Ci siamo, la Commissione europea ha dato il via libera al Piano BUL del governo. Un piano che, pur con alcuni punti interrogativi aperti, per la prima volta da decenni affronta il problema della connettività in Italia in modo serio e ambizioso. Ora si tratta di implementarlo questo Piano. I primi bandi sono già usciti, si sta profilando una situazione di sana concorrenza e c’è comprensibilmente molto entusiasmo. Il vero lavoro però comincia ora e sono diverse le sfide che andranno affrontate nei prossimi mesi ed anni: dall’organizzazione e gestione di bandi al coordinamento delle varie iniziative e di infrastrutture disponibili per la massimizzazione dell’efficacia degli investimenti; dal monitoraggio del completamento dell’infrastruttura e dell’accensione della rete alla stimolazione e sostegno della domanda; dall’informazione e il dialogo con cittadini, imprese ed enti locali, al monitoraggio della performance effettive dei servizi; dal coordinamento con le strategie di sviluppo socio-economico regionale e nazionale, alle attività di sostegno di iniziative di bottom-up (cooperative di cittadini) per il cablaggio degli edifici, o per l’estensione della fibra fino alle abitazioni in zone ultra rurali.
Sono sfide pressanti che se mal affrontate possono mettere a repentaglio la riuscita dell’obiettivo vero del Piano: la costruzione di una società digitale matura capillare. Lo sa bene il governo, lo sanno le regioni e lo sa la Commissione europea che ha preso nota della scarsa efficacia dell’utilizzo dei fondi a sostegno dello sviluppo della banda larga in diverse regioni in Europa durante la passata programmazione. L’analisi della Commissione ha evidenziato l’importanza del coordinamento delle attività dei diversi stakeholder e dei diversi aspetti della crescita digitale, ed è sfociata nella proposta ai vari Stati membri di istituire dei cosiddetti Centri di Competenza sulla Banda Larga (Broadband Competence Offices, BCO), su base nazionale e regionale. L’iniziativa parte direttamente dai Commissari Oettinger (Economia digitale e Società), Hogan (Agricoltura e sviluppo rurale) e Cretu (Politica regionale). Secondo le ambizioni della Commissione, ogni BCO dovrebbe fungere da punto unico di contatto per cittadini, imprese ed enti locali riguardo a qualsiasi questione banda larga. I centri verranno istituiti (su base volontaria) dagli Stati membri stessi, mentre la Commissione metterà a disposizione una regia europea a Bruxelles con lo scopo di sostenere e coordinare il lavoro dei vari BCO con materiale, personale specializzato in comunicazione e una serie di seminari tematici e di scambi di best practices e di incontri tra i vari BCO.
La proposta capita in un momento prezioso per l’Italia. Il governo ha finalmente definito il proprio piano d’azione e sta cominciando a considerare come riunire e coordinare varie iniziative. Il portale bandaultralarga.italia.it lanciato nelle settimane scorse. Se adeguatamente sviluppato e supportato, potrebbe essere un buon punto di aggregazione. Al tool attualmente disponibile per la verifica e il monitoraggio della connettività attuale e programmata nei prossimi anni si potrebbero inserire un tool per la verifica delle performance di connessione (per esempio sviluppando e migliorando l’usabilità del tool Misurainternet.it la fondazione Ugo Bordoni ne ha una versione), il catasto del sopra e sottosuolo (SINFI), un marketplace degli operatori a livello di area o indirizzo. Inoltre si potrebbero aggregare tutti gli sportelli verso cittadini, imprese ed enti locali per quanto riguarda stato e monitoraggio/verifica dei lavori, analisi ed aggregazione della domanda, bandi, condizioni di accesso alla rete per gli operatori, implementazione servizi pubblici digitali, permessi, regolamentazione e finanziamenti per istallazioni di infrastrutture in proprietà private, iniziative di informazione e dialogo sul territorio, ecc. Naturalmente il portale non sarebbe altro che la vetrina, lo sportello unico. Dietro è necessario un vero e proprio back-office con le necessarie competenze e risorse umane per far fronte alle varie richieste, inoltrarle agli enti di competenza e coordinare le informazioni e le attività dei vari enti. Esperienze per certi versi simili esistono in alcuni Stati membri, per esempio in Germania e Svezia. Esperienze da cui ispirarsi per fare di meglio.
Infine, mentre la Commissione spinge per BCO a livello regionale, una gestione centrale con forte coinvolgimento delle regioni (tramite per esempio i rappresentanti regionali all’interno del COBUL) è probabilmente più auspicabile, dato il forte ruolo di coordinamento e iniziativa del governo. Piuttosto, l’istituzione di due o tre BCO macroregionali (nord, centro e sud) che lavorerebbero come back-office del portale, potrebbe dare al BCO nazionale lo spessore in termini delle competenze regionali e assicurare una migliore connessione con il territorio.
Insomma, il BCO è un’ottima occasione per massimizzare l’efficacia del grande investimento che l’Italia finalmente si appresta a fare, per sfruttare al massimo esperienze, risorse e competenze dai nostri partner europei e per semplificare la vita di tutti, governo incluso. Perché sia efficace, però, è necessario che il governo (tramite il MISE e/o la Presidenza del Consiglio) prenda il timone dell’iniziativa, investa le risorse necessarie, e coinvolga tutti gli stakeholder rilevanti, a partire dalle regioni.