Un cloud pubblico nazionale è necessario per ragioni di sicurezza, resilienza e per non affidare quelle che sono ormai infrastrutture fondamentali all’estero.
Ce l’ha ricordato il disastro di OVH, il datacenter di Strasburgo. Incendio per il quale sono finiti down siti e servizi dei Comuni di Pavia, Cattolica, Trapani e in altri.
Evidentemente usano fornitori che si appoggiano a OVH; già nel 2017 risultano down a Como e Pordenone attributi, dagli stessi Comuni, a problemi di OVH.
Tutto questo conferma la necessità di un cloud pubblico, con datacenter unici nazionali – come si dice da anni e ha ripetuto ieri il neo ministro Vittorio Colao al convegno Asvis.
Cloud pubblico sì ma open
Cloud pubblico non vuol però dire cloud di Stato, il progetto deve rimanere aperto alla concorrenza e rappresentare un’opportunità di sviluppo del sistema industriale IT nazionale, come già avvenuto per i bandi SPC cloud.
Non basta però la sola componente tecnologica, occorre anche in questo caso rendere flessibili e moderne i procedimenti di aggiudicazione e gli strumenti contrattuali che le pubbliche amministrazioni hanno a disposizione per attivare i servizi cloud e le operazioni di standardizzazione dei propri dati.