Engineering d,hub

Il cloud vero “game changer” per la PA, ma serve una strategia per il futuro

La definizione di uno standard di certificazione per le piattaforme di erogazione di servizi cloud è il segnale di un cambio di marcia per la PA. Si tratta di un cambiamento enorme e impone la necessità di definire una propria visione del futuro e una conseguente strategia digitale. La strategia del gruppo Engineering

Pubblicato il 26 Giu 2019

Francesco Bonfiglio

Ceo Engineering D.HUB

cloud

La definizione di uno standard di certificazione per le piattaforme di erogazione di servizi cloud per la PA è il segnale di un cambio di marcia per la pubblica amministrazione. Di fatto, questo implica che ora qualsiasi servizio cloud può essere acquistato dalla PA ed esercitato solo attraverso un  Cloud Service Provider (CSP) certificato AgID.

Engineering D.HUB, piattaforma dei servizi cloud per il gruppo Engineering, si è assicurata un posto tra questi CSP, insieme a pochi italiani e tanti attori d’oltreoceano.

Il cloud, agente catalizzatore della trasformazione della PA

Per chi ha la consapevolezza e l’obiettivo di affrontare un serio percorso di trasformazione digitale, il cloud rappresenta un importante ‘agente catalizzatore’ in grado di generare un impatto positivo in ogni ambito economico e sociale, pubblico e privato.

Per questo ritengo che la PA sia stata lungimirante e attenta nel comprendere la complessità del percorso che sta dietro la definizione di offerte e piattaforme multicloud, cogliendo le opportunità che può trarne.

Il cambiamento innescato dal passaggio al cloud è però enorme e impone la necessità di definire una propria visione del futuro e una conseguente strategia digitale per poterla portare sul mercato con competenza, asset e concretezza.

Pensiamo alla nostra vita di tutti i giorni, privata e professionale, la nostra mail, gli strumenti di comunicazione istantanea, i nostri archivi di foto e documenti, i portali di e-commerce da cui acquistiamo, i servizi di pagamento delle nostre carte di credito, i social media che navighiamo, la quasi totalità di questi servizi si basa oggi su tecnologie cloud di varia forma e sorgente.

Il destino dei data center

Ma a questo punto viene spontaneo chiedersi: cosa succederà ai Data Center tradizionali? Si svuoteranno? No, tutt’altro, e i fatti lo testimoniano. I Data Center tradizionali continuano ad avere un ruolo chiave e duplice, da una parte quello di mantenere la continuità di servizi che non possono essere migrati al cloud, per motivi tecnologici o normativi e, dall’altra di permettere la necessaria flessibilità di migrazione al cloud che deve poter avvenire con velocità e modalità diverse per ogni cliente.

Nel caso della PA, ad esempio, è evidente il problema del riuso di soluzioni e servizi che oggi sono estremamente frammentati e difformi tra loro.

Passare dunque al paradigma cloud significa ridurre la tradizionale richiesta (attraverso gare pubbliche) di sviluppo di soluzioni progettuali custom e stimolare il riuso di servizi già pubblicati dai CSP (magari acquistati direttamente attraverso portali di commercio elettronico come MEPA e SDAPA) selezionati non più solo per la loro funzionalità ma anche per granularità e integrabilità con altri servizi. Un inizio dunque di un mercato di servizi, un modo nuovo di creare soluzioni assemblando micro-servizi o riusando soluzioni già pubblicate da altri, un nuovo modello di competizione tra CSP, un presumibile aumento della qualità e una riduzione dei costi grazie al riuso.

Una strategia futura di digitalizzazione

E’ questo che leggo nel primo passo di AgID nella definizione degli standard di certificazione, la definizione di una propria visione e strategia futura di digitalizzazione e la ricerca di soluzioni che a loro volta siano state pensate e sviluppate sulla base di una strategia di grande respiro, che abbatta ogni tipologia di legacy e apra a uno sviluppo pressoché infinito di servizi.

Benché la certificazione possa essere ancora considerata a uno stadio in gran parte normativo (presumendo che nel tempo verranno dettati requisiti più stringenti dal punto di vista tecnologico e dunque si ridurranno ulteriormente i CSP che resteranno ‘piattaforme’ per la PA) nella sostanza riflette la visione strategica di un futuro dove ogni soluzione sarà fruibile in forma di servizio (IaaS, PaaS, SaaS) e i System Integrator diventeranno sempre più broker di servizi. La capacità di erogare questi servizi tecnologici e di business (attraverso SaaS o piattaforme) determinerà la differenza tra loro.

Cloud ibrido e multicloud

Avere soluzioni proprietarie, erogarle in modalità a servizio, farlo attraverso il proprio cloud e aiutare i clienti a creare i loro servizi attraverso piattaforme di servizi digitali, è ciò che Engineering sta facendo dando esecuzione a una strategia cloud che viene da lontano sulla base di una visione che guarda molto avanti, anche rispetto a dove ci troviamo oggi.

La nostra scelta iniziale è stata creare un cloud ibrido (combinando infrastrutture dedicate e condivise in modo privato o pubblico indifferentemente) e multicloud (ovvero aperto ad ogni tipo di fornitore attuale e futuro di servizi cloud). Obiettivo chiaro a tutti oggi, ma tutt’altro che facile da teorizzare fino anche a pochi anni fa, quando tutti davano per scontato il tramonto definitivo di ciò che non fosse Public Cloud e la necessità di schierarsi al più presto su una delle (due di fatto) tecnologie prevalenti.

Oggi l’edge computing, la necessità di creare Data Vault, la reale impossibilità di sostituire la totalità delle infrastrutture tecnologiche e applicative con nuove architetture totalmente ridisegnate nel cloud pubblico, rendono l’approccio ibrido e multi-fornitore una necessità. Una strategia che non si limita al cloud, ma rappresenta piuttosto la nostra visione dell’evoluzione del mondo delle soluzioni e dei servizi verso una economia totalmente diversa.

Una economia digitale basata sull’acquisto e l’orchestrazione di servizi erogati da piattaforme

La strategia cloud del gruppo Engineering si muove su tre grandi direttrici:

  • la trasformazione in modalità a servizio delle soluzioni verticali proprietarie;
  • l’evoluzione di una piattaforma ecosistemica chiamata DigitalEnabler che permette di integrarsi a qualunque sorgente dati e creare soluzioni digitali in qualunque contesto di business;
  • un catalogo di servizi tecnologici cloud che supporta il paradigma ibrido e multicloud, arricchito dal valore della gestione che mette a fattore comune competenze ed esperienza tradizionale e nuova sviluppata nei data center e sulle nuove piattaforme.

Avere soluzioni proprietarie, erogarle in modalità a servizio, farlo attraverso il proprio cloud e aiutare i clienti a creare i loro servizi attraverso piattaforme digitali, è ciò che Engineering sta facendo per dare esecuzione alla propria visione e strategia cloud.

Ci sono molti  esempi interessanti di questo paradigma dei servizi. SalesForce, ad esempio, ha creato il suo valore su una soluzione precisa (un CRM) che, diventata pervasiva, è stata poi “fattorizzata” in microservizi e resa disponibile su quella che oggi è di fatto una piattaforma con la quale si possono creare soluzioni completamente diverse dal CRM.

SAP ha fatto per decenni la stessa cosa per creare ora una piattaforma parallela agli strumenti tradizionali.

Amazon, Microsoft e Google hanno piattaforme che fanno cose diverse ma la chiave di lettura è piuttosto semplice: le piattaforme nascono sempre a posteriori e intorno a quello che era il core business (la logistica per Amazon, i prodotti SW per Microsoft, la pubblicità per Google e via di questo passo). Qual è dunque la piattaforma ideale? Di nuovo la risposta è semplice: quella più completa e aperta di tutte.

La scelta di Engineering è offrire piattaforme che contengono soluzioni verticali leader in molti settori, che permettono di creare nuove soluzioni partendo da servizi e componenti modulari, che sono nativamente aperte per l’integrazione in molteplici ambiti e su una piattaforma di servizi cloud che permette di utilizzare indifferentemente le migliori tecnologie cloud di riferimento per il mercato (VMWare, OpenStack, AWS, Azure, Google, Alibaba, Oracle).

Cloud, un game changer per la PA

Ripensando dunque alla PA e a come questa possa passare in testa rispetto al settore privato o quanto meno restare al passo con questo, nell’adozione di servizi cloud e nella migrazione al paradigma dei servizi digitali, credo esistano dei presupposti unici.

Se è vero che norme e burocrazia non favoriscono quella velocità nell’adozione che è un mantra della digitalizzazione, è altrettanto vero che la pervasività dei servizi della PA e l’impatto che la loro trasformazione può avere sui cittadini non ha eguali.

Credo dunque che questo primo passo e, per noi ed altri ennesimo passo in un percorso difficile ma affascinante di interpretazione di cosa significa trasformazione digitale, possa essere realmente un game-changer.

Per questo player come il gruppo Engineering hanno e avranno un ruolo sempre più fondamentale nella modernizzazione ed efficientamento del nostro Paese, puntando alla piena soddisfazione della aspettativa di utilità e qualità che ogni cittadino e ognuno di noi merita.

L’articolo è parte di un progetto di comunicazione editoriale che Agendadigitale.eu sta sviluppando con il partner Engineering

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