Con il cambio di Governo, la struttura di missione del Commissario Francesco Caio è decaduta e con essa l’unità di supporto di cui facevo parte. Nei prossimi giorni, il nuovo Governo deciderà in quale modo gestire le questioni relative all’Agenda Digitale. Ma quale bilancio trarre dall’esperienza della struttura di missione, e quali possono essere suggerimenti o proposte per il futuro?
Sul lavoro di Francesco Caio e della struttura di missione non sono certo mancate polemiche: secondo alcuni ha fatto poco o niente; per altri doveva occuparsi di altri problemi e non solo delle tre priorità spesso citate dal Commissario. Tutte le critiche sono legittime. Vorrei però ricordare alcuni fatti importanti relativi al lavoro del Commissario Caio:
- La struttura di missione ha operato per qualche mese facendo ripartire (o meglio partire) progetti importanti per il paese.
- Ha cercato di rimettere in sesto e avviare una governance dell’innovazione da tempo carente e insufficiente a sostenere i processi di innovazione del paese.
- Ha coinvolto persone competenti per affrontare temi scottanti che erano stati solo declamati, ma mai articolati e studiati per valutarne e definirne fattibilità e strategia realizzativa.
- Ha adottato un metodo di lavoro che ha coinvolto tutti gli attori interessati alle diverse iniziative.
- Ha messo in luce alcuni criteri e strategie progettuali che potranno essere utili per il lavoro dei prossimi mesi.
- A ben guardare e a voler essere minimamente obiettivi, in pochi mesi, anzi settimane (da ottobre a dicembre 2013), è stato fatto molto lavoro e si sono introdotte delle discontinuità.
2. Quali sono le priorità?
Al di là delle polemiche, che nel nostro paese sono inevitabili ancorché spesso pretestuose, il punto realmente importante da discutere è come continuare e anzi accelerare il percorso di innovazione digitale del paese. Quali priorità per il Governo e per coloro che prenderanno il posto della struttura di missione di Francesco Caio?
Su questo tema in questi mesi si è scritto tantissimo. Molti (me compreso) si sono sbizzarriti nell’offrire consigli, indicazioni, previsioni più o meno ottimistiche o drammatiche sullo sviluppo (possibile o mancato) del Paese. Rimando per esempio a questi articoli che scrissi, nei primi due casi, oltre un anno fa:
- La ricetta al nuovo Governo, per un cambio di passo sul digitale
- Banda larga, i nodi da sciogliere
- PA Digitale, gli ostacoli verso la grande cloud
Ritengo che molte delle osservazioni che proposi in quegli articoli continuano ad essere valide e possono essere sintetizzate in una serie di punti e linee di indirizzo.
2.1 Governance
Il Paese ha bisogno di cambiare passo. Per farlo è vitale che la “macchina dell’innovazione” possa funzionare senza ritardi, inefficienze, duplicazioni di sforzi su alcuni temi e, paradossalmente, mancanza di azione su altri.
Con l’approvazione dello Statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale si è fatto un significativo passo in avanti. Il lavoro fatto dal Commissario Caio ha anche evidenziato le competenze e gli obiettivi concreti che l’Agenzia dovrebbe fare propri: essere la “casa degli standard, della progettazione e della visione di sistema”. È vitale che tutto ciò si consolidi attraverso la nomina dei comitati previsti, e l’avvio di un lavoro organico e coerente che coinvolga tutti i diversi attori del processo. Ed è soprattutto vitale che questi temi e contenuti siano incardinati nel profondo delle azioni e delle decisioni che su tutti i temi di governo verranno assunti dall’esecutivo. È importante che il Presidente Consiglio o una persona di sua fiducia garantisca una diffusa e incessante azione, sostenuta dalle necessarie leve operative, affinché nel tempo possa realmente affermarsi quella società della conoscenza e dell’innovazione digitale da molti ritenuta essenziale per promuovere un reale sviluppo economico e culturale del nostro Paese.
2.2 Digital first
Sarebbe facile e fin ovvio affrontare questo tema dicendo che servono investimenti per promuovere l’innovazione digitale nelle imprese e nella società. In effetti, sarebbe auspicabile rilanciare in modo diffuso il credito di imposta per la ricerca e l’innovazione, così da spingere le imprese a investire in innovazione e in innovazione digitale.
Ma vorrei fermarmi un passo prima. Mi accontenterei in primo luogo che cessasse il continuo e miope attacco alla rete, alle sue libertà, ai suoi principi di funzionamento. È frustrante dover prendere atto che Parlamento e forze politiche si occupano dei fenomeni del digitale quasi esclusivamente per vietare e controllare, assumendo che si tratti di un mondo pericoloso, regno di illegalità e fonte di problemi, invece che di uno straordinario luogo delle opportunità. In secondo luogo, in positivo, auspicherei che la legislazione del paese, invece di tutelare il “vecchio”, promuovesse la creazione “del mondo nuovo”, sostenendo e premiando l’adozione di processi, strumenti, e tecnologie digitali. Purtroppo, così non accade, come è stato dimostrato da molti provvedimenti varati negli ultimi mesi.
2.3 Competenze digitali
Ne scrivevo tempo fa sul mio blog. Da anni sono e siamo bombardati dal mantra secondo il quale i problemi “non sono mai tecnologici”, mantra impostoci in modo strumentale e secondo me ormai non più tollerabile. E in questo modo si giustificano una serie di aberrazioni:
- Chi decide, norma, organizza, gestisce strutture, programmi o entità nel quale le tecnologie hanno un qualche ruolo non è quasi mai un esperto di quelle tecnologie. Ci sono decine di responsabili di sistemi informativi nelle PA che non hanno alcuna competenza in informatica, tanto per fare un esempio.
- Le tecnologie sono sempre viste come commodity e spesso comprate in base al costo minimo (torno sull’argomento in un punto successivo).
- Si scrivono norme o si prendono decisioni a volte demenziali perché si ignorano i fondamenti, i vincoli e le caratteristiche di base delle tecnologie.
Più passa il tempo e più mi accorgo che i cosiddetti “problemi non tecnologici (o non scientifici)” nascono dal fatto che chi analizza e studia questioni complesse non essendone competente, le interpreta e regola distorcendole profondamente e creando – lui sì! – i problemi.
2.4 Progettazione dei sistemi critici del paese
Negli anni passati il paese ha sofferto di una profonda e drammatica carenza di progettualità di sistema. Abbiamo definito obiettivi senza pensare a come essi dovessero trasformarsi in realizzazioni concrete. Ma soprattutto, abbiamo definito interventi puntuali, spesso irrilevanti e aventi un puro scopo propagandistico, invece di pensare a convincenti strategie di medio-lungo periodo all’interno delle quali collocare in modo organico anche interventi di breve-medio periodo. Ci è radicalmente mancata una capacità progettuale e di pensiero sul lungo termine.
Dobbiamo quindi assolutamente rimettere al centro delle strategie del paese questa volontà lungimirante e al tempo stesso pragmatica di guardare lontano, sapendo avanzare un passo alla volta nella direzione giusta.
2.5 Un procurement pubblico che valorizzi qualità e competenze
Infine, non si può dimenticare che il pubblico, nelle sue diverse articolazioni, è uno dei principali attori della domanda di tecnologie e servizi digitali. Il modo secondo il quale il pubblico “compra” prodotti e servizi influisce in modo decisivo sul mercato, sulla sua crescita e, soprattutto, sulla sua maturità. Continuare ad acquistare al massimo ribasso, mettendo la qualità in secondo piano, ha due conseguenze drammatiche. La prima è che risparmiare sul breve spesso comporta costi superiori nel medio-lungo periodo. La seconda è che questa insostenibile pressione sui prezzi deprime gli attori della filiera, penalizza le possibilità di sviluppo professionale nel settore e, in ultima analisi, contribuisce a quella fuga dei cervelli che tanti, a parole, dicono di voler combattere.