banda ultra larga

I ritardi della fibra minacciano l’economia italiana: che fare

Il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ha ammesso che il piano di attuazione della banda ultralarga è in forte ritardo e ben lontano dall’obiettivo dell’80% di copertura al 2020. Eppure, è ormai acclarata la correlazione positiva tra reti veloci e crescita economica. Cosa fare per uscire dall’impasse

Pubblicato il 27 Feb 2020

Francesco Bellini

Professore di Digital Transformation & Data Management – Università di Roma La Sapienza

Cognitive-Digital-Labor

Nelle ultime settimane si sono succeduti fatti e notizie piuttosto sconfortanti riguardo al futuro prossimo del nostro Paese. È più che mai evidente che per aumentare la produttività e quindi la competitività del sistema Italia sono necessari investimenti, anche infrastrutturali, che rendano adeguato il tessuto produttivo ai nuovi modelli dell’economia digitale.

Il Governo ha in questo contesto un ruolo fondamentale su diversi livelli: incentivi alla domanda sostegno i progetti in corso, sblocco della burocrazia, attuazione di una adeguata politica di sviluppo delle infrastrutture.

Crescita economica: l’Italia in stagnazione

Ed è più che mai urgente intervenire: sul fronte più strettamente economico le principali agenzie di rating e le organizzazioni internazionali stimano che l’Italia sarà nel 2020 il paese con il più basso tasso di crescita tra quelli dell’Unione Europea a dell’OCSE. La Commissione Europea ha infatti previsto una crescita per il Pil italiano nel 2020 di appena lo 0,2%. L’Ocse, invece, stima una crescita dello 0,4% mentre l’ISTAT dello 0,6%. In ogni caso, l’economia italiana da questo punto di vista è una delle peggiori al mondo. Fa peggio di noi solo l’Argentina che è attualmente impegnata nell’evitare una nuova bancarotta.

I motivi di questa stagnazione sono ben noti ovvero, tra i principali, l’inefficienza della spesa pubblica e l’eccessivo debito pubblico, la carenza di investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica quali fattori abilitanti di un innalzamento della produttività. Il grafico seguente mostra appunto come la produttività del lavoro in Italia sia sostanzialmente la stessa del periodo precrisi mentre quella media dei Paesi OCSE, Unione Europea, area Euro e G7 è cresciuta costantemente, anche e soprattutto nel periodo post crisi del 2009.

Figura 1 – Produttività a confronto tra Italia e media EU, area Euro, OCSE e G7. (Fonte OCSE 2010=100)

E qui si innestano le considerazioni di carattere tecnologico logicamente connesse alle precedenti. Secondo il rapporto 2019 l’Italia si colloca al 24esimo posto fra i 28 Stati membri dell’UE nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) della Commissione europea. L’Italia è ancora al di sotto della media dell’UE in materia di connettività e servizi pubblici digitali. La copertura a banda larga veloce e la diffusione del suo utilizzo, sebbene in crescita sono sempre sotto la media, mentre sono ancora molto lenti i progressi nella connettività superveloce dove l’Italia si colloca al 27° posto dell’Unione. Di contro è invece a buon punto l’assegnazione dello spettro 5G.

I ritardi della banda ultralarga

Pochi giorni orsono il ministro dello Sviluppo Economico (MiSE) Stefano Patuanelli ha ammesso che il piano di attuazione della banda ultralarga è in forte ritardo e ben lontano dall’obiettivo dell’80% di copertura al 2020. Il ministro auspica quindi una forte accelerazione per arrivare al 40% entro fine anno ma, esaminando i dati forniti da Infratel relativamente a dicembre 2019, la situazione appare addirittura imbarazzante.

Figura 3 – Status progetti fibra al 2 dicembre 2019 (Dati Infratel – elaborazione F. Bellini)

Complessivamente, su 7438 progetti, solo 382 si trovano nelle fasi conclusive (7 e 8), 1698 sono in esecuzione e ben 4647 si trovano nelle fasi iniziali (1,2 e 3). Dall’analisi del dettaglio per regione emerge anche la situazione di Puglia, Calabria e Sardegna dove i progetti non hanno ancora superato la fase 3 enfatizzando un altro aspetto del divario tra il Sud ed il resto dell’Italia. Critica anche la situazione della spesa dove Infratel ha speso solo 262 milioni su un totale di 1,67 miliardi di euro tramite l’aggiudicazione delle tre gare a OpenFiber. Non migliore è la situazione del Fixed Wireless Access (FWA).

I voucher a sostegno della domanda

In questo quadro si innesta il dibattito sui voucher per incentivare la domanda degli utenti, altro aspetto valutato dall’indice DESI e che ci colloca al 24° posto nell’Unione Europea. Se ne parla ormai dal 2018 ma è certo che gli incentivi non arriveranno prima della seconda metà del 2020 anche in considerazione del necessario parere della Commissione Europea.

(Aggiornamento agosto 2020: in effetti arriveranno a settembre i primi bonus internet e pc da 500 euro).

Il governo ha per ora assunto una posizione di neutralità tecnologica includendo nel progetto tutte le modalità Ftth (Fiber-to-the-home), Fttc (Fiber-to-the-cabinet) e FWA ma i principali operatori si trovano su posizioni divergenti su come debbano essere spesi gli 1,3 miliardi di euro per incentivare i clienti finali quali scuole pubbliche, centri per l’impiego piccole e medie imprese e cittadini. Da una parte OpenFiber auspica che le risorse siano usate per incentivare i clienti finali ad usufruire della prima attivazione di servizi erogati su reti ad altissima velocità in linea con gli obiettivi posti dalla Comunicazione della Commissione Europea (almeno 100 mbps in download e 50 mbps in upload aumentabili a 1 gbps). Tale posizione è ovviamente coerente con la strategia tecnologica di Open Fiber che sta sviluppando i progetti nella modalità Ftth. Invece TIM punta a preservare il suo vantaggio competitivo richiedendo di convogliare gli incentivi sulla modalità Fttc e puntando in parallelo sullo sviluppo del 5G.

A partire dalle posizioni di Governo, Open Fiber e TIM occorre fare alcune considerazioni. I nuovi modelli di business prevedono lo sviluppo di reti complesse fatte di persone, oggetti e servizi come ad esempio quelle composte di trasmettitori e computer distribuiti capillarmente sul territorio per rendere possibile la guida assistita prima e poi in futuro autonoma dei veicoli oppure le reti in fibra e wireless integrate da cloud per distribuire servizi video in altissima definizione per quello che sarà il broadcasting del futuro o, ancora, reti ad alta copertura affidabilità e ridondanza ma non necessariamente ad altissima capacità per collegare e gestire miliardi di oggetti connessi.

In questi modelli sono i servizi che richiedono alla rete di configurarsi nella modalità più appropriata sfruttando le proprietà del cosiddetto “network slicing” e creando delle reti virtuali dedicate alle specifiche applicazioni. Tutto ciò richiede che la rete fisica sia sviluppata su infrastrutture ad alta velocità sia wired che wireless delle quali la fibra (nella modalità Ftth) e 5G sono i due pilastri fondamentali. Il secondo senza la prima non può funzionare appropriatamente garantendo in pieno il raggiungimento degli standard di qualità attesi dai servizi.

Reti ultraveloci e crescita economica

Numerosi studi scientifici mostrano la correlazione positiva tra la presenza di infrastrutture di telecomunicazioni veloci e la crescita economica in termini prodotto interno lordo, creazione di posti di lavoro, benefici per aziende, consumatori e innovazione. Un recente studio della Commissione Europea[1] evidenzia anche come gli utenti Ftth abbiano tassi di soddisfazione più elevati con i loro fornitori di servizi rispetto ad altri utenti della banda larga. Altri fattori che contribuiscono a ciò esto sono il fatto che i rari guasti possono essere diagnosticati a distanza utilizzando una tecnologia in grado di individuare la posizione esatta dell’errore e che possono essere riparati rapidamente, spesso anche prima che i clienti finali vengano a conoscenza dell’interruzione del servizio. Inoltre, il cavo ottico non impone restrizioni fisiche sulla velocità che può essere raggiunta, a differenza dei cavi telefonici in rame e indipendentemente dal numero di utenti o dalla distanza dall’armadio. Uno studio dell’ITU evidenzia addirittura che il surplus del consumatore (la quantità di utilità che i consumatori ottengono dall’acquistare un prodotto a un prezzo inferiore a quello che sarebbero disposti a pagare) viene potenziato grazie allo sviluppo della banda larga ad alta velocità. I driver della cosiddetta “willingness to pay” sono il maggiore accesso a informazioni, intrattenimento, servizi sanitari e pubblici e risparmio nei trasporti.

Quindi, in conclusione, se si vuole realmente intraprendere una strategia tecnologica che contribuisca nel medio periodo al rilancio dell’economia italiana cogliendo le opportunità offerte dalla trasformazione digitale, diviene fondamentale il ruolo del Governo nel dare un impulso decisivo ai progetti in corso intervenendo efficacemente su tutti i soggetti coinvolti incluse le amministrazioni che spesso ritardano nel rilascio di permessi e autorizzazioni. Al contempo l’esecutivo deve definire e mettere in atto al più presto una politica di sviluppo delle infrastrutture digitali forzando, ove necessario e opportuno, il dogma della neutralità tecnologica che rischia di diventare il freno al raggiungimento degli obiettivi minimi condivisi a livello comunitario per lo sviluppo di reti e servizi digitali di nuova generazione.

Francesco Bellini

Professore di Digital Transformation & Data Management – Università di Roma La Sapienza

Senior Partner e Research Director – Eurokleis srl

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