Agcom, l’Autorità garante per le telecomunicazioni, il 4 marzo scorso ha annunciato finalmente la pubblicazione di un documento con le Linee Guida in materia di accesso ai condomini per la realizzazione di reti in fibra ottica, arrivata poi (ben) 20 giorni dopo, oggi 24 marzo.
Ebbene, abbiamo bisogno estremo, come Paese, di accelerare su questo fronte grazie a semplificazioni burocratiche, come detto in audizione dallo stesso nuovo ministro del Mise Giancarlo Giorgetti (e sostenuto da anni da Asstel).
Un percorso che parte da lontano
Ecco perché l’arrivo delle linee guida è una buona notizia.
La vicenda giunge alla fine di un percorso che comincia oltre sei anni fa, ovvero precisamente l’11 novembre 2014, con l’approvazione della Legge n. 164, con cui il Governo italiano recepiva la Direttiva europea sulle reti a banda larga.
Reti Vhcn pilastro del PNRR: le semplificazioni che servono subito
La Legge, lo ricordiamo perché è passato un bel po’ di tempo, andava a modificare il Testo Unico dell’edilizia, introducendo con l’art. 135 bis l’obbligatorietà della predisposizione alla banda larga dei nuovi edifici e di quelli profondamente ristrutturati, la cui licenza edilizia fosse stata rilasciata dopo il primo luglio 2015, mediante l’installazione di un cosiddetto “impianto multiservizio”, ovvero un sistema di cablatura multifibra proprietario.
Ciò significa, stando ai dati ISTAT, che a oggi dovremmo avere in Italia circa 240 mila edifici dotati di questi impianti, cosa evidentemente lontanissima dalla realtà per mille ragioni, non ultima quella che le Telecom spesso si sono rifiutate di usare anche quei pochi che erano stati realizzati, adducendo problematiche in parte vere e in parte costruite pretestuosamente.
Rimane il fatto che la Guida CEI 306-2, ovvero la Guida al cablaggio per le comunicazioni elettroniche negli edifici residenziali (tutti!), che traccia le caratteristiche tecniche di tali impianti, risulta doppiamente disattesa, sia da chi non ottempera agli obblighi di legge, privando gli edifici nuovi di opere di urbanizzazione primaria, sia da chi realizza tratte di rete che non rispettano tali specifiche tecniche.
Una materia di difficile interpretazione
Danno e beffa, verrebbe da dire, al punto che su questo argomento si è discusso fino all’esaurimento in un tavolo tecnico del MISE per quasi due anni e che, alla fine, stanche della palude in cui ci si era infilati, hanno preso la parola le professioni tecniche, con un documento della loro Rete presentato alle Commissioni IX e X della Camera circa un mese fa. Il documento chiede in sintesi di fare una buona volta chiarezza in questa materia che l’Autorità stessa definisce “di difficile interpretazione” e propone di fissare una volta per tutte gli ambiti pertinenziali delle diverse tratte della rete BUL sulla base del diritto di proprietà. Anche perché dietro alla confusione si cela un numero inquietante, ovvero un misero 8% di connessioni in modalità FTTH nel Paese che, stando al recente Digital Compass 2030 della Comunità Europea, dovrebbero diventare in meno di nove anni il 100% per garantire un gigabit/sec di velocità di trasmissione dati.
Le linee guida Agcom
Bene, nel quadro di questo scenario di contrapposizioni e veti incrociati, arriva il 4 marzo il Comunicato Agcom che annuncia (un po’ in ritardo se proprio si vuole…), di aver steso delle linee guida in materia di accesso ai condomini per la realizzazione di reti in fibra ottica e di voler aprire quanto prima una consultazione pubblica al riguardo, aperta a tutti i soggetti interessati.
Nemmeno a dirlo, una notizia che ha subito suscitato l’interesse di tutti gli stakeholder o, meglio sarebbe dire, dei contendenti la preziosa (e complicata) tratta verticale d’edificio.
Agcom nel comunicato definisce queste linee guida “uno snodo essenziale per realizzare gli obiettivi strategici di connettività fissati per il 2025 dalla comunità Europea”; obiettivi peraltro già superati, come si diceva, dal più recente Digital Compass 2030.
Il tema della guida sembra essere il definire se e come un operatore possa raggiungere l’utente finale con un impianto totalmente in fibra ottica. Al riguarda va subito detto che da quanto si legge sul comunicato, queste linee guida sembrano escludere quegli edifici in cui si trovi già un impianto in fibra ottica, ovvero, presumibilmente, un impianto multiservizio ai sensi dell’art. 135/bis del T.U. dell’edilizia. Tali impianti, sembra di dedurre, andranno quindi a costituire a tutti gli effetti una tratta della rete BUL.
Va detto che se quanto sopra fosse confermato, questi impianti dovrebbero anche essere accatastati nel SINFI (Catasto delle infrastrutture). Cosa oggi impossibile, dal momento che il tracciato realizzato e gestito da Infratel appare incompleto lato gestori privati.
Tutto ciò sembrerebbe confermato dall’affermazione che l’Autorità “raccomanda di evitare la inutile duplicazione della rete in fibra ottica dell’immobile, invitando gli operatori a utilizzare l’infrastruttura presente”. E vivaddio era ora. Ci sono voluti sei anni per andare a stabilire, sembra, questo principio di assoluto buonsenso.
Le tlc verso una nuova era?
Ma appare significativo il successivo passaggio del comunicato, in cui si afferma una cosa che sembra lapalissiana ma non lo è, ovvero che “le opere vanno realizzate a regola d’arte e nel rispetto della normativa tecnica vigente…”. Questo passaggio, tradotto, significa che gli impianti che devono essere realizzati all’interno di tutti gli edifici devono rispondere ai criteri descritti nella Guida CEI 306-2, già citata, ovvero devono essere tutti impianti multiservizio. Se questo fosse confermato nel testo della guida sarebbe una autentica rivoluzione, perché significherebbe la fine del cavo monofibra tirato dagli operatori dalla base dell’edificio alla casa dell’abbonato e l’inizio, forse, di una nuova era delle TLC, perché nessun operatore, probabilmente, avrà interesse a realizzare un impianto multiservizio in un edificio, ma si limiterà ad utilizzare quelli realizzati dai proprietari, ovvero dagli unici davvero interessati a razionalizzare ed espandere le potenzialità della rete interna di trasmissione dati di un immobile.
Questo, darebbe l’avvio a un’architettura di rete del tutto nuova, con gli operatori che lavorano in modalità FTTB, portando la fibra al ROE (Ripartitore Ottico d’Edificio), mentre la parte di distribuzione interna ricadrebbe sotto la responsabilità dei proprietari immobiliari, esattamente come accade oggi con tutte le altre commodities. Un approccio, quindi, pertinenziale, verrebbe da dire, come quello suggerito dalla Smart Building Alliance in una recente lettera al Ministro Giorgetti.
La partita a questo punto diventerebbe un’altra, ovvero stimolare i proprietari di immobili a rinnovare i propri impianti velocemente, con strumenti analoghi a quelli già adottati per accelerare l’efficientamento energetico, partendo dalla considerazione che la connettività è uno degli elementi che favoriscono anche l’accesso a tecnologie in grado di migliorare sensibilmente le performance energetiche di un edificio.
Ora, attendiamo l’esito della consultazione pubblica sulle linee guida.