Lo sviluppo dell’FTTH (Fiber-To-The-Home), della fibra ottica completa, in Italia è in ritardo e lo stato delle cose impone un’attenta riflessione. Appare infatti evidente che, sebbene il ritardo fosse stato ampiamente previsto dagli addetti ai lavori, la situazione non potrà sbloccarsi senza un intervento pubblico sia sul fronte della domanda che su quello dell’offerta.
E, in ogni caso, con le attuali velocità di sviluppo (peraltro assolutamente in linea con gli andamenti europei come evidenziato dal nuovo indice DESI – Digital Economy and Society Index del 2019 – relativo al solo FTTH – Figura 2) possiamo aspettarci di raggiungere gli obiettivi di copertura FTTH prefissati solo dopo il 2030.
Dai dati Infratel due verità incontrovertibili
Un quadro ben definito della situazione è reso innanzitutto dai dati pubblicati da Infratel Italia sull’esito della consultazione pubblica nelle ‘aree grigie e nere 2019’ emergono due verità incontrovertibili.
La prima è che lo sviluppo dell’FTTH (Fiber-To-The-Home) è in ritardo rispetto a quanto dichiarato dagli stessi operatori nella consultazione precedente del 2017: era prevista a fine 2018 la copertura di circa 2.5 milioni di numeri civici ed invece abbiamo registrato un consuntivo appena superiore ai 2 milioni – circa il 18% in meno (Figura 1).
Figura 1 – Consultazione Infratel Aree Grigie e Nere 2019
La seconda è che, pur avendo aggiunto un anno alla consultazione pubblica – richiedendo agli operatori la copertura FTTH attesa al 2021- il numero di unità immobiliari/numeri civici previsto non si discosta in maniera sostanziale da quello previsto per il 2020 nella consultazione precedente.
Corre l’obbligo di evidenziare che il ritardo nella realizzazione dell’FTTH era ampiamente previsto dagli addetti ai lavori: l’esperienza concreta di sviluppo di tali progetti evidenzia notevoli difficoltà realizzative, di natura sia tecnica sia amministrativa, non tutte ipotizzabili a priori.
Fermo lo sviluppo FTTH
Al contrario, il ritardo nei piani di sviluppo dell’FTTH – sostanzialmente fermi – impone un’attenta riflessione. Infatti, su circa 20 milioni di civici sottoposti a consultazione (su un totale di 32 milioni, 12 sono aree bianche già coperti da bandi pubblici orientati allo sviluppo principalmente di FTTH), gli operatori che hanno risposto prevedono una copertura FTTH al 2021 solo per 6.5 milioni (pari al 32.7%). Nella precedente consultazione pubblica del 2017, tale percentuale era pari al 28% per il 2020: ne consegue che l’aumento di copertura previsto dagli operatori in un anno sia inferiore al 5%. Con tale andamento, arriveremmo alla copertura del 95 % del paese con FTTH al 2035.
Inoltre, guardando i piani dei principali operatori infrastrutturali del paese sull’accesso fisso si può notare che – a parte Open Fiber – nessuno ha deciso di sviluppare l’FTTH; anzi, al contrario, sembrano preferire altre tecnologie quali il FWA (fixed wireless access) nelle sue diverse articolazioni o il bonding (che sfrutta ancora il rame esistente).
In particolare:
- Fastweb ha sostanzialmente congelato gli sviluppi FTTH e FTTC, puntando decisamente verso il FWA modello Verizon con uno sviluppo pari a 8 milioni di unità immobiliari (pari al numero di unità immobiliari che Fastweb ha attualmente in FTTH e FTTC).
- TIM sembra invece aver dato priorita’ allo sviluppo del 5G e, contemporaneamente, ha lanciato il FWA su 4G – seppur limitato alle aree industriali. Certamente, la priorità ad oggi sembra essere un accordo con Open Fiber, piuttosto che un’accelerazione nello sviluppo dell’FTTH.
- Open Fiber è impegnata nell’esecuzione di un piano che, tra aree nere ed aree bianche dei bandi pubblici, sembra impegnare il limite della propria capacità realizzativa; difficile pensare di poter chiedere loro ulteriori sforzi di accelerazione.
Il contributo dei piccoli operatori
Infine, per quanto riguarda il contributo che può essere fornito dai piccoli operatori, esso è certamente cresciuto negli anni ma con un focus prevalentemente orientato alle aree industriali che sembrano garantire una profittabilità decisamente superiore rispetto al mondo residenziale. La Commissione Europea stessa sta puntando sul coinvolgimento del sistema dei piccoli operatori per velocizzare il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali dell’agenda europea. La recente promozione del fondo infrastrutturale CEBF (Connecting Europe Broadband Fund) in collaborazione con le principali Casse di deposito europee – tra cui la nostra CDP – va in questa direzione: infatti, gli investimenti previsti per i singoli progetti si attestano tra i 5 e i 30 milioni di euro limitando l’interesse dei grandi operatori a favore dei piccoli. A testimonianza di ciò, in tutta Europa i progetti che si sono avvalsi del supporto di CEBF (Croazia, Slovenia, UK) non sono stati promossi da grandi operatori, bensì da piccoli operatori locali. Pur con le opportune differenze, anche in Italia il fondo CEBF sta riscuotendo un livello crescente di interesse dei piccoli operatori.
E’ tuttavia del tutto evidente che l’apporto dei progetti lanciati dai piccoli operatori non consentirà di colmare il divario di copertura pressoché totale in FTTH rispetto all’obiettivo strategico del paese nei tempi originariamente auspicati.
Figura 2 – DESI 2019
Urgente un nuovo intervento pubblico
In tale situazione, pertanto, sembra assolutamente necessario un nuovo intervento pubblico che può, come detto più volte, dispiegarsi in due direzioni:
- da un lato, stimolando la domanda domanda attraverso l’introduzione di “voucher” per favorire la crescita dei clienti ultrabroadband FTTH e agevolare il ritorno sull’investimento per gli operatori infrastrutturali;
- dall’altro lato – come accaduto con Eurosud prima e successivamente con le aree bianche – attraverso contributi agli operatori per la costruzione di infrastrutture nelle aree a minore ritorno sull’investimento (aree grigie).
Quello che è comunque certo, indipendentemente da come si concluderà la discussione tra TIM e Open Fiber, è che esisteranno nel paese diverse reti sia passive che attive, di diversa dimensione e con diverse tecnologie che coopereranno e competeranno tra loro per un lungo orizzonte temporale, situazione a cui i paesi che hanno sviluppato la TV via cavo e il DOCSIS 3.0 come broadband sono abituati da tempo. Ed è altrettanto certo che il percorso di recupero sui nostri peer europei sara lungo e faticoso (Figura 3).