Esiste una correlazione tra la presenza della banda larga (o ultra larga) nelle aree urbane e la diffusione e il consolidamento delle politiche smart?
Sicuramente sì, ma è opportuno che ci si spieghi bene. Da queste osservazioni potremmo trarre poi alcune indicazioni per individuare i potenziali investitori e attori nella diffusione della rete ed evitare gli errori che hanno condizionato il nostro Paese per troppi anni. Vorrei allora partire da qualche dato che dimostra l’estrema confusione che regna tra di noi quando si parla di questo argomento.
Il portale di Infratel mette a disposizione –interrogando per Regione e Comune- i dati sulla diffusione attuale della banda larga e le aspettative per il 2020. Ricordo che nel 2020 l’Unione Europea prevede che ogni cittadino abbia a disposizione almeno 30 mb.
Provate ad utilizzare questo strumento di ricerca , soprattutto nel caso delle città di maggiore dimensione, concentrandovi su quelle città che, da anni provano a perseguire politiche smart. Secondo Infratel la stragrande maggioranza delle città italiane sono coperte per l’80/90% da banda larga tra i 2 e i 20 mb.
Tra 2 e 20 mb c’è una bella differenza. Quando poi si va a vedere la copertura oltre i 30 mb il divario territoriale si ampia sempre di più e si evidenzia come il nostro Paese sia in ritardo. Dati maggiormente affidabili (poiché descrivono meglio il livello di “penetrazione” del digitale in Italia) sono stati recentemente pubblicati dalla Commissione Europea. L’indice di “prestazione digitale” inchioda l’Italia al quart’ultimo posto in Europa.
Al fine di raggiungere obiettivi di smartness, e per generare “valore economico e sociale” in una smart city, di quanta banda larga avremo bisogno nei prossimi anni?
Interroghiamoci quindi sui principali utilizzi –possibili- della banda larga necessari allo sviluppo di attività che classifichiamo come smart.
Naturalmente ho elencato quattro grandi sotto settori che nei prossimi anni avranno un prevedibile sviluppo. Affinché queste tendenze abbiano successo si presuppone alla base la disponibilità di connessione ad alta velocità.
1) lo sviluppo e l’utilizzo in modo pervasivo (anche nella generazione di dati) di Internet of Things. A sua volta l’utilizzo di Internet of Things andrà grossomodo declinato secondo due grandi filoni: clothing, health, domotica –per uso privato-; reti di sensori che monitorano l’efficienza dei sottosistemi urbani (sicurezza, traffico, reti energetiche ed idriche) –utilizzo pubblico e privato. Questo mondo è in rapida espansione, soprattutto nell’utilizzo privato come dimostra il lancio di “Homekit” di Apple o i nuovi ecosistemi di elettrodomestici di Samsung. Secondo il rapporto “The Internet of Things company list 2015”, la diffusione di sistema nelle città è ancora limitata ed è molto concentrata nel mondo USA (in Europa ci limitiamo a Parigi e a Londra).
2) lo sviluppo delle interazioni tra Amministrazioni (Governance) cittadine e city user grazie alla diffusione degli smartphone e del social networking rappresenta la nuova frontiera dell’egovernment Per valutare questo ambito non non ci si limiterà solo all’offerta di servizi on line. Le esperienze del mondo anglosassone ci dimostrano che queste interazioni si sviluppano fondandosi su rapporti paritari tra le Amministrazioni e i city user. Utilizzare efficacemente le piattaforme di broadcast e streaming necessita di potenza di banda e di wireless diffuso.
3) lo sviluppo crescente del traffico di dati tra I.O.T., cittadini, amministrazioni, stakeholders economici è il fondamento per sviluppare tipici prodotti smart come le dashboard del Sindaco e dei cittadini. Queste piattaforme potranno diventare oggetto di massa solo in presenza di connettività di sistema tra i diversi soggetti interessati.
4) lo sviluppo di attività di grande valore sociale nel campo della medicina e dell’assistenza delle persone (le nuove frontiere del welfare cittadino) egualmente necessitano di banda.
Fino a qui mi sono limitato ad alcuni esempi.
Badate bene, lo sviluppo di I.O.T. genererà nei prossimi anni valore e innovazione di processo in molte imprese, nelle Amministrazioni pubbliche, cambierà inoltre –virtuosamente- i modelli di erogazione dei servizi nelle città e il monitoraggio della loro efficienza.
Tuttavia si fa ancora confusione: banda larga per chi? E, soprattutto, dove e per quali usi? La Federal Communications Commissions ha indicato al Governo USA l’obiettivo di portare la banda larga (oltre 30 mb) in 100 milioni di case entro il 2020.
Quando varchiamo la soglia di casa si mescolano e sempre di più si diffonderanno funzioni di interesse generale e funzioni legate ai servizi di uso personale.
È stato calcolato che, in una casa italiana, per far funzionare efficacemente più servizi (ad es. SKYtoGo, un download di musica o un filmato su You Tube, e un normale collegamento ai social) siano necessari almeno 20 mb effettivi.
La domanda che pongo è allora la seguente. La banda larga (o ultra larga) sarà sempre di più dedicata sia ad attività che definiremo come “servizi” (in questa categoria aggiungo anche l’utilizzo del cloud da parte delle imprese), che ad attività che definiremo di uso personale (ad es. la TV via cavo).
Ha allora senso in Italia una politica generalista per la diffusione di Internet?
Detto in parole povere: chi pagherà il successo di Netflix quando sbarcherà in Italia?