Dall’invasione da parte della Russia del territorio ucraino si sta assistendo a una serie di botta e risposta tra i paesi con conseguenze sugli equilibri geopolitici a livello mondiale. Dalle sanzioni dell’Occidente agli attacchi cyber, fino ad arrivare al presunto “sabotaggio marino”.
Il sabotaggio marino
Lo scorso 27 settembre è stato annunciato che i due gasdotti Nord Stream 1 e 2 stavano subendo delle perdite inspiegabili e le autorità scandinave hanno tirato in ballo la Russia come responsabile di un possibile sabotaggio marino.
Tutto è partito già nei mesi precedenti con il taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Mosca, molto probabilmente per rispondere alle sanzioni arrivate dall’Occidente a seguito dell’attacco all’Ucraina, causando le tensioni geopolitiche che viviamo tuttora.
Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale americana, ha parlato di “apparente sabotaggio”, definito dalla NATO “deliberato, sconsiderato e irresponsabile”.
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La vulnerabilità dei cavi sottomarini, che trasportano circa il 97% dei dati digitali internazionali, è oggetto di discussione da diversi anni e “ora stiamo assistendo a un’attività sottomarina russa in prossimità dei cavi sottomarini che non credo abbiamo mai visto”, come ha affermato il comandante delle forze sottomarine della NATO già nel 2017, aggiungendo che “la Russia si sta chiaramente interessando alle infrastrutture… sottomarine della NATO”.
L’allarme dell’MI6
Inoltre, le forze armate britanniche hanno rilevato a inizio anno che negli ultimi due decenni c’è stato “fenomenale aumento dell’attività sottomarina e subacquea russa”, con una particolare minaccia per i cavi.
Il nuovo premier inglese Rishi Sunak ha da subito voluto esaminare il rapporto dell’MI6, dossier riservatissimo su una serie di misteriosi sabotaggi ai cavi negli ultimi tempi, dal Mare del Nord al Mediterraneo. Sue le parole di qualche anno fa sul rischio corso dai 500 cavi sottomarini che “sono grandi come tubi da giardino e trasportano di tutto, dalle informazioni militari ai dati finanziari”.
Le strutture già colpite
Un mese dopo il sabotaggio dei gasdotti, sono stati i cavi ad essere presi di mira. Il Cable Shefa-2, poco distante da Nord Stream e che connette le diciotto isole di Faroe alla Scozia, passando per le Shetland e le Orcadi, è stato spezzato in due punti contemporaneamente, provocando l’interruzione di internet sulle isole danesi e scozzesi.
Il copione si è ripetuto di recente nelle acque francesi per i cavi che collegano Marsiglia a Lione, Barcellona e l’area di Milano. Il governo italiano non ha commentato l’accaduto dato che non ci sono state particolari conseguenze.
Ricordiamo anche altri episodi del genere, alle Isole Svalbard per esempio, le isole contese tra Europa e Russia, che hanno visto danneggiare quattro chilometri e mezzo del network LoVe Ocean, secondo indagini scandinave per mano di navi russe passate in quelle acque e proprio in corrispondenza delle due lesioni al cavo.
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Le mosse dell’Europa
L’ex direttore del Dgse, la Direction générale de la Sécurité extérieure francese, Bernard Barbier, ha rivelato che il rischio di una guerra ibrida alle comunicazioni europee è alto e che alla Russia basterebbe recidere dieci cavi sottomarini per mandare in tilt internet.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto uno “stress test” su tutta la rete sottomarina e il presidente francese Emmanuel Macron una “sorveglianza rafforzata” delle fibre, essendo preoccupato per un eventuale sabotaggio dei cavi di Marsiglia.
Rafforzare la rete per scongiurare un blackout
Se da una parte i privati Orange e Alcatel dovrebbero occuparsi della sicurezza dei cavi, dall’altro si stanno mobilitando con loro anche i paesi, con la pianificazione di grandi interventi di ingegneria sottomarina per rafforzare la rete e scongiurare un blackout.
Dal canto suo, il premier inglese Sunak ad anno nuovo varerà una nuova nave multiruolo di sorveglianza oceanica, la Mross, costruita negli ultimi anni proprio allo scopo di contrastare la minaccia di sabotaggio marino.
Cavi sottomarini: un po’ di numeri
Oltre 550 cavi sottomarini, tra cui il cavo internet Asia-Africa-Europa-1 che da solo si estende per 25mila chilometri sul fondale marino, da Hong Kong a Marsiglia, permettono al 97 per cento del traffico internet mondiale di viaggiare tra i diversi paesi, per un totale di 1,2 milioni di chilometri di lunghezza.
Oltre 100 incidenti ogni anno dovuti al mare o alla navigazione
Solitamente sono fatti di fibre ottiche ricoperte da gel di silicio, rivestite in vari strati di plastica, cavi in acciaio, rame e nylon e anche se molti di loro si trovano sulla terraferma, il fondale marino resta il luogo ottimale per sfuggire al rischio di interruzione o spionaggio, nonostante siano facilmente danneggiabili. Si verificano, infatti, più di 100 incidenti ogni anno dovuti a questioni ambientali o alla navigazione.
Infrastrutture essenziali e quindi critiche
Anche se negli ultimi anni si sta spingendo sempre più la tecnologia wireless, i cavi sottomarini restano la principale fonte per il trasporto delle comunicazioni e dell’energia. Sono infrastrutture essenziali, le cosiddette infrastrutture critiche, che vanno salvaguardate per la sicurezza nazionale.
Parliamo di tutti i sistemi fisici o virtuali, che offrono servizi essenziali di supporto ai sistemi di base a livello sociale, economico, ambientale e politico. L’alterazione o l’interruzione del loro funzionamento possono provocare gravi conseguenze per lo sviluppo regolare delle attività di base e giornaliere della società.
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Un risiko internazionale
Se da una parte si favoriscono collegamenti e trasporti di dati di volumi sempre maggiori a velocità incalzanti, le comunicazioni di cui fanno parte diventano anche potere e strategie.
È un risiko di supremazia commerciale e di gestione delle reti. Capire le velocità di passaggio di dati significa per le agenzie dei Servizi segreti nel mondo comprendere come prevenire e affrontare una possibile minaccia della propria sicurezza nazionale.
Così Russia e Cina “ascoltano” i cavi negli abissi
Tale minaccia passa da mosse che, ad esempio, nella pandemia Covid-19, si sono verificate in maniera quasi indisturbata. Dai tempi in cui la Russia, tra 2016 e 2018, attraverso i propri sottomarini, quelli della Main Directorate of Deep-Sea Research, detti GUGI, monitorava i cavi stesi passando dall’Africa, si sta passando a protocolli di comunicazione in cui si installano sensori con algoritmi atti a decifrare quello che accade sotto le acque già dalle navi in superficie.
La Cina ancor prima della Russia, quest’ultima pioniera anche sulle acque dell’Artico e sulle insospettabili Isole Svalbard, come detto in precedenza, sta avanzando con tale tecnologia “di superficie”, cercando di intercettare il segnale delle fibre dei cavi in modi totalmente nuovi.
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Ma ci fu anche la cimice degli Stati Uniti
Non si tratta di un quadro solo attuale. Già in passato sono state messe in piedi operazioni di intercettazione sfruttando i cavi sottomarini dagli USA, basti ricordare la famosa “Operation Ivy Bells”, che vide impiegati Marina, CIA e NSA e che fece sì che sub ben addestrati del sottomarino USA Halibut riuscirono a posare una speciale “cimice” attorno al cavo attraverso il quale comunicavano le basi navali sovietiche di Petropavlovsk e Vladivostok, sul mare di Okhotsk, nonostante la zona fosse blindata.