La sanità, seppur non senza ostacoli e complessità, si sta sempre più digitalizzando nel nostro Paese. Questo trend crescente ha fatto riflettere diversi esperti e studiosi, perlopiù all’estero, sul possibile rischio di sostituzione della classe medica da parte della tecnologia digitale.
Le opinioni in merito sono sicuramente non univoche. Anzi, chiaramente si delineano posizioni discordanti sul tema. Pochi mesi fa (ottobre 2016) sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista statunitense Harvard Business Review i risultati di uno studio condotto dai docenti inglesi Richard e Daniel Susskind su quanto sia effettivamente il rischio di sostituzione da parte delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale per una serie di professioni intellettuali. Oltre ai dottori lo studio si incentra anche su avvocati e altre categorie professionali. Questa tesi si basa sul fatto che queste categorie professionali spesso articolano le proprie attività suddividendole in più fasi routinarie. Ciò rende il loro “processo produttivo” in larga parte automatizzabile in quanto non implica l’utilizzo di qualità personali o caratteristiche/conoscenze individuali (come la creatività, l’empatia, o un giudizio critico).
Un’opinione completamente opposta a quella dei docenti inglesi proviene invece dagli USA, dove Spencer Nam del Christensen Institute di Boston in un dettagliato post pubblicato sul sito del proprio istituto mette in evidenza come, invece, i medici non debbano preoccuparsi più di tanto dell’avvento del digitale. Il rischio di sostituzione è ancora molto lontano grazie a diverse condizioni tipiche del servizio di assistenza medica (es., complessità della diagnosi o personalizzazione della terapia) che frenano tale cambiamento.
Mettendo da parte le tesi più ardite, il rimpiazzo dei medici in carne ed ossa a favore dei sistemi tecnologici sembra, soprattutto se si pensa alla realtà italiana, una possibilità ancora remota proprio per le specificità del settore sanitario. Infatti, nonostante gli evidenti benefici di processo e di costo ottenibili tramite il digitale, si ritiene che la relazione tra medico e paziente, o addirittura il coinvolgimento di quest’ultimo nel processo decisionale e di erogazione dell’assistenza sanitaria (patient-engagement), sia qualcosa di non demandabile alle macchine. La cura e lo sviluppo di tale relazione richiede necessariamente ed esclusivamente l’interazione tra esseri umani. Oggi software e robot sono pertanto principalmente ausili e non nemici per il medico.
Ferma restando la non sostituibilità dell’uomo a favore della macchina, si profila tra tecnologia digitale e dottori, per usare un concetto noto tra gli studiosi di materie aziendali, una sorta di “coopetizione”, ovvero un legame caratterizzato dalla compresenza di spinte verso l’alleanza e la competizione. Da un lato, la tecnologia nel lungo periodo potrebbe teoricamente rendere il ricorso al medico non strettamente necessario per alcuni specifici segmenti di attività (es. compilazione di formulari) di carattere prevalentemente routinario. Dall’altro lato, l’integrazione del sapere, delle capacità analitiche e operative dei dottori con le potenzialità offerte dalla tecnologia digitale (es., realtà virtuale, big data) non più che produrre effettivi positivi per tutto l’healthcare e per la stessa classe medica.
In conclusione, è in questa prospettiva che i vari stakeholder coinvolti (istituzioni, singoli professionisti, imprese del medtech) dovrebbero muoversi nei prossimi anni. Si dovrebbero incentivare gli investimenti in R&S e in capitale umano per dotare i medici sia di quegli strumenti digitali innovativi sia di quelle competenze tecnologiche utili per effettuare al meglio la propria attività diagnostica ed professionale. Questo auspicio evidenzia come un’altra area critica di azione per irrobustire il connubio tra digitale e medici sia, inevitabilmente, la formazione. Saranno, infatti, i dottori di domani, ancor più della classe medica attuale, coloro ai quali sarà richiesto giocoforza di sfruttare al meglio il digitale, le sue leve (tra cui internet, app, realtà aumentata) e le opportunità da esse messe a disposizione per tutto il sistema.