Ci sono le premesse per fare dell’innovazione digitale una leva di crescita reale, non solo per il settore ma per il sistema-Paese? Dopo quasi un decennio caratterizzato da trasformazioni epocali, dalla crisi economica al mutamento dei rapporti di forza internazionali, all’impatto delle nuove tecnologie, comprese l’accoppiata banda larga / cloud, che annulla i tradizionali concetti di spazio e tempo, la domanda è obbligata. La risposta è semplice: sarà la capacità d’innovazione a guidare un processo capace di generare valore. Al tempo stesso l’innovazione sarà complessa da declinare, perché comporterà modifiche di equilibri, rapporti di forza e consuetudini consolidate. E, naturalmente, comporterà anche investimenti. Il recentissimo “Manifesto” lanciato da Assinform sull’economia digitale rileva, per esempio, la necessità di una integrazione a livello di sistema in grado non di “automatizzare” procedure esistenti, ma di ripensarne nuovi delle nuove, coinvolgendo tecnologie, risorse e capitale umano.
Per anni ci si è interrogati sulla consueta “killer application” per rilanciare la domanda e sostenere gli investimenti. La nuova prospettiva oggi è fornita da una combinazione senza precedenti fatta di salti di qualità nelle infrastrutture fisse e mobili, nella modalità d’accesso ad applicazioni in cloud, nei nuovi modelli architetturali della virtualizzazione delle risorse, nella consumerizzazione che ruota attorno a mobilità e apps. Anche per questo, in Selta, abbiamo adottato un nuovo approccio che ha le sue leve nelle reti ad alta capacità, nella virtualizzazione dei sistemi e applicazioni, nelle piattaforme per l’IoT, nella sicurezza per riflettere la nuova strategicità delle reti.
Si dice che il vero cambiamento non sia trovare gli strumenti per fare le stesse cose in modo diverso, ma per fare cose nuove tout-court. Com’è successo nel caso delle reti, da quelle solo telefoniche, attraverso quelle per la trasmissione dei dati fino ad Internet: la novità non era solo la maggiore velocità rispetto al vecchio modem analogico, ma anche e soprattutto la possibilità di fare delle cose in più, voce e dati insieme per cominciare, e poi di essere “always on”, quindi sempre connessi. Fino alla rete di oggi che connette ogni tipo di device e applicazione.
Un computer a portata di tasca
Quando, con l’affermarsi delle tecnologie IP era chiaro che, al contrario del decennio precedente, avemmo usato una rete nata per i dati per “far transitare” anche la voce, ormai divenuta un’applicazione delle tante la rivoluzione era già avviata. La maggior parte del traffico oggi è rappresentata dai dati e se questo è vero da tempo per le reti fisse e quelle di trasporto (il 95% del traffico sono dati), la svolta è avvenuta anche nel mobile, poichè il cellulare è un device sempre più smart.
Una delle conseguenze è che se la velocità, i Megabit al secondo insomma, ha da più di quindici anni caratterizzato l’evoluzione delle reti, il vero nodo in futuro sarà ancor più la capacità, che è l’altra faccia della medaglia. Quando, sul finire degli anni ’90, Selta sviluppava soluzioni DSL l’applicazione di punta era quella dei 2 Megabit simmetrici (l’HDSL) in grado di concentrare sul doppino il traffico di 30 canali telefonici di un Pbx. Qualche anni dopo, nel decennio scorso, i 2 megabit servivano già per il backhaul delle reti mobili. Dieci anni dopo ancora, la stessa applicazione avrebbe chiesto capacità anche 100 volte superiori e le reti si sarebbero adeguate di conseguenza.
La consumerizzazione dei servizi e i grandi volumi
Naturalmente la nascita di scenari totalmente nuovi è spesso legato a fattori economici oltre che tecnologici. Un esempio noto è il cloud per lo storage. Per gli utenti, l’archiviazione dei propri file (documenti, foto, musica) su un servizio di storage esterno è divenuto conveniente e quindi abituale quando si sono avverate diverse condizioni simultaneamente: il costo dei Mega/Giga Internet competitivo; il tempo di accesso ad un file nel cloud diveniva paragonabile a quello “in-house”; il servizio disponibile anche su device mobili. E’ da notare che applicazioni di questo tipo richiedono un’adeguata velocità non solo nel download ma anche nell’upload.
Il video on demand si è già candidato a divenire il grande driver della rete di nuova generazione. E qui si potrà verificare la portata del principio richiamato all’inizio, quello delle “nuove cose” e non solo delle “solite cose fatte diversamente”. Un primo effetto potrà essere il trasferimento non solo dall’antenna ma anche dal satellite al cavo della programmazione televisiva. Qualcosa che in particolare in Italia suona rivoluzionario.
Servizi e neutralità della rete
E’ significativo che proprio con il diffondersi della banda ultralarga – per il momento in Italia soprattutto nella versione dei 30 – 50 Mbit/s – si sia anche estesa l’offerta TV via Internet, così come sono aumentate le azioni volte ad una convergenza di servizi, tra operatori fissi e mobili, tra carrier e fornitori di servizi. Non sarà naturalmente irrilevante la politica tariffaria e fiscale, per vedere come, in definitiva, verrà ripartito l’onere degli investimenti necessari: sui fornitori di contenuti e servizi, sugli operatori di rete, sui consumatori, sui contribuenti. Il dibattito sulla “net neutrality”, in definitiva è un’espressione di questo nodo.
Il tema è delicato e tra Usa ed Europa, per esempio, ci sono approcci parzialmente diversi. Se stessimo parlando di pedaggi autostradali, visto che costruire e mantenere le autostrade costa, saremmo a domandarci se queste devono essere realizzate attraverso tasse alla collettività, in nome nel beneficio che comunque se ne riceverebbe, o attraverso pedaggi e, in questo caso, attraverso “vignette” a forfait, come in Austria o Svizzera, o “pay per use” come italia e francia, oppure con formule differenziate tra traffico automobilistico e traffico pesante e, quest’ultimo, se a forfait o in funzione di elementi come peso, volume o valore della merce trasportata.
Il passaggio della televisione dall’etere al cavo, che peraltro avrebbe il non trascurabile effetto di eliminare pirateria ed evasione del canone, è tuttavia solo l’aspetto oggi più visibile di questa trasformazione. Una rete diffusa può contribuire a modificare una serie di comportamenti e di servizi per una vastissima base d’utenza dove, peraltro, i confini tra fisso e mobile tenderanno a svanire. Il sistema dei pagamenti è un esempio di tutto questo. L’Italia non sarà il sistema dove i pagamenti “no cash” sono più diffusi, però è stato il primo dei grandi paesi a introdurre l’obbligatorietà dello scontrino fiscale e tra meno di 18 mesi, questo stesso scontrino potrà essere dematerializzato, con la pratica (per il momento non ancora obbligatoria ) della trasmissione online dei corrispettivi. Se generalizzata, questa misura avrebbe ripercussioni molto rilevanti sul carico di lavoro della rete, soprattutto se associata al pagamento online (quindi transazioni tra consumatore e fornitore di servizi di pagamento, tra questi e l’istituto di credito, transazioni tra il negoziante e l’Agenzia delle entrate).
Un “hub” di applicazioni grazie alla capacità della rete e alla flessibilità del cloud
“Cloud, virtualizzazione, banda larga, identità digitale potranno essere le quattro gambe di un tavolo in cui soggetti vari, inclusi service provider, potranno rendere disponibili molteplici funzionalità, anche in ambito enterprise ed ibrido, dalla gestione dei consumi a quella dello storage e dei consumi energetici o alla videosorveglianza, dalla “rich communication” alla collaboration, dalla fatturazione ai pagamenti online e alla trasmissione dei corrispettivi.
In realtà, una serie di attività, definibili come tradizionali, passerà sempre più per la rete. Il commercio al dettaglio potrà arricchire i suoi servizi a domicilio – più ancora di quanto oggi non avvenga – se la customer experience crescerà in modo più convincente. Già oggi gli esami clinici di laboratorio dei pazienti possono arrivare al medico curante prima ancora che il paziente stesso ne entri in possesso. Una serie di operazioni di sportello che riguardano il rapporto tra la pubblica amministrazione e il cittadino potrebbero contare su forme più interattive, anche video, a condizione di poter contare su una rete sufficientemente robusta. E’ significativo, peraltro, che anche nell’ambito dei progetti dell’Italia digitale il sistema dei pagamenti abbia riscosso un ruolo prioritario nelle stesse attività dell’Agid, poiché si tratta di uno snodo fondamentale nei rapporti tra PA e cittadini / imprese.
Certo, perché tutto questo avvenga, è indispensabile che si materializzi anche un cambiamento culturale, fatto di procedure più snelle, più agevoli di quelle per esempio legate all’utilizzo della PEC, la Posta Elettronica Certificata. Così come l’abbiamo conosciuta sinora.
Purtroppo, la realtà di questi tempi ci richiama la necessità di disporre di sistemi sicuri, a prova di attacco di malintenzionati. Per questo sarà bene ricordare che la sfida digitale non si vince solo puntando, a volte in modo un po’ ossessivo, sulla velocità della rete. Un certo numero di risorse in più dovrebbero essere dedicate a garantire infrastrutture sicure a tutti i livelli.
La trasformazione digitale del sistema dei pagamenti sarà un passaggio qualificato e anche il decreto-delega che prevede ulteriori novità con il 1° gennaio 2017 va in questa direzione. Come in un grande gioco del domino, una serie di relazioni clienti / fornitori, stato e imprese, consumatori e fornitori, sarà incluso. Per inciso, la forza di questa trasformazione sarà ancora maggiore se potrà essere giocata a livello europeo in modo quanto più omogeneo possibile. Sarà quindi questo uno dei grandi driver della trasformazione, insieme con la consumerizzazione (anche applicativa), il video, per arrivare all’Internet delle cose (IoT), le smart grid, la gestione intelligente di case, palazzi, città, utilities. E’ interessante notare come proprio in questi mesi una serie di argomenti stiano venendo alla luce. Ci riferiamo al processo di acquisizione e convergenza tra carrier e content provider, tra tlc e televisione, tra progetti di rete degli operatori elettrici e quelli di comunicazione. Siamo solo agli inizi e il tema della rete – non solo veloce ma anche capace, sicura, universale, multi servizi – sta assumendo un significato diverso anche rispetto a soli pochi anni fa. La svolta è già in atto e l’importante sarà anche coglierne le occasioni per essere non solo consumatori, ma anche ideatori, promotori e produttori di questa trasformazione che dovrà essere una nuova occasione industriale per l’Europa e per il Paese.
In un mercato che è sempre più globale, non possiamo tuttavia trascurare il rischio della creazione di un nuovo digital divide. Se è vero che la rete offre nuove opportunità a tutti i partecipanti, occorre tener presente che la digitalizzazione sempre più spinta da un lato va ad arricchire la quotidianità e la capacità delle persone, dall’altro introduce il rischio che il digital divide non sia più un problema locale ma tra paesi del mondo che in tema di tecnologie si muovono a velocità diverse.
Sul finire dello scorso anno, l’ITU rilevava che più della metà della popolazione mondiale, circa 4,3 miliardi di abitanti non hanno accesso a Internet e il 90% di questi vive nei paesi in via di sviluppo. Benchè il numero di cellulari abbia raggiunto quello della popolazione terrestre e l’area più arretrata, l’Africa, stia facendo significativi progressi nelle reti mobili di nuova generazione, oltre che nei collegamenti sottomarini con il resto del mondo, il divario resta notevole, mentre proprio per queste popolazioni la connettività vuol dire opportunità di istruzione, salute, commercio, informazione, lavoro. Un mondo che comunica meglio è nell’interesse di tutti.