Quando un paio di anni fa in Italia si cominciò a discutere di Open data e delle loro potenzialità, lo scetticismo, condito da una buona dose di sospetto, fu senza dubbio la reazione più diffusa. Molti consideravano il rilascio dei dati un’operazione per soli smanettoni, per altri si riduceva ad un capriccio di politici ed amministratori affamati di novità e notorietà. I più lo ritenevano un processo inutilmente dispendioso e inconcludente.
Oggi, a distanza di poco tempo ma di tanto, tantissimo lavoro, la lungimiranza dei pochi sta raccogliendo importantissimi frutti, e soprattutto il successo dell’operazione open data apre a nuove ed ulteriori prospettive. Si può affermare, senza timore di smentita, che il rilascio dei dati da parte delle pubbliche amministrazioni aumenta la trasparenza, la condivisione, la partecipazione, l’efficienza, l’innovazione, e consente l’erogazione di servizi differenti e sempre più efficienti alla cittadinanza, nonché incentiva lo sviluppo economico e sociale del territorio dando l’opportunità ad imprese, gruppi e ricercatori di realizzare nuove applicazioni e favorendo la creazione di opportunità economiche con l’utilizzo o il riutilizzo delle informazioni fornite.
Cito, a titolo esemplificativo, il processo avviato a Lecce, dal titolo emblematico di #chedativuoi, sondaggio permanente che consente di dare priorità di rilascio in base all’attenzione e soprattutto alla domanda del “mercato”, cioè cittadini e stakeholders. In particolare gli ordini professionali partecipano attivamente richiedendo i dati utili alle loro attività. #Chedativuoi si è rivelato un ottimo ponte tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione, dacché ha favorito la partecipazione della città al governo della cosa pubblica e la fruizione dell’informazione prodotta dal settore pubblico, nonché la creazione di nuove occasioni per riflettere insieme sulle implicazioni e sulle prospettive di ricaduta positiva per tutta la cittadinanza. Un esempio, fra i tanti altri realizzati su tutto il territorio nazionale, di un processo virtuoso ed utile per tutti i soggetti coinvolti.
Alla luce dei risultati raggiunti e delle potenzialità ancora inespresse, c’è ancora spazio per nuove sfide e nuovi traguardi. I Comuni, in particolare, sono chiamati ad uno sforzo ulteriore. Dopo aver aperto i propri archivi, dovrebbero attivarsi per incentivare il riuso dei dati, ad esempio attraverso la l’organizzazione di contest che favoriscano la partecipazione e la condivisione fra i cittadini. Sarebbe opportuno, inoltre, che gli stessi attivassero collaborazioni con altre amministrazioni o enti territoriali per aggregare i dati in loro possesso, Uno dei limiti attuali, che abbiamo dunque il dovere di superare, è proprio la frammentarietà e disorganicità delle informazioni: penso, ad esempio, a come si potrebbe offrire una panoramica più completa ed esaustiva se si integrassero i dati comunali con quelli delle Camere di Commercio, ARPA, SUAP, o altro, in un contenitore unico territoriale, una Federazione degli Open Data, da affiancare a quello nazionale (dati.gov.it).
Incoraggiare la partecipazione attiva e favorire la completezza ed attualità del dato diventano, così, i nuovi traguardi di un processo che, lungi dall’essere “inutilmente dispendioso ed inconcludente”, si sta rivelando, al contrario, mezzo per aumentare l’efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione, strumento per costruire reti e generare economia, occasione di crescita sociale ed economica.