Il futuro prossimo del cloud sarà sempre più legato all’universo dell’intelligenza artificiale e sarà caratterizzato da offerte finalizzate ad integrare i sistemi informativi delle aziende con funzionalità in grado di generare testo, immagini, video, musica o altri media in risposta a specifiche richieste degli utenti.
Una conferma importante è arrivata qualche giorno fa con l’ultima trimestrale Microsoft. Amy Hood, direttore finanziario di Microsoft, ha dichiarato in una conference call con gli analisti che il consumo di IA, superiore alle aspettative, è stato responsabile di un aumento di 3 punti percentuali dell’attività cloud.
Com’è noto, Microsoft è stata la big tech che ha puntato di più su questa nuova stagione dell’IA generativa, alleandosi con OpenAI. I servizi AI di OpenAI (ChatGpt, Dall-E) devono, per esclusiva, andare sui cloud Microsoft e in generale l’IA può essere stata una leva di marketing per il cloud dell’azienda.
Da dove nasce l’accelerazione verso l’intelligenza artificiale
Per Microsoft, i ricavi dell’unità Intelligent Cloud, che ospita la piattaforma di cloud computing Azure, sono cresciuti a 24,3 miliardi di dollari, rispetto alle stime degli analisti di 23,49 miliardi di dollari, secondo i dati LSEG. I ricavi di Azure sono aumentati del 29%, superando le stime di crescita del 26,2% della società di ricerche di mercato Visible Alpha.
La spinta verso l’intelligenza artificiale generativa e soprattutto la repentina accelerazione dei principali attori internazionali deve essere letta alla luce della prima, importante frenata del mercato “Cloud” che fino a qualche mese fa era contrassegnato da una crescita sempre più veloce ed apparentemente inarrestabile.
Secondo i principali analisti del settore, nel corso del 2023 l’incremento dei ricavi derivanti dalla Nuvola digitale per le tre grandi aziende si assesterà intorno al 18%, ossia ad una cifra pari a circa la metà di quanto segnato nel 2022.
La cartina di tornasole in tale non ambito non può che essere “Amazon Web Services”, che, pur continuando a rappresentare il più grande fornitore di servizi cloud, ha registrato nello scorso trimestre la crescita più bassa dalla nascita dell’era della grande nuvola digitale.
Per comprendere come non si tratti di un risultato inatteso, è sufficiente pensare come Amazon.com aveva dichiarato all’inizio di ottobre che avrebbe licenziato circa 9.000 lavoratori in tutta l’azienda, partendo proprio dalla divisione che si occupa del Cloud.
Anche Microsoft, che nella speciale classifica dei più grandi provider cloud mondiali si trova al secondo posto dietro AWS, ha avvertito gli investitori che il suo business nella grande nuvola sta rallentando, anche a causa del fenomeno sempre più diffuso del “cloud repatriation”, ossia del graduale ritorno delle aziende verso soluzioni interne, ritenute più economiche ed a volte più vantaggiose.
In un quadro contraddistinto per la prima volta da tinte scure, pertanto, i colossi dell’high-tech hanno intravisto nell’intelligenza artificiale generativa una potenziale ancora di salvezza se non proprio un vero e proprio volano verso il rilancio del Cloud.
Allo stato attuale, infatti, per fornire funzionalità assimilabili a quelle di Chat-GTP è necessario avere a disposizione veri e propri supercomputer, in grado di elaborare in frazioni di tempo infinitesimali ingenti di moli di dati.
È del tutto evidente che tali scenari siano proponibili solamente all’interno dei grandi data center posseduti da Amazon, Microsoft, Google e pochi altri player in tutto il mondo.
Le prime proposte di intelligenza artificiale generativa
Alla luce di visto finora, non sorprende come i fornitori di servizi cloud stiano abbinando promozioni di servizi gratuiti, veicolate con proposte sempre “aggressive”, basate sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa.
Google, ad esempio, ha affermato che il proprio software AI, precedentemente disponibile solo all’interno della propria organizzazione, sarà reso gradualmente disponibile a clienti selezionati tramite il proprio cloud, generando un senso di attesa in tutti i propri prestigiosi partner diffusi in tutto il mondo.
Un caso che sta facendo scuola è quello di KPMG che aveva inizialmente tagliato nel cloud per poi tornare ad investire in maniera anche più significativa una volta che nell’ecosistema di Azure sono comparse le prime funzionalità basate su OpenAI, in grado di permettere l’integrazione di servizi di intelligenza artificiale nei sistemi aziendali.
Secondo Brad Brown, Responsabile globale della tecnologia e dell’innovazione fiscale presso KPMG, “L’intelligenza artificiale è il tanto necessario vantaggio che molte aziende si aspettavano dal Cloud. Ciò stimolerà i consumi”.
È necessario anche considerare come le startup AI più piccole rappresentino potenzialmente nuovi grandi clienti per i fornitori di servizi cloud perché necessitano di grandi quantità di potenza di calcolo per sviluppare ed eseguire le loro app.
In particolare, secondo le stime della società di venture capital Andreessen Horowitz, circa il 10-20% dei ricavi generati dalle app di intelligenza artificiale generativa va alle società cloud, con particolare riferimento ai tre fornitori più grandi, che, avendo fiutato il nuovo filone d’oro, cercano di attirare le aziende innovative offrendo loro un periodo di “trial” gratuito dei propri servizi.
Si pensi, ad esempio, che:
- Google ha più che raddoppiato la quantità di crediti gratuiti che offre ai nuovi clienti delle startup IA, coprendo ora fino a 250.000 dollari di spesa per il loro primo anno.
- Amazon prevede di offrire ad alcune startup di intelligenza artificiale fino a 300.000 dollari in risorse informatiche gratuite per l’iscrizione al proprio cloud come parte di un nuovo programma per startup di intelligenza artificiale generativa, hanno affermato persone che hanno familiarità con la questione.
- Microsoft, come già anticipato, sta investendo in startup AI per costruire la propria infrastruttura informatica AI e presentarsi ai clienti come azienda “AI-first”.
Anthropic, un rivale di OpenAI che ha anche rilasciato un nuovo modello di intelligenza artificiale all’inizio di questo mese, ha ricevuto quest’anno un investimento di oltre 300 milioni di dollari da Google e ha accettato di rendere l’unità cloud dell’azienda il suo fornitore di infrastrutture preferito. La società di ricerca ha anche firmato un accordo pluriennale per spendere circa 900 milioni di dollari sui servizi cloud di Google, hanno detto fonti vicine alla questione.
Corsa all’IA generativa, Microsoft apripista
Nata come una guerra fredda nella quale i grandi player mondiali preparavano “dietro le quinte” le proprie strategie e studiavano gli avversari come in una grande partita di scacchi giocata a livello planetario, la corsa verso l’intelligenza artificiale (ed in particolare verso quella “generativa”) sta repentinamente entrando nel vivo, grazie alle mosse sempre più “spregiudicate” di Microsoft, Amazon e Google.
Il primo attore a rompere gli equilibri è stato, invero, il colosso fondato da Bill Gates che ha letteralmente sparigliato le carte investendo la stratosferica cifra di 13 miliardi di dollari nella startup OpenAI, salita agli onori delle cronache grazie all’ormai celeberrima ChatGPT.
Per comprendere come l’AI sia un obiettivo di strategico di Microsoft, basti pensare che è stato direttamente l’amministratore delegato, Satya Nadella, a illustrare ai principali client, partner e stakeholders la nuova visione dell’azienda di Redmond, che intende, invero, proporre soluzioni in grado di incrementare l’efficienza delle organizzazioni integrando le tecniche dell’intelligenza artificiale in Azure.
La rincorsa di Google e Amazon
Non potevano, naturalmente, restare indifferenti di fronte a questo strappo i principali competitor che, seppur con qualche ritardo, hanno avviato percorsi alternativi finalizzati a dotare i propri ecosistemi digitali di strumenti quantomeno equivalenti a quelli di Microsoft.
In particolare, sia Google che Amazon hanno rivolto le proprie attenzioni verso Anthropic che, non a caso, rappresenta l’alter ego di OpenAI, essendo stata fondata da manager, ingegneri e tecnici fuoriusciti dal gruppo di lavoro originario che ha implementato ChatGPT.
Pur non avvicinandosi dal punto di vista finanziario agli investimenti di Microsoft (Amazon ha previsto una spesa di 4 miliardi di dollari mentre Google è partita con 300 milioni per arrivare a circa 3 miliardi di dollari), i due più grandi rivali hanno lanciato un segnale decisamente forte, dimostrando di voler rimanere agganciati al mondo dell’intelligenza artificiale e, soprattutto, di voler proporre soluzioni alternative e differenziate rispetto a quelle del colosso di Redmond.
Anche Meta nella guerra delle chat intelligenti
Si è affacciata, seppur ancora in punta di piedi, nella “guerra delle chat intelligenti” anche Meta, l’azienda madre di Facebook , che nei mesi scorsi ha lanciato LLaMA (Large Language Model Meta AI), presentato come un “modello linguistico all’avanguardia progettato per aiutare i ricercatori a far avanzare il loro lavoro in questo sottocampo dell’intelligenza artificiale”.
Per completare il contesto di riferimento, è opportuno anche sottolineare come Google, ancora prima di finanziarie Anthropic, avesse in realtà lanciato una propria soluzione proprietaria, denominata “Bard” (in onore di Williasm Shakespeare, che viene spesso definito il “Bardo di Avon”), che da poco è sbarcata anche in Italia ma il cui futuro rimane incerto alla luce del sempre più deciso interesse della società statunitense verso la startup rivale di OpenAI.
Le soluzioni “interne” e il dualismo OpenAI – Antropic
Se ormai appare certo il connubio sempre più stretto tra servizi cloud e intelligenza artificiale, non del tutto chiaro appare il panorama delle offerte di “chat intelligenti” dominato oggi da ChatGPT ma probabilmente destinato a vedere, almeno nell’immediato futuro, un “duopolio” gestito da OpenAI e Anthropic.
La situazione, seppur ancora fluida e in divenire, sembra ricordare quella degli esordi dei sistemi operativi mobili che aveva visto inizialmente proliferare una serie di soluzioni proprietarie per assestarsi successivamente verso la convivenza di iOS e Android.
Allo stato attuale, comunque, lo stato dell’arte è rappresentato dalle seguenti soluzioni.
ChatGTP
Il prodotto di OpenAI, è sicuramente il più famoso chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico.
È specializzato nella conversazione con un utente umano ed è stato messo a punto con tecniche di apprendimento automatico (di tipo non supervisionato) e ottimizzato con tecniche di apprendimento “supervisionato” e per “rinforzo”, elaborato per essere utilizzato come base per la creazione di altri modelli di machine learning.
Claude 2
Claude 2, che può essere considerato il più importante avversario di ChatGPT, si caratterizza per la capacità gestire fino a circa 75.000 parole, che potrebbero corrispondere alla lunghezza di un libro (si penso che il famoso competitor si ferma a circa 3.000 parole). Gli utenti, in particolare, possono inserire grandi quantità di dati e chiedere riassunti sotto forma di promemoria, lettera o storia..
Una ricerca condotta da Arthur AI, una piattaforma di monitoraggio dell’apprendimento automatico, è arrivata alla conclusione che Claude 2 è il chatbot più affidabile in termini di “consapevolezza di sé”, ovvero nel valutare accuratamente le proprie conoscenze ed i limiti connessi al processo di addestramento.
Il sistema è stato creato da Anthropic, che, a sua volta, è stata fondata da Dario Amodei, ex vicepresidente della ricerca di OpenAI, da sua sorella, Daniela Amodei, che era vicepresidente della sicurezza e delle politiche di OpenAI e da un nutrito gruppo di ricercatori fuoriusciti dall’ormai celebre genitrici di Chat GPT.
Google Bard
Google Bard rappresenta la prima grande risposta di Google allo strapotere di Microsoft nel campo dell’intelligenza artificiale generativa. Secondo quanto illustrato da Jack Krawczyk, Direttore del “Product Management”, il prodotto è stato creato “per esplorare la curiosità e permettere alle idee di evolvere, aiutando le persone a dare forma alla propria creatività”, oltre che per “combinare l’ampiezza delle conoscenze a livello globale con la potenza, l’intelligenza e la creatività dei nostri grandi modelli linguistici”.
Un elemento particolarmente interessante di Bard è connesso alla sua capacità di attingere simultaneamente anche alle informazioni sul web per fornire risposte aggiornate e di qualità.
Come anticipato, adesso il colosso fondato da Larry Page ha deciso di investire in Anthropic e potrebbe, pertanto, orientare le proprie strategie verso una integrazione del proprio prodotto di punta nel campo dell’AI con Claude 2, vista anche la convergenza di un competitor di primissimo piano come Amazon.
Llama2
LLaMA 2 è il modello di linguaggio sviluppato da Meta, la società capogruppo cui fa riferimento anche Facebook, per comprendere e generare linguaggio umano in modo naturale e coerente, imitando il modo in cui gli uomini parlano e scrivono.
Secondo le intenzioni della multinazionale fondata da Zuckenberg, Llama2 può essere utilizzato per una serie di applicazioni, tra cui la costruzione di chatbot online, la generazione di testo per la scrittura assistita, la risposta automatica alle e-mail, etc.
La grande novità degli ultimi mesi è rappresentata dalla decisione di mettere a disposizione in maniera del tutto gratuita il codice sorgente del potente motore basata sull’AI a sviluppatori, ricercatori e appassionati di software di tutto il mondo, con l’obiettivo di favorire la diffusione dell’intelligenza artificiale, generare nuove occasioni di sviluppo e perfezionare le tecniche di apprendimento e generazione dei testi.