungo periodo. In tal senso, in Italia risulta emblematica la posizione di TIM, che sostiene – nell’ambito di un position paper (TIM PP, n.d.) – come lo scenario attuale delle reti sia a fallimento di mercato.
Nell’ambito di un recente studio di Axon commissionato dalla European Telecommunications Network Operators’ Association (ETNO), gli operatori europei hanno presentato agli enti regolatori la richiesta di valutare l’introduzione di un meccanismo di compensazione – il fair contribution – per l’utilizzo che gli OTT fanno dell’infrastruttura di rete per distribuire i contenuti multimediali ai propri utenti. L’appello agli enti regolatori scaturisce dall’impossibilità da parte degli operatori di mutare autonomamente lo scenario di mercato, a causa dello scarso potere contrattuale detenuto nei confronti dei colossi tecnologici.
Nell’ambito dello studio, vengono inoltre stimati i possibili effetti economici, sociali e ambientali dell’applicazione del fair contribution in Europa. In particolare, Axon stima che in virtù di una partecipazione annua da parte degli OTT ai costi di sviluppo ed esercizio dell’infrastruttura di telecomunicazioni, in Europa si potrebbero riscontrare benefici economici, sociali e ambientali notevoli. Tali benefici sarebbero raggiunti tramite l’utilizzo da parte degli operatori degli ulteriori fondi per investire in reti più capillari, nonché più efficienti e sostenibili dal punto di vista energetico. La tabella seguente schematizza i benefici stimati da Axon in tre diversi scenari di contribuzione.
La posizione degli OTT
Viceversa, gli OTT sostengono che un meccanismo di fair contribution sia, oltre che non necessario, dannoso per il paradigma che sostiene Internet. In primo luogo, gli OTT sostengono che a generare traffico non siano le piattaforme, bensì gli utenti: se gli utenti richiedono contenuti specifici significa che questi hanno un valore e, dunque, l’investimento degli OTT per lo sviluppo della rete è da identificarsi in quello speso per la produzione di tali contenuti multimediali. Lo sviluppo dei Content Provider negli anni avrebbe quindi incentivato l’adozione di infrastrutture sempre più performanti e l’acquisto di abbonamenti dagli operatori di rete (OTT PP, n.d.).
In secondo luogo, gli OTT sostengono che un meccanismo di compensazione potrebbe violare le regole europee per la net neutrality: i grandi operatori nazionali potrebbero trovarsi ad avere il monopolio della rete di accesso ed usarla come leva per costringere i Content Provider a passare dalle loro infrastrutture e pagare quindi una “tassa di terminazione”. La net neutrality non è un argomento nuovo nella relazione tra operatori e giganti tech: già nel 2022 Deutsche Telekom ha intentato causa contro Meta poiché quest’ultima si è rifiutata di continuare a pagare una quota annuale (che pagava sin dal 2018) per l’utilizzo delle infrastrutture di rete di proprietà dell’operatore. Secondo Meta, l’imposizione del pagamento di una tale fee violerebbe la neutralità di Internet.
In aggiunta, gli OTT sostengono che l’adozione del fair contribution potrebbe in futuro disincentivare gli investimenti che essi sostengono oggi per migliorare l’efficienza e la qualità dei propri servizi, quali ad esempio gli investimenti per le attività di ricerca e sviluppo di nuovi algoritmi di compressione – fondamentali per assicurare un’ottima qualità dell’immagine minimizzando la dimensione dei file – e gli investimenti per l’utilizzo di reti di Content Delivery (CDN) – necessarie per portare i contenuti più vicini agli utenti finali e ridurre il trasporto superfluo di dati.
Al fianco degli OTT, in opposizione all’ipotesi dell’introduzione del meccanismo di fair contribution, si schierano gli Internet Exchange Point (IXP). Euro-IX, l’associazione europea degli IXP, sostiene infatti in una propria lettera aperta alla Commissione Europea che una regolamentazione a favore del fair contribution porterebbe ad un aumento dei costi delle interconnessioni e a una riduzione della loro densità e qualità, nonché alla generazione di debolezze sistemiche nell’infrastruttura di rete europea (ixp, n.d.).
L’attuale quadro regolamentare
Ad oggi non esiste alcuna normativa europea che regolamenti eventuali aspetti economici delle interconnessioni tra Telco e OTT, che spesso risultano intermediate da CDN provider responsabili della diffusione dei contenuti degli OTT a livello internazionale. Il modello prevalente di interconnessione si basa su accordi di peering “settlement free”, e più raramente tali interconnessioni possono essere realizzate direttamente all’interno dei nodi di rete degli operatori[1]. Tuttavia, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi – che attua la direttiva (UE) 2018/1808 – prescrive che “i parametri di regolarità del servizio e qualità delle immagini devono essere assicurati dai fornitori di servizi media audiovisivi […] al fine di garantire l’integrità della rete e soluzioni di interconnessione e modalità di distribuzione del traffico volte ad evitare fenomeni di congestione della rete […] secondo modalità proporzionali alla tipologia di servizio”, imputando in tal modo agli OTT la responsabilità di adottare modelli di interconnessione che prevengano la congestione del traffico all’interno delle reti degli operatori.
Il parere del BEREC
Il Body of European Regulators for Electronic Communications (BEREC), ha rilasciato un proprio parere circa il meccanismo di “compensazione diretta” proposto dai membri di ETNO (berec, n.d.). Il BEREC non ha trovato alcuna prova che tale meccanismo sia giustificato alla luce dello stato attuale del mercato e ritiene che la proposta dei membri dell’ETNO possa presentare diversi rischi per l’ecosistema di Internet. In particolare, il BEREC evidenzia come Internet abbia nel tempo dimostrato la propria capacità di auto-adattarsi a condizioni mutevoli – come l’aumento del volume di traffico e il cambiamento dei modelli di domanda – senza necessità di interventi regolamentari, e come i costi di aggiornamento delle reti degli operatori necessari a gestire un aumento del traffico siano molto inferiori rispetto ai costi totali della rete. Il parere è comunque preliminare, e una risposta definitiva sarà rilasciata solo a seguito della conduzione di una analisi approfondita dello scenario.
La Consultazione pubblica Ue
Nei giorni scorsi è circolata in rete una prima bozza della consultazione pubblica che la Commissione Europea pubblicherà a breve al fine di valutare il futuro del settore della connettività e l’eventuale previsione di un meccanismo di compensazione diretta che gli OTT dovrebbero versare alle Telco con le quali si interconnettono. In accordo alla bozza circolata, le prime tre sezioni sono tese a ricostruire il contesto prospettico in cui andrebbe a collocarsi una eventuale misura di fair contribution.
In particolare, la prima sezione è volta a qualificare e quantificare l’impatto prospettico sull’assetto delle reti di telecomunicazione ed i relativi business model delle tendenze in atto nel settore tecnologico nei prossimi 10-20 anni, quali ad esempio virtualizzazione delle reti, edge cloud, intelligenza artificiale, satelliti low orbit, 6G, blockchain, crittografia quantistica, incremento della durata delle batterie, ecc.
La seconda sezione è tesa a valutare l’efficacia nel medio periodo dell’attuale regolamentazione circa la fornitura del servizio universale, ovvero la fornitura a prezzi adeguati dei servizi “minimi” voce e accesso Internet a banda larga a tutti i cittadini dell’Unione. In particolare, gli stakeholder sono chiamati ad esprimersi in relazione all’eventuale revisione delle tipologie di servizi da includere nel servizio universale e la potenziale evoluzione delle misure volte a garantire la disponibilità e l’adeguatezza del prezzo di tali servizi, es. il tetto ai prezzi delle chiamate.
La terza sezione è volta a valutare le barriere residue alla effettiva costituzione di un Digital Single Market per i servizi di comunicazione elettronica in Europa ed eventuali barriere emergenti dovute all’evoluzione dello scenario tecnologico. L’ultima – e più corposa – sezione è focalizzata sull’ipotesi di introduzione di un meccanismo di fair contribution. In tale sezione, la Commissione prende atto delle posizioni contrapposte di operatori e OTT e ricolloca il dibattito nell’ambito della “Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale”, che mira a promuovere e proteggere Internet in qualità di rete neutra e aperta, in cui le applicazioni, i servizi e i contenuti non siano bloccati o degradati in modo ingiustificato, e che richiede che tutti i gli stakeholder del mercato che traggono vantaggio dalla trasformazione digitale si assumano le proprie responsabilità sociali e contribuiscano in modo equo e proporzionato ai costi delle infrastrutture, dei servizi e dei beni pubblici, a beneficio di tutte le persone che vivono nell’UE. Alla luce di ciò, la Commissione indaga l’effettivo rapporto tra l’aumento dei volumi di traffico dovuto agli OTT e trasportato dagli operatori e gli investimenti che questi ultimi hanno sostenuto e dovranno ancora sostenere per ampliare le proprie infrastrutture. In aggiunta, la Commissione identifica come soggetti che potrebbero farsi carico del fair contribution i “Large Traffic Generator” (LTG), ovvero soggetti che generano notevoli quantità di traffico, chiedendo agli stakeholder di quantificare la soglia oltre la quale un OTT si qualifichi come LTG, e si interroga sui soggetti che potrebbero andare a beneficiare della misura.
Infine, la Commissione mette in esame due modalità di implementazione del fair contribution: una prima modalità prevederebbe il pagamento diretto da parte degli LTG a favore dei fornitori di comunicazioni elettroniche, mentre la seconda modalità prevederebbe la creazione di una tassa/fondo europeo o nazionale a sostegno del digitale che andrebbe a finanziare lo sviluppo delle reti e a tutelare i consumatori finali più deboli. Tale consultazione potrebbe articolarsi in più fasi e lo scontro tra le parti si preannuncia aspro, vista l’entità e la rilevanza degli interessi in discussione.
Il caso della Corea del Sud
In ambito regolamentare, vale la pena riportare il caso della Corea del Sud dove è in vigore da qualche anno il meccanismo Sender Party Network Pays (SPNP), secondo il quale chiunque (ISP o OTT) innesti traffico nella rete di un ISP sia soggetto ad una fee, solitamente proporzionale ai volumi di traffico o al dimensionamento delle interconnessioni. Questo meccanismo muta profondamente gli equilibri di Internet, soprattutto per i player che vogliono raggiungere la Corea del Sud da altri Paesi, ed è molto dibattuto: gli OTT sono estremamente contrari ad adottare politiche simili in Europa e, secondo la Internet Society, il meccanismo SPNP violerebbe i principi fondamentali di Internet (korea, n.d.). Alcune grandi aziende tech si sono già scontrate con questa politica: nel 2017 Facebook ha spento una sua CDN sud-coreana in seguito alla richiesta proveniente dall’operatore Korea Telecom di pagare una fee per il significativo traffico proveniente dall’azienda. Similarmente, nel 2022 l’operatore SK Telecom ha intentato causa a Netflix per aver generato un traffico 24 volte superiore a quello mediamente generato dall’OTT in occasione l’uscita della serie TV di successo “Squid Game”, senza corrispondere all’operatore alcun pagamento addizionale (sk netflix, n.d.). A subire le conseguenze di queste dispute sono spesso gli utenti, per i quali la latenza e la qualità dei servizi vengono a peggiorare. Occorre comunque precisare che il meccanismo di fair contribution presenta differenze significative rispetto al paradigma SPNP; infatti, non riguarderebbe tutti i soggetti che trasmettono traffico sulle reti ma si applicherebbe esclusivamente ai grandi player OTT. Per fare un esempio concreto, due ISP Sud-Coreani interconnessi tra loro sono soggetti al pagamento reciproco delle fee relative al SPNP, situazione evidentemente non prevista da un meccanismo di compensazione diretta.
L’approccio infrastrutturale
Il dibattito sul fair contribution rischia di sviare l’attenzione dal tema infrastrutturale, che potrebbe risultare dirimente al fine di risolvere i problemi di congestione nelle reti di telecomunicazione causati dalla necessità di trasportare enormi volumi di contenuti multimediali.
I modelli di interconnessione tra gli OTT e gli operatori, anche intermediati da CDN Provider, realizzati presso gli Internet Exchange Point, o comunque nei grandi hub di interconnessione privati, permettono di fruire dei contenuti resi disponibili tramite cache o application server (dell’OTT o del CDN Provider) collocati a livello nazionale o europeo, ma non risultano efficaci nel risolvere i problemi di congestione delle reti core.
Il punto di svolta tecnologico potrà essere rappresentato dalla diffusione del paradigma di Edge Caching, che permette agli OTT di rendere disponibili i contenuti multimediali sul territorio nazionale tramite l’utilizzo di server distribuiti all’interno delle reti degli operatori. Di fatto, il paradigma di edge caching sfrutta il concetto di CDN estendendolo: idealmente le Edge Cache sarebbero dispiegate all’interno dei nodi di aggregazione (o in alcuni casi di accesso) delle reti degli operatori, in modo da ridurre significativamente il traffico diretto verso le infrastrutture di core, rendendo disponibili i contenuti in prossimità degli utenti finali.
La ridotta distanza tra contenuti e utenti finali permette di offrire servizi OTT con qualità significativamente superiore, poiché le prestazioni di tali servizi sono fortemente influenzate da parametri trasmissivi quali la latenza e il tasso di perdita di pacchetti, che migliorano drasticamente riducendo la distanza di rete tra il contenuto e l’utente che ne fruisce. In aggiunta, oltre alle funzionalità di caching, i nodi edge permettono di ospitare application server di terze parti, con lo scopo di decentralizzare e distribuire la capacità di calcolo e ridurre i tempi di risposta delle interazioni client – server; tale funzionalità potrebbe ad esempio essere sfruttata per fornire servizi più evoluti quali ad esempio gaming online e metaverso.
Una rete capillare di edge server potrebbe quindi migliorare in modo significativo l’efficienza della rete, portando benefici sia agli operatori, in termini di minor traffico sul proprio backbone, sia agli OTT, in termini di incremento della qualità dell’esperienza offerta agli utenti finali.
In tale contesto potrebbe emergere la possibilità per alcuni soggetti infrastrutturati di offrire servizi in qualità di neutral host: soggetti che implementano un’infrastruttura di Edge Cache interconnessa contemporaneamente alle reti di più ISP. Si tratta, di fatto, di replicare il modello commerciale delle CDN Globali su scala nazionale, così che gli OTT invece che acquistare e distribuire apparati di edge caching proprietari all’interno delle reti degli operatori possano affidarsi a soggetti terzi e conseguire notevoli efficienze derivanti dalla condivisione delle infrastrutture. L’interconnessione tra l’Edge Cache del Neutral Host e le reti degli ISP può avvenire a diversi livelli gerarchici delle reti, in modo da poter assecondare i differenti requisiti prestazionali provenienti dai vari OTT. Ad esempio, un servizio di live streaming 4K di eventi sportivi ad elevata audience potrebbe prevedere il posizionamento e l’interconnessione delle edge cache a livello di aggregazione o addirittura di accesso, mentre un servizio Video on Demand con un potenziale di utenza ridotto potrebbe “accontentarsi” di un’interconnessione nei nodi Core.
Conclusioni
Il dibattito sul fair contribution è destinato a tenere banco per molto tempo e sicuramente qualsivoglia sarà la direzione che la Commissione Europea prenderà al termine della consultazione, il partito degli scontenti sarà pronto a dare battaglia. Tale dibattito, come abbiamo visto, rischia però di distogliere l’attenzione dalle opzioni infrastrutturali che consentirebbero un potenziamento sostenibile delle reti.
Dal punto di vista infrastrutturale, la decentralizzazione di applicazioni e contenuti attraverso il dispiegamento pervasivo e capillare di nodi di edge caching emerge come soluzione vincente e possibile punto di equilibrio, in grado di perseguire sia gli interessi degli OTT, che potranno offrire ai propri clienti servizi di qualità maggiore, che gli interessi degli operatori di telecomunicazioni, che vedranno una riduzione del traffico nelle proprie reti di backbone con conseguenti benefici a livello tecnico ed economico.
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- Questo secondo modello è perseguito da Netflix attraverso il programma “Open Connect” e, più recentemente, da DAZN con il dispiegamento della piattaforma DAZN Edge. ↑