L’Europa sta affidando una quota crescente dei propri dati e servizi digitali ai giganti del cloud statunitensi – Amazon Web Services (AWS), Google Cloud e Microsoft Azure – ma questa dipendenza tecnologica potrebbe trasformarsi in un tallone d’Achille.
Un recente audit della Corte dei Conti olandese ha lanciato l’allarme: tutti i ministeri dei Paesi Bassi utilizzano servizi cloud USA e le loro operazioni risultano “esposte a troppi rischi”. Gli esperti avvertono che un Presidente americano dall’approccio duro, come Donald Trump, potrebbe perfino ottenere accesso ai dati sensibili europei gestiti su queste piattaforme. Alla luce delle nuove politiche protezionistiche degli Stati Uniti e dei dazi minacciati da Trump, l’Unione Europea continua a interrogarsi sulle implicazioni di questa sudditanza digitale.
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Dominio USA sul cloud europeo: una dipendenza pericolosa
Il mercato europeo del cloud è oggi dominato dalle Big Tech americane. I tre hyperscaler statunitensi – AWS, Microsoft Azure e Google Cloud – controllano circa il 65% del mercato dei servizi cloud nell’UE. In parallelo, i provider europei faticano a tenere il passo: la loro quota combinata è scesa sotto il 16%, con il maggior operatore europeo fermo al 2%. In altre parole, gran parte dei dati europei viaggia e risiede su server oltreoceano, o comunque sotto il controllo di aziende USA. Questa concentrazione pone seri interrogativi sulla sovranità tecnologica del continente. Come ha sottolineato un rapporto del Governo olandese, l’uso intensivo di cloud pubblici offre sì efficienza e innovazione, ma “espone il governo a rischi in termini di sovranità digitale, continuità operativa e protezione dei dati”. Basti pensare che un’interruzione improvvisa di questi servizi – magari per decisioni unilaterali o conflitti geopolitici – potrebbe paralizzare interi settori pubblici e privati, con danni enormi alla società e all’economia.
Sovranità digitale e protezione dei dati a rischio
Affidare dati europei a piattaforme statunitensi significa anche sottostare a leggi e politiche extraeuropee. In particolare, la normativa USA, come il Cloud Act, permette alle autorità americane di richiedere dati alle aziende tech, anche se archiviati in data center europei. Ciò crea un evidente conflitto normativo con le rigorose tutele UE sulla privacy previste dal GDPR e ha portato in passato a scontri diplomatici, come dimostra la lunga vicenda dell’accordo Privacy Shield invalidato dalla Corte di Giustizia UE. Non si tratta solo di regole commerciali: “la questione dei trasferimenti di dati UE-USA… tocca aspetti centrali della sovranità digitale dell’Europa” avverte Agostino Ghiglia, componente del Garante Privacy. I dati personali non sono infatti una merce qualsiasi: se gestiti fuori dal controllo europeo, possono mettere a repentaglio la privacy dei cittadini, influenzare decisioni politiche o alterare la concorrenza di mercato.
In sostanza, chi controlla i dati controlla il futuro: per questo la dominanza USA nel cloud preoccupa istituzioni e governi UE, che temono di vedere ridotta la propria autonomia decisionale sul digitale.
Tensioni transatlantiche: impatto economico e strategico
Lo scenario diventa ancor più critico in caso di tensioni commerciali tra Washington e Bruxelles. La presidenza Trump sta mostrando posizioni non convenzionali nei rapporti verso la UE: il leader americano ha minacciato pesanti dazi contro prodotti europei e non ha esitato a usare misure punitive nelle dispute commerciali.
Se queste frizioni dovessero estendersi al campo digitale, l’Europa rischierebbe di trovarsi in ostaggio tecnologico.
Ad esempio, un irrigidimento delle politiche USA potrebbe rallentare od ostacolare l’accesso delle imprese europee ai servizi cloud d’oltreoceano, con ripercussioni a catena su settori cruciali (dalla sanità ai trasporti, dalla finanza alla pubblica amministrazione).
L’allarme lanciato dall’organizzazione no-profit noyb ne è un esempio: le recenti mosse di Trump sul fronte della privacy (come lo smantellamento di organismi di vigilanza sui dati) rischiano di creare un “caos normativo” che metterebbe in crisi il flusso di informazioni e i servizi cloud tra UE e USA. In uno scenario estremo di guerra commerciale digitale, l’Europa – priva di alternative cloud autosufficienti – subirebbe shock economici e strategici, vedendo compromessa la continuità operativa di molte attività e la sicurezza dei propri dati.
Gaia-X: un’alternativa possibile per l’Europa?
Una delle risposte europee (forse) più concrete a questa dipendenza è Gaia-X, il progetto franco-tedesco nato nel 2019 con l’obiettivo di creare un ecosistema cloud federato basato su principi europei di trasparenza, interoperabilità e sovranità digitale. Gaia-X non si propone di competere direttamente con i colossi USA, ma di fornire un’infrastruttura aperta e sicura in cui aziende e pubbliche amministrazioni possano scegliere fornitori europei o comunque conformi agli standard dell’UE. L’obiettivo è evitare il lock-in verso i servizi americani e garantire ai dati europei una gestione conforme alle normative europee, indipendentemente dal provider utilizzato. Tuttavia, Gaia-X ha incontrato numerose difficoltà, tra cui la forte presenza di membri statunitensi nella governance del progetto, che ha sollevato dubbi sulla sua reale capacità di ridurre la dipendenza dal cloud USA. Se ben sviluppata e implementata, però, questa iniziativa potrebbe rappresentare un passo decisivo verso una maggiore autonomia digitale europea.
La risposta dell’Ue: verso l’autonomia digitale
Consapevole di questi rischi, l’Unione Europea sta correndo ai ripari. Già nel 2020 la Commissione UE, nel documento “Plasmare il futuro digitale dell’Europa”, indicava come obiettivo prioritario assicurare all’UE la sovranità digitale sviluppando tecnologie, infrastrutture e competenze proprie, così da “ridurre la dipendenza da Paesi extraeuropei”. Iniziative come il European Alliance for Industrial Data and Cloud puntano proprio a costruire alternative locali affidabili. Inoltre, l’UE sta lavorando a un schema di certificazione di sicurezza cloud (EUCS) e a norme (come il Data Act) per favorire l’interoperabilità e prevenire il lock-in dei fornitori.
Indipendenza dal cloud Usa, una sfida complessa
La dipendenza dell’Europa dal cloud USA è una sfida complessa, ma Gaia-X e altre iniziative dimostrano che una strada alternativa è possibile, sebbene la lentezza e frammentazione europea potrebbero trovare soluzioni in tempi troppo lunghi rispetto alle esigenze reale. D’altra parte se l’UE riuscirà a implementare infrastrutture cloud realmente autonome e sicure, potrà garantire al continente un futuro digitale più stabile, innovativo e indipendente.
Certo Trump potrebbe domani mettere sul tavolo una dichiarazione del tipo “no cloud for EU” e i leader europei non potranno fare altro che incenerirsi il capo e accettare qualsiasi condizione che lui detterà, essendo uno dei migliori negoziatori al mondo.