Pur nella miriade di tematiche che occorrerà affrontare alla ripresa autunnale, sono tre quelle che ritengo particolarmente importanti, anche se certamente non esauriscono l’insieme delle questioni sul tappeto. Peraltro, tengono conto anche del fatto che siamo a fine legislatura e quindi è difficile portare a compimento azioni di lungo respiro.
Chiarezza sulla banda larga
Lo sviluppo della banda larga sta procedendo in modo contrastato. I bandi pubblici sono stati oggetti di ricorsi e conflitti. Esistono contrapposizioni tra i diversi attori coinvolti.
I rischi indotti da questa situazione sono tre:
- Il primo rischio è che i processi di infrastrutturazione possano rallentare o addirittura fermarsi. Di conseguenza, alcune parti del paese potrebbero risultare non toccate dai progetti di infrastrutturazione. Spesso si tratta di zone dove l’intervento degli operatori non si è sviluppato proprio perché sono a fallimento di mercato (totale o parziale).
- Allo stesso tempo, secondo rischio, potrebbe accadere che in alcune zone si assista ad una competizione infrastrutturale con una duplicazione inutile di investimenti. Ora, è indubbio che la competizione sia benefica allo sviluppo del mercato e che non bisogna intaccare l’autonomia dei diversi soggetti privati. Ma se uno degli attori è pubblico o interviene con risorse pubbliche per indirizzare una carenza del mercato, allora sarebbe veramente paradossale e controproducente investisse quelle risorse laddove un attore privato stia già intervenendo.
- Il terzo rischio è che si faccia passare per reti in fibra ciò che rete in fibra non è. Deve essere ben chiaro quale sia lo scopo e la portata degli investimenti che vengono annunciati e realizzati.
È necessario affrontare questi temi perché l’infrastruttura di telecomunicazioni è vitale per il paese. Come possiamo parlare di Industria 4.0, di turismo digitale e di qualsiasi altra innovazione sociale ed economica in assenza di infrastrutture fisse e mobili all’altezza delle sfide? Se è vero che non può essere il pubblico a dettare le scelte di investimento dei privati, è altrettanto vero che 1) il pubblico deve favorire tali investimenti, 2) il pubblico può intervenire laddove non vengano fatti e 3) il pubblico deve essere garante che venga fatta una informazione completa e trasparente verso cittadini e imprese. Tutto ciò può essere portato avanti indipendentemente dalle scadenze elettorali dei prossimi mesi. Anzi, è una premessa indispensabile per chiarire (vedi punto 3 di queste note) quanto si vuol proporre di fare nella prossima legislatura.
Un piano di lavoro per gli ecosistemi digitali
Il Piano Triennale presentato recentemente da Agid e dal Commissario Piacentini vede come elemento centrale lo sviluppo di ecosistemi digitali che permettano di superare il principale problema delle amministrazioni pubbliche italiane: l’incapacità di dialogare tra di loro e con i soggetti privati (cittadini e imprese). Perché sia possibile realizzare gli obiettivi del piano e costruire nel tempo questi ecosistemi, è necessario che siano affrontati e chiariti da subito alcuni punti chiave:
- Per ogni ecosistema deve esistere un attore “pivot” che faccia da coordinatore e da punto di aggregazione dei diversi partecipanti all’ecosistema. Tale pivot ha il compito di armonizzare requisiti, definire standard applicativi specifici, organizzare le priorità. Se indubbiamente Agid e il Commissario possono giocare un ruolo importante a supporto di questa attività, è altrettanto indubbio che serva un “attore di dominio” che li affianchi e che faccia da riferimento autorevole verso tutti gli attori dell’ecosistema. Per esempio, riguardando all’esperienza di E015 ad Expo 2015, Cefriel ha svolto il ruolo di supporto tecnico-strategico e la società Expo quello di aggregazione e riferimento per i vari attori dell’ecosistema.
- Deve essere chiaro che un ecosistema deve essere una realtà realmente aperta, sia nel rapporto tra le amministrazioni, sia per quanto riguarda l’accesso da parte dei privati alle API e ai servizi offerti dai soggetti pubblici. Non si costruisce un ecosistema semplicemente aggregando un club chiuso di alcune amministrazioni e società pubbliche di informatica. Inoltre, sarebbe opportuno che il pubblico si concentrasse sui back-end, lasciando spazio e autonomia ai privati per quanto riguarda la parte dei front-end.
Su questi punti, serve una notevole chiarezza e una autorevole presenza sia di Agid che del Team Digitale del commissario Piacentini.
Una politica che metta il digitale al centro della prossima campagna elettorale (sul serio)
Ci avviciniamo alle prossime elezioni politiche. Nella scorsa campagna elettorale il tema del digitale è stato affrontato come una questione tutto sommato marginale, per addetti ai lavori. Alcuni soggetti politici e candidati l’hanno usato, come spesso accade, per acquisire il consenso di alcune fasce dell’elettorato. A ciò è seguita una legislatura deludente, dove il digitale è emerso solo in negativo (“la rete cattiva da controllare”) o attraverso provvedimenti legislativi di facciata, per lo più inutili o irrilevanti, che hanno tentato di nascondere il nulla sostanziale dal punto di vista politico e strategico.
Vogliamo tutti sperare che questa campagna elettorale affronti il tema del digitale in modo serio, sia nell’articolazione dei temi, sia nella credibilità dei proponenti, sia nella divulgazione e spiegazione verso cittadini e imprese. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo nel modo sterile e demagogico che ha caratterizzato questi ultimi cinque anni.