Accordo di partenariato

Fondi Ue, per i piani regionali scatta il countdown

Il 22 luglio 2014 devono presentare alle Autorità nazionali i loro piani operativi nell’ambito dell’accordo di partenariato 2014-20. Equivalgono a 1.789 milioni di euro, da raddoppiare se consideriamo il cofinanziamento nazionale e regionale. Vediamo le sfide che attendono. Intanto la Regione Lazio eletta best practice dal ministero dello Sviluppo economico

Pubblicato il 18 Giu 2014

Rossella Lehnus

Director at Deloitte Financial Advisory

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Il 22 luglio 2014 le Regioni italiane devono presentare alle Autorità nazionali i loro piani operativi in coerenza con quanto descritto nell’accordo di partenariato 2014-20. Un momento importante che segnerà un confine netto fra i progetti che potranno essere finanziati dai fondi europei per lo sviluppo regionale (FESR) dai fondi europei agricoli per lo sviluppo rurale (FEASR) e quelli che invece dovranno trovare altre risorse, di carattere prettamente nazionale o regionale, per poter essere attuati.

La partita inizia ora e l’esito segnerà il destino di tutta l’attuazione della strategia EU2020 e quindi anche di quella relativa all’Agenda digitale. Sono 1.789 milioni di euro – da raddoppiare se consideriamo il cofinanziamento nazionale e regionale – le risorse previste dall’accordo di partenariato per l’Obiettivo tematico 2, ovvero dedicate a garantire uno sviluppo bilanciato di tutte le componenti dell’Agenda digitale .

Come noto, l’Italia palesa, in questa materia, la peggiore performance europea se consideriamo lo sviluppo delle infrastrutture a banda ultralarga. Dei motivi se ne è discusso molto e dati come quelli appena pubblicati sul sito della commissione europea, relativi al “Digital Agenda Targets Progress report”, superano gli sterili dibattiti sulla carenza di domanda che non giustifica gli investimenti in costose infrastrutture immateriali. Certamente, una tale domanda non giustifica gli investimenti privati, ma il diritto di accesso a un’infrastruttura adeguata è ormai considerato appunto un diritto e i cittadini italiani sono quelli che in Europa possono esercitare meno di tutti questa facoltà. È incalcolabile e difficilmente recuperabile il danno per la competitività delle nostre imprese e degli stessi cittadini che non hanno la possibilità di sviluppare le competenze digitali adeguate a causa di carenze infrastrutturali.

Mercoledì 11 giugno, il Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali con il supporto di Infratel Italia ha organizzato una giornata di riflessione su questi temi con tutte le Regioni italiane che hanno partecipato direttamente o in videocoferenza. Un’intera giornata di studio e analisi molto costruttiva, una giornata di condivisione di quanto fatto – spesso assieme – e di quanto si dovrà fare nel prossimo settennio per raggiungere tutti i cittadini con la banda ultralarga. Il Lazio ha fatto scuola ed è stata eletta la best practice italiana.

Figura 1: Infratel Italia – presenza banda ultralarga nelle regioni e incremento grazie al Piano Strategico Banda Ultralarga del Ministero dello sviluppo economico

Solo una forte sinergia e collaborazione potrà permettere all’Italia di scalare la classifica europea. Ma dobbiamo aspettare il 22 luglio per capire se le scelte regionali saranno coerenti con quanto definito nell’accordo di partenariato e, in particolare, se risponderanno alle azioni su cui poi saranno valutate. In altre parole, nel caso dell’azione relativa alla riduzione dei divari digitali nei territori e diffusione di connettività in banda larga e ultra larga il FESR valuterà l’operato dei territori in base al loro contributo all’attuazione del «Progetto strategico Agenda digitale per la banda ultra larga» e di altri interventi programmati nei territori per assicurare una capacità di connessione ad almeno 30Mbps, accelerandone l’attuazione nelle aree produttive, nelle aree rurali e interne, rispettando il principio di neutralità tecnologica nelle aree consentite dalla normativa comunitaria.

Il FEASR, invece, è di più ampio spettro e valuterà tutti gli interventi volti a promuovere l’accessibilità, l’uso e la qualità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nelle zone rurali. Gli obiettivi e le azioni legate al FESR e al FEASR in tema di agenda digitale sono molte – dalla digitalizzazione dei processi amministrativi e interni alla diffusione di servizi digitali della PA offerti a cittadini e imprese – dalle egovernment alle interoperabilità delle banche dati pubbliche, dal potenziamento alla domanda ict all’alfabetizzazione digitale, quindi, con molta probabilità non saranno tutte esclusivamente finanziate con risorse comunitarie, ma dovranno prevedere una coerente gestione delle risorse nazionali e regionali dedicate allo scopo.

Il Lazio, invece, ha già le idee chiare e pur partendo da una situazione decisamente migliore di molte altre regioni italiane (15 Comuni che saranno coperti dalla banda ultralarga dagli operatori privati) ha deciso di pianificare da subito gli interventi per i restanti 363 Comuni bianchi della Regione. Il Lazio ha già pianificato 155 milioni di euro (iva esclusa) per garantire almeno 30 mbps a tutti i cittadini e oltre i 100 mbps a tutti i presidi pubblici sanitari, ai plessi scolastici e a tutte le sedi della PA – come descritto nel Piano Strategico della Banda Ultralarga. Il Lazio non si ferma alle infrastrutture, ma ha già messo a Piano un intervento per il consolidamento dei data center regionali, misure per agevolare la diffusione della diffusione delle reti, compreso il catasto delle infrastrutture.

Il Lazio è stato presentato dal Ministero come un caso di eccellenza sia per la capacità di pianificazione tecnica degli interventi infrastrutturali, sia per la capacità di pianificazione delle risorse a disposizione. Speriamo sia un esempio per tutte le altre Regioni.

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