Periodicamente si torna a parlare della società unica delle rete di accesso, cioè dell’impresa che dovrebbe farsi carico dello sviluppo di un’unica infrastruttura a banda (ultra-)larga da affittare poi ai diversi operatori presenti sul mercato affinché la utilizzino per offrire servizi di accesso ad Internet agli utenti finali. Una rete unica di accesso ha senso nel momento in cui non esistono le condizioni economiche e industriali per sviluppare più reti alternative. È il caso di molti monopoli naturali come le autostrade o altri tipi di infrastrutture (le reti elettriche e quelle ferroviarie, per esempio).
La società della rete verrebbe costituita sulla base di due tipologie di asset:
- Asset economico-finanziari, cioè risorse economiche investite per lo sviluppo delle reti di nuova generazione.
- Asset infrastrutturali, cioè infrastrutture esistenti che possono contribuire alla costituzione della rete. In particolare, la rete di accesso in rame di Telecom Italia e quella in fibra di Metroweb.
Tali asset verrebbero conferiti alla nuova società principalmente da investitori finanziari puri e da operatori di telecomunicazione interessati allo sviluppo delle reti di nuova generazione.
Assunto che sia conveniente, utile e/o necessario costituire una simile società, come definire il modello di governance e gestione della rete? In questi giorni si rincorrono molte ipotesi che si basano su punti di partenza e ipotesi alquanto diversificate.
L’approccio più semplice e “diretto” dovrebbe basarsi su una considerazione molto elementare:
Le quote di ciascun azionista della nuova società dovrebbero essere calcolate in base al valore degli asset (economico-finanziari e/o infrastrutturali) conferiti. La società deve essere gestita in modo da costituire un level-playing field neutrale rispetto agli operatori che offrono i servizi agli utenti finali.
Perché ciò sia fattibile devono essere verificate due condizioni:
- Una valutazione indipendente del valore degli asset infrastrutturali conferiti.
- La definizione di regole di governance e gestione operative neutrali in grado di tutelare tutti gli operatori, sia azionisti della nuova società che terzi.
È evidente che il valore della quota assunta nella nuova società incide sullo stato patrimoniale delle società conferenti nel momento in cui il valore a bilancio dell’asset conferito dovesse subire una svalutazione. Questo credo sia la snodo del dibattito in corso tra Governo e operatori.
Nel caso non si giungesse alla creazione di una società unica della rete, nei fatti i diversi operatori continuerebbero a sviluppare le proprie infrastrutture in autonomia. È evidente che si tratterebbe di uno scenario nel quale si potrebbero introdurre significative disomogeneità dal punto di vista territoriale (aree diverse servite in modo diverso), temporale (sviluppi delle infrastrutture ritardati o accelerati in funzione delle priorità e delle convenienze ad investire in determinate aree) e di tipologia e qualità delle connessioni offerte.