scenari

Futuro dell’Alleanza Transatlantica, il ruolo del digitale nei rapporti Usa-Europa

L’era Biden inizia ufficialmente il 20 gennaio. Il nuovo presidente degli Usa sarà probabilmente più disposto a trovare posizioni comuni con l’Europa. E il digitale è certo un tema di confronto rilevante, su molti fronti, dalla sicurezza alla digital tax alla privacy. Ecco il quadro

Pubblicato il 18 Gen 2021

Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Carolina Polito

Ph.D. Candidate LUISS Guido Carli

usa aborto privacy

Il 20 gennaio la nuova presidenza di Joe Biden negli Usa comincia a tutti gli effetti. Ed è la prima volta nella storia che tra i dossier più pressanti e attuali di un presidente americano appena eletto ci sono problemi di cyber spionaggio digitale.

In effetti, il 14 dicembre, quando Biden è stato ufficialmente nominato 46esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, coincide con la rivelazione di una serie di attacchi cyber che hanno colpito il Dipartimento del Tesoro e il Dipartimento del Commercio, più altre Agenzie governative di massimo rilievo istituzionale. I media americani hanno definito questo evento come “il più grave attacco informatico all’amministrazione USA da cinque anni a questa parte”.

La circostanza in cui avviene l’insediamento ufficiale di Biden alla guida di Washinton, e i recenti attacchi informatici a danno dell’Agenzia del Farmaco Europea – al momento impegnata nelle verifiche circa la conformità dei vaccini contro la pandemia di COVID19 – ci ricordano ancora una volta quanto la cyber security, e più in generale l’agenda per il digitale, siano ormai temi di assoluta centralità, la cui importanza prioritaria deve ed è riconosciuta su tutti i tavoli di discussione nazionali, bilaterali e multilaterali.

In questo contesto appare ancora più rilevante e apprezzabile il recente comunicato congiunto del Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa e Consiglio Europeo circa le direzioni future che dovrebbero contraddistinguere l’alleanza transatlantica nei prossimi anni.

Il comunicato tratta diversi temi: il rafforzamento della cooperazione transatlantica in materia di lotta alla pandemia, di lotta al cambiamento climatico, di rafforzamento dell’ordine liberale e democratico e, non ultimo, il rafforzamento della cooperazione transatlantica in materia di digitale.

Una nuova UE-US Agenda per il Cambiamento Globale

Il documento pubblicato da Bruxelles il 2 dicembre 2020 si apre con un appello al riconoscimento dei valori condivisi di dignità umana, diritti individuali e principi democratici che legano le due sponde dell’Atlantico, e con un appello a cogliere la finestra di opportunità che si presenta, in particolare con l’avvento della presidenza di Biden, per riscrivere un’agenda digitale davvero condivisa. L’Unione Europea si rivolge quindi agli Sati Uniti segnalando una serie di passi prioritari che occorrerà percorrere insieme al fine di stabilire un’alleanza globale, da condividere con i cosiddetti “like-minded countries”, per affrontare le attuali e future difficoltà strategiche, quali, non ultima, l’ascesa della Cina a competitor internazionale.

In primo luogo, Bruxelles e Washington dovranno lavorare per risolvere le dispute commerciali che hanno di recente contraddistinto il dialogo bilaterale tra le due potenze – nel documento si fa riferimento, ad esempio, alla necessità di risolvere la disputa Boeing/Airbus. In questo contesto viene quindi anche indicata la necessità di aprire un tavolo di dibattito circa la responsabilità delle piattaforme online e delle Big Tech, al fine di trovare soluzioni condivise per una tassazione più equa e risolvere le distorsioni di mercato nell’economia digitale.

Bruxelles esorta anche allo sviluppo di un approccio condiviso circa la protezione delle tecnologie e infrastrutture critiche, con particolare riferimento al tema del 5G e 6G. Questo sforzo dovrebbe inserirsi all’interno di una più ambia e strutturata cooperazione internazionale sul tema della sicurezza della supply chain. L’UE riconosce infatti come la salvaguardia di tali asset tecnologici sia essenziale per la garantire prosperità e difesa delle rispettive sovranità.

Analogamente, l’Europa e gli Stati Uniti, recita il documento, hanno un “interesse condiviso per cooperare nell’ambito del cyber capacity building, situational awareness e information sharing,” ed aggiunge che tale coordinamento potrebbe finanche includere misure restrittive da imporre congiuntamente in caso di attacco cyber da parte di un paese terzo.

Centrale nel futuro rapporto transatlantico è anche il tema delle tecnologie emergenti che viene affrontato con particolare riferimento all’Intelligenza Artificiale e alla necessita di stabilire delle regole condivise circa la libera circolazione dei dati, che tuttavia rispettino i paramenti di attendibilità e “fidatezza” propugnati dall’Unione Europea nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale pubblicato lo scorso febbraio.

Infine, l’Unione Europea propone di stabilire un nuovo “Consiglio UE-US per Commercio e Tecnologia” (EU-US Trade and Technology Council). Tale Consiglio dovrebbe massimizzare le opportunità per espandere il commercio e gli investimenti bilaterali e rafforzare la leadership tecnologica e industriale dell’Alleanza a livello internazionale.

Ambiti e scenari futuri di un Rinnovato Patto Transatlantico

L’Unione Europea si è affermata negli ultimi anni come la più importante potenza normativa nell’ambito della protezione dei dati personali, e sembra accingersi a fare lo stesso per quanto riguarda i temi della sicurezza digitale e il superamento degli abusi di mercato che ad oggi caratterizzano il mercato digitale.

In particolare, Bruxelles punta ad un riconoscimento dei suoi standard sulla privacy, sulla sicurezza cibernetica e sull’intelligenza artificiale, ad una politica di libero scambio dei dati, a formulare una politica di tassazione e competizione digitale tale da creare pari opportunità alle le imprese europee per poter competere nel mercato internazionale.

Questi obbiettivi, raccolti nella sopracitata UE-US Agenda per il Cambiamento Globale appaiono giustamente ambiziosi, e tuttavia anche difficili da risolvere sotto un unico ombrello come quello proposto, specialmente considerando che questi obbiettivi hanno priorità talvolta in contraddizione tra loro. Inoltre, mentre in alcuni di questi temi esistono possibilità di maggiori convergenze con gli Stati Uniti, altri sembrano ad oggi meno realisticamente realizzabili.

Tassazione digitale

Una cessazione della disputa circa la tassazione digitale potrebbe essere tra gli argomenti più spinosi da dover risolvere nel contesto di una rinnovata alleanza transatlantica. Come sottolineato da Köhler-Suzuki, Biden al contrario di altri candidati Democratici alla corsa delle presidenziali, non sembra sostenere una proposta per una riforma strutturale del sistema di tassazione internazionale; in generale una riforma del sistema di tassazione a danno delle grandi compagnie Tech statunitensi potrebbe facilmente incontrare un’opposizione bipartisan, anche a causa della generosa partecipazione di queste compagnie nella corsa elettorale.

Allo stesso tempo però è probabile che, rispetto l’amministrazione Trump, Biden si dimostrerà più propenso a trovare una soluzione condivisa con i partner europei, e meno incline ad adottare misure di rappresaglia contro l’Unione nel caso in cui questa dovesse stabilire unilateralmente un nuovo sistema di tassazione digitale.

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Libera circolazione dei dati

Ulteriori tensioni potrebbero emergere poi sul fronte della libera circolazione dei dati digitali. Tensioni a tal riguardo si sono specialmente acuite a seguito della bocciatura nel luglio scorso del Privacy Shield. La decisione della CJEU circa il Privacy Shield, ritenuto non in grado di garantire a sufficienza il diritto alla protezione dei dati così come inteso in Europa, specialmente in virtù dei programmi di sorveglianza governativi sui cittadini non americani, avrà certamente un impatto sulle relazioni transatlantiche sia sul fronte commerciale che su quello geopolitico. La decisione impatterà circa 5.300 aziende che hanno utilizzato in questi anni il Privacy Shield per amministrare il trasferimento di dati con gli Stati Uniti. Peraltro, oltre ad annullare il Privacy Shield la CJEU ha anche posto delle ipoteche sulle Standard Contractual Clauses, adottate da molte aziende per facilitare il trasferimento di dati personali fuori dall’Unione.

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Dopo la decisione della CJEU le parti dovranno invece piuttosto monitorare la conformità dell’ordinamento di destinazione con gli standard europei. Riformare la politica statunitense in materia di sorveglianza sembra quantomeno complesso se si considerano le quasi certe resistenze che una tale riforma incontrerebbe da parte dell’apparato americano di intelligence. Appare quindi difficile immaginare una facile convergenza su questo tema.

Ma la politica americana in fatto di sorveglianza non è l’unico ostacolo che si frappone ad una libera circolazione dei dati tra Washington e Bruxelles, dato che anche quest’ultima sembra piuttosto orientata ad una politica digitale in cui un numero maggiore di dati vengano conservati e processati all’interno dell’Unione. Una politica rivolta quindi ad una localizzazione dei dati, coadiuvata per altro dagli sforzi per la creazione del un cloud europeo Gaia X.

Intelligenza artificiale

Un tema sul quale sembra più plausibile che si trovi una convergenza tra le due potenze è invece quello di una regolamentazione dell’intelligenza artificiale, quantomeno circa le raccomandazioni europee per le applicazioni di questi sistemi in settori dove il rischio è più elevato. Tali raccomandazioni, enunciate nel Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale riguardano tra gli altri, i training data, la conservazione dei dati e dei registri, la robustezza e accuratezza dei sistemi, i requisiti specifici per alcune particolari applicazioni di IA, come quelle utilizzate per scopi di identificazione biometrica a distanza.

Analogamente lo scorso gennaio anche gli Stati Uniti hanno adottato una serie di principi normativi che regolino l’adozione dei sistemi di intelligenza artificiale e che sembrano segnare una positiva convergenza degli sforzi. Convergenza che viene specialmente sfoggiata in quanto alternativa alla direzione percorsa invece dalla Cina con, ad esempio, il citatissimo Social Credit System. A tal riguardo, occorre però anche menzionare che la stessa Cina ha di recenti adottato i suoi “Beijing AI Principles” di fatto avallando, almeno formalmente, l’idea di uno sviluppo di un IA etica. In questo contesto, come evidenziato dal report dell’ECFR, agli occhi di Washington “una collaborazione su questi temi con l’Unione Europea potrebbe quindi finire con perdere parte della sua centralità strategica”.

Cyber sicurezza

Dopo il riconoscimento internazionale ottenuto dall’Unione Europea per effetto dell’adozione del GDPR, Bruxelles sembra ora puntare ad affermarsi come potenza normativa anche per ciò che concerne i temi della sicurezza digitale. Lo scorso anno abbiamo avuto un esempio di questo trend quando l’Unione Europea, grazie all’applicazione della sua nuova Radio Equipment Directive (RED), ha ritirato dal proprio mercato interno un orologio hi-tech statunitense le cui prestazioni in termini di cyber sicurezza risultavano particolarmente problematiche – quali ad esempio il rilevamento di un default nel server che dava la possibilità di accesso a parti terze non autenticate.

Tale esempio ci rivela come, anche a causa dell’avvento dell’Internet delle Cose, la cyber sicurezza sia diventata un tema ancora più difficile da trattare nel contesto di una collaborazione transatlantica nelle quale le esigenze dei due partner si fanno sempre più considerevoli.

Questo problema si lega inoltre a doppia mandata con quello delle dispute commerciali e alle accuse mosse dal governo statunitense di porre barriere all’ingresso nel mercato europeo di prodotti americani. In questo contesto sarà fondamentale che l’Unione lavori con gli US per sviluppare degli standard che siano compatibili e condivisi con quelli definiti dalla statunitense National Telecommunications and Information Administration (NTIA). In caso contrario, considerando anche la natura globale del mercato ICT, lo sforzo europeo per sviluppare standard e norme per la sicurezza potrebbe risultare vano.

Conclusioni

L’iniziativa europea di ravvivare l’alleanza transatlantica è sicuramente pregevole da molti punti di vista, e sembrerebbe trovare in Biden un interlocutore aperto e ben disposto. Sarà importante però in questo contesto ben distinguere quali siano i punti di convergenza più plausibili. In questo senso la UE-US Agenda per il Cambiamento Globale potrebbe essere interpretata più come una dimostrazione di intenti da parte dell’Unione e meno come reale agenda programmatica.

La proposta si fonda primariamente su un’identificazione dei valori democratici che legano le due potenze, quali la protezione della privacy, della libertà di parola. Se tali valori permettono quindi ai due partner di riconoscersi reciprocamente, bisogna altresì sottolineare come questa linea politica possa facilmente portare l’Europa ad alienarsi potenziali partner commerciali con altrettanti interessi economici coincidenti. Strutturare la partnership con l’America in termini di confronto con la Cina porterà infatti plausibilmente ad invalidare possibili opportunità di collaborazione con Pechino in aree in cui potrebbero invece esistere interessi convergenti.

Bisognerà anche vedere fino a che punto questa convergenza di valori etici “occidentali”, basati sulle libertà individuali e diritti fondamentali, sia traducibile in pratica; e quanto in realtà non resti solo su un piano ideale.

Sulla carta sarà certo possibile raggiungere fini comuni, dichiarati, con iniziative interessanti quanto non impegnative come la Global partnership on Artificial Intelligence. Prevedibile anche una convergenza degli Stati Uniti sui temi privacy e antitrust per limitare lo strapotere delle big tech, come si vede dalle tante indagini antitrust in corso.

La convergenza non implica necessariamente la collaborazione e la condivisione di intenti tra Usa ed Europa. Gli interessi economici sono divergenti infatti quando si tratta del controllo sui dati, pilastro della sovranità digitale dell’Europa (come espresso nel suo Data Governance Act).

E le divergenze sono massime su fronti più particolari di diretto impatto economico, come la digital tax, non a caso rinviata continuamente. Biden potrà essere meno infatuato dell’idea “American first” rispetto al predecessore Donald Trump e più aperto – come dichiara – verso le collaborazioni e l’impegno internazionali. Ma non potrà ignorare o trascurare gli interessi americani. Certo secondo gli esperti non lo farà nel confronto con la Cina (non farà marcia indietro rispetto alle limitazioni poste da Trump, anche se cercherà forse di razionalizzarle). Verso l’Europa potrà essere più aperto a trovare posizioni comuni, ma è dubbio che sul piano pratico possa farlo oltre certi limiti. Ciò non toglie che non si possano raggiungere risultati impensabili con Trump, su molti piani.

In questo contesto, se l’obbiettivo dell’Europa, come sembra e come viene sovente ripetuto, è quello di riaffermare la propria sovranità ed indipendenza strategica nell’ambito digitale, occorre ricordare che il raggiungimento di questo obbiettivo dipenderà anche e soprattutto dalla capacità Europea di frapporsi tra Cina e USA, possibilmente favorendo un dialogo e una mediazione tra le due, quando possibile, e quando, ça va sans dire, tale dialogo favorisca gli interessi dell’Europa stessa.

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