Gli italiani che adesso soffrono per la crisi non sanno che hanno davanti a sé un’opportunità ancora mal sfruttata dal nostro Paese: la rivoluzione digitale, che potrebbe consentire loro di risparmiare fino a 4,6 miliardi di euro all’anno. Grazie a servizi più efficienti, alla possibilità di evitare file, attese, costi e tempi di trasporto.
E’ una delle scoperte del IV rapporto NGN I-Com (Istituto per la Competitività), che sarà presentato la prossima settimana. Un appuntamento annuale per fare il punto su numeri e benefici del digitale. Ne pubblichiamo una sintesi, qui di seguito.
IBI (I-Com Broadband Index). Un indice complesso misura il progresso dei paesi Ue (a 27) sulla strada dell’innovazione tecnologica NGN
Una delle elaborazioni originali più sintetiche ed efficaci proposte da I-Com nel suo rapporto è senz’altro l’IBI ( I-Com Broadband Index), capace di riassumere e incrociare differenti indicatori relativi allo sviluppo della banda larga in Europa, con un ranking dei 27 paesi Ue. L’IBI è un valido indicatore dello stato di avanzamento verso la “società connessa” e della strada compiuta dai governi, dai cittadini e dagli attori del mercato comune europeo per raggiungere questo obiettivo fondamentale per la crescita e il benessere dell’Unione.
l’IBI dà un’indicazione dello sviluppo del mercato broadband, considerando 7 indicatori: penetrazione broadband fissa, velocità di connessione, costo delle connessioni; potere di mercato dei nuovi entranti; penetrazione della broadband mobile; copertura della rete 3G; percentuale connessioni in fibra rispetto alla rete broadband.
Analizzando un po’ più nel dettaglio l’indice dell’Italia, ne emerge una situazione poco confortante. Non solo il nostro Paese si attesta sotto la media Ue, ma non fa registrare alcun miglioramento rispetto al 2011: il miglioramento dei prezzi di connessione non è sufficiente a contrastare un generalizzato rallentamento dello sviluppo, rispetto ai ritmi europei, di tutti gli altri fattori considerati.
In particolare, vale la pena ricordare il ritardo dell’Italia nel numero di abitazioni connesse alla broadband si attesta appena al 52%, contro una media Ue del 67% (dati Eurostat).
IBI – Indicatore I-Com grado di sviluppo del mercato NGN nei Paesi Ue
Fonte: Elaborazione I-Com su dati Commissione Europea e OECD
Il ritardo del “cittadino digitale” italiano? Non solo un gap infrastrutturale
Oltre alla diffusione delle infrastrutture, tuttavia, diventa sempre più importante comprendere l’effettivo utilizzo che i cittadini sono in grado di fare dei servizi e degli strumenti che l’economia digitale mette loro a disposizione. In altre parole, non esiste solo un “digital divide” tecnologico, ma anche un digital divide “culturale”, che separa sempre più coloro che sono in grado di usare le nuove tecnologie, e di farlo in maniera consapevole, da quanti non vi accedono o non sono in grado di utilizzarle.
In Italia la percentuale di coloro che accedono ad internet almeno una volta a settimana è del 51%, molto sotto la media Ue a 27 (67 %), ben al di sotto di Svezia (91%) e Olanda (90%).
Considerando, poi, l’utilizzo di internet per interagire con la Pubblica Amministrazione, la situazione appare ancora più preoccupante. L’Italia occupa il penultimo posto della graduatoria sia per quanto riguarda l’utilizzo da parte dei cittadini (22% contro una media UE del 46%) sia per quanto riguarda le imprese (76%, contr una media UE dell’84%). In entrambi i casi siamo battuti dalla sola Romania.
Le politiche pubbliche a sostegno delle NGN e dei servizi digitali in Italia. Strumenti normativi
La veloce evoluzione degli scenari tecnologici e le loro enormi potenzialità applicative per il settore pubblico, sia in termini di risparmio che di efficienza, hanno da tempo acceso l’interesse dei policy maker per assicurare l’aggiornamento delle infrastrutture nazionali, ma soprattutto al fine di massimizzare lo sfruttamento dei vantaggi ad esse associati.
La realizzazione di efficienti reti di nuova generazione (sia fisse che mobili) sono da anni tra i punti cruciali delle agende dei governi dei paesi industrializzati. In questo senso il nostro Paese non fa eccezione.
In Italia, se, sul fronte degli investimenti nelle infastrutture si vive tutora una situazione di impasse nella realizzazione delle reti ultra-broadband. Ciò è dovuto sia alla mancanza di fondi pubblici necessari ad intervenire specie nelle zone a fallimento di mercato, sia alla difficoltà di configurare uno scenario di meracato che metta d’accordo sugli operatori, e permetta di realizzare una unica infrastruttura di rete, che eviti le duplicazioni e al tempo stesso consenta la concorrenza tra i diversi provider.
Sul fronte della digitalizzazione dei servizi erogati delle amministrazioni centrali e locali verso i cittadini, invece, sono stati mossi significativi passi negli ultimi mesi
Al fine di assecondare e guidare questi processi, l’Italia ha messo in campo diversi strumenti , dalla La Cabina di regia interministeriale, che ha il compito di coordinare le politiche su numerosi fronti (dotazione di Banda larga e ultra-larga; Smart Communities/Cities; Open data e Cloud Computing; E-government e digitalizzazione del governo e dei servizi al cittadino), alla neonata Agenzia per il digitale, che ha accentrato numerose competenze frammentate tra 3 enti diversi (DigitPA, Dipartimento Digitalizzazione, Agenzia per l’Innovazione).
Ad oggi l’investimento complessivo del governo è stato di circa 2,5 miliardi di euro, che, sempre secondo fonti ministeriali, avranno un impatto nei prossimi anni di 4,3 miliardi di euro e 54 mila occupati, senza considerare gli effetti dei fondi di stanziamento previsti per il 2013, e che verranno gestiti direttamente.
Il lavoro di coordinamento della Cabina di regia ha portato nell’Ottobre del 2012 all’approvazione del Consiglio dei Ministri, del decreto “crescita 2.0”(dl n° 179/2012), orientato principalmente al potenziamento delle infrastrutture e servizi digitali, incentivando la creazione di start up innovative, e all’attrazione di investimenti esteri.
Gli investimenti in ICT della Pubblica Amministrazione
A fronte dell’apprezzabile slancio innovatore nell’introduzione dei nuovi servizi, occorre, però, osservare come i dati degli investimenti in ICT da parte della Pubblica Amminsitrazione siano in calo. Assinfrom rileva una flessione media annua del 3,2% tra il 2008 ed il 2011, dovuta a disinvestimenti sia nel comparto IT che in quello TLC.
In particolare, la situazione dell’e-Health appare problematica e la stagnazione degli investimenti appare in controtendenza rispetto al mercato mondiale. Il ritardo dell’Italia nell’e-Health è stato rappresentato anche dai dati di Health Consumer Power. (l’Italia figurava al 20° posto, a pari merito con la Francia, con uno score di 33 a fronte del massimo punteggio di 63 raggiunto da Danimarca e Paesi Bassi).
L’e-Health rientra, poi, nelle priorità dell’Agenda Digitale dell’Unione Europea, dove la salute rappresenta uno dei 6 punti qualificanti del sistema dell’Agenda Digitale. Infine, va ricordato che l’e-Health rientra tra i punti salienti del piano e-Gov 2012, varato dal Governo nel 2009. Le azioni inserite nel Piano, riguardanti la digitalizzazione dei servizi nel settore della salute riguardavano i certificati medici online, il Fascicolo Sanitario elettronico e la Ricetta digitale
I Risparmi per il cittadino derivanti dalla digitalizzazione dei servizi
Eppure, il ritorno su questi investimenti appare abbastanza evidente, sia sul lato della Pubblica Amministrazione, che su quello del’utent. Rendere più efficienti questi servizi significa permettere, anche nel breve periodo, risparmi importanti per lo Stato e per il cittadino, con un complessivo guadagno non solo in termini economici, ma anche di benessere complessivo e qualità della vita.
I-Com ha focalizzato la propria attenzione sui risparmi che possono effettuarsi sul lato del cittadino. Aggiornando i dati dello studio I-com (R)Innovare l’Italia, sono stati stimati i potenziali risparmi per il cittadino derivanti dalla fruizione dei servizi pubblici, o parte di essi, in formato digitale, in termini di riduzione dei costi complementari al servizio stesso, come ad esempio il costo per il trasporto fino all’ufficio preposto all’erogazione del servizio, e/o il tempo impiegato per il viaggio e/o il tempo dedicato alla fila d’attesa. Sono state così selezionate una serie di prestazioni che potrebbero essere erogate dai relativi uffici di competenza per via telematica, senza la necessità di introdurre riforme radicali della struttura organizzativa, selezionando le aree di policy di maggiore interesse quali Sanità, Cittadinanza, Istruzione, Lavoro e Sicurezza. Le seguenti figure illustrano la metodologia utilizzata e i risultati dei calcoli di I-Com.
I-Com, perciò, calcola che i risparmi potenziali stimati della digitalizzazione di alcuni servizi siano superiori ai 4,6 miliardi di euro, ipotizzando che tutti gli utenti siano dotati di accesso alla rete, e in 2,8 miliardi, tenendo conto solo di quelli che al 2011 potevano usufruire della connessione.
Stima del massimo risparmio potenziale per i cittadini derivante dalla digitalizzazione dei servizi considerati per Regione |
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Fonte: Elaborazioni studio I-Com “R-Innovare l’Italia” Nota: * Con famiglia tipo si assume il numero di componenti medi stimati dall’ISTAT per il 2011 |
e-Gov: con la PEC risparmi per 827 milioni di euro all’anno.
PEC. Sulla base delle metodologie spiegate nel Rapporto 2012, I-Com ha stimato che solo per quanto riguarda i cittadini privati, la possibilità di comunicare tramite PEC (posta elettronica certificata) con l’amministrazione pubblica, centrale e locale, e dunque per via telematica, consentirebbe un risparmio annuale per i cittadini italiani di 827 milioni di euro. Risparmi diretti a cui andrebbero aggiunti i risparmi consentiti alle amministrazioni stesse.
e-Health: con la telemedicina ogni malato risparmierebbe 899 € l’anno.
Si stima, inoltre, che l’introduzione della telemedicina il risparmio potenziale per i malati cronici che ricorrano ad esami clinici in modalità da remoto, in collegamento video, per effettuare i controlli periodici di cui necessitano possa essere di 632 euro all’anno per malato, derivanti dall’abbattimento delle spese per gli spostamenti presso le ASL e i costi di attesa correlati. Se il 25% dei malati cronici utilizzasse tali tecnologie, questo comporterebbe un risparmio complessivo a livello nazionale di circa 1,2 miliardi di euro all’anno, e di 2,5 miliardi di euro nel caso vi ricorresse il 50% dei malati cronici. Nella migliore delle ipotesi qui considerate, perciò, con la telemedicina ogni malato potrebbe risparmiare 899 € l’anno.
e-Learning: risparmi per Teledidattica (3.779 € a studente) ed e-Book (73 € a studente)
Una prima stima riguarda i potenziali risparmi derivanti dall’adozione degli e-book nelle scuole. Visto che dall’anno scolastico 2013-2014 è prevista la possibilità di adottare libri di testo in formato esclusivamente digitale. Questa misura oltre a costituire un elemento di modernizzazione della scuola pubblica, consentendo gli studenti un avvicinamento alle nuove tecnologie, potrebbe comportare un consistente risparmio per le famiglie in termini di spesa per l’acquisto dei libri di testo, stimabile in circa 73 euro all’anno per studente, per un risparmio complessivo per i consumatori di circa 330 milioni di euro all’anno. L’utilizzo esclusivo di e-book consentirebbe un risparmio medio per studente di circa 39 € all’anno per gli studenti delle medie, e di 93€ all’anno per gli studenti delle superiori, per un risparmio complessivo di 330 milioni all’anno e 73€ a studente.
Un altro interessante calcolo riguarda la possibilità per gli studenti universitari di iscriversi online al proprio ateneo e di frequentare gli stessi corsi a distanza, davanti al proprio pc. Se nel 2011 tutti gli studenti avessero effettuato la propria iscrizione online, il risparmio complessivo sarebbe stato pari a 153 milioni di euro (Se, invece, limitassimo l’analisi ai soli cittadini con connessione ad internet, il risparmio sarebbe comunque pari a 95 milioni di euro nel 2011.
Infine, è stata effettuata una stima dei risparmi derivanti dall’utilizzo di servizi di Teledidatica, che consentirebbero di ridurre al minimo gli spostamenti per recarsi nel luogo dove avvengono le lezioni. Per il 2011, si è calcolato che se il 25% dei potenziali utenti utilizzasse questo servizio, si arriverebbe ad un risparmio su base annua di 382 milioni di euro. Qualora, invece, la quota degli utenti potenziali salisse al 50%, il risparmio salirebbe a 764 milioni di euro. Ogni studente potrebbe così risparmiare individualmente 3.779 euro l’anno.
Stima del risparmio annuale per i cittadini derivanti dalla utilizzo dell’istruzione universitaria a distanza
Campi di applicazione | Risparmio potenziale per singolo utente dei servizi | Risparmio potenziale dall’utilizzo dei sistemi digitalizzati | Risparmio potenziale dall’utilizzo dei sistemi digitalizzati |
per il singolo utente dei servizi | il 25% dei potenziali utenti | il 50% dei potenziali utenti | |
in € | in milioni di € | in milioni di € | |
Medicina | 899 | 1,784 | 3,568 |
per i malati cronici* | |||
Università | 3.779 | 382 | 764 |
per gli studenti che risiedono nei comuni distanti più di 20km dalla più vicina università |
Nota: * Si è ipotizzato, come valore prudenziale, che i malati cronici ricorrano al servizio sanitario nazionale il doppio delle volte rispetto alla media dei cittadini
Fonte: Elaborazioni I-Com su dati Anci, Eurostat, Istat, Ministero dell’Istruzione.