Gli investimenti in infrastrutture sono calati a livello globale e tale riduzione – nota con l’espressione infrastructure investment gap – ha comportato un invecchiamento progressivo della dotazione infrastrutturale. Per ovviare parzialmente a questa situazione, il tema dell’impatto macroeconomico del miglioramento nella dotazione infrastrutturale è stato posto al centro del dibattito politico mondiale. Interessante approfondire la situazione europea e, in particolare, quella italiana, considerando anche i fattori di rischio che possono frenare gli investimenti.
Gli obiettivi del Piano Juncker
In particolare, a livello europeo, l’implementazione del Piano Juncker si prefigge tre obiettivi, quali:
- Eliminare gli ostacoli agli investimenti
- Dare visibilità e assistenza tecnica ai progetti di investimento;
- Fare un uso più intelligente delle risorse finanziarie.
Il piano si compone di tre pilastri:
- Il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS), che “mira a mobilitare gli investimenti privati mediante la garanzia dell’UE. La Commissione collabora con il suo partner strategico, il gruppo della Banca europea per gli investimenti (BEI)”.
- Il Polo Europeo di Consulenza sugli Investimenti e il Portale dei Progetti di Investimento Europei, che “forniscono assistenza tecnica e danno maggiore visibilità alle opportunità di investimento contribuendo a tradurre in realtà i progetti proposti. Il polo è un’impresa comune con il gruppo BEI”.
- Il miglioramento del contesto imprenditoriale eliminando gli ostacoli normativi agli investimenti, sia a livello nazionale che a livello UE.
Investimenti nelle infrastrutture come leve di sviluppo
La realizzazione di infrastrutture crea valore e contribuisce alla crescita economica dei Paesi per effetti sia diretti sia indiretti, quali: l’aumento il PIL; la creazione di posti di lavoro; l’aumento della produttività degli attori economici che ne usufruiscono, promozione della concorrenza e della cooperazione. Inoltre, l’impatto economico delle infrastrutture – in particolare quelle riferite al Trans-European Transport Network (TEN-T) – i.e. i corridoi che connettono i principali nodi urbani, porti e aeroporti con collegamenti stradali e ferroviari – viene quantificato in una crescita del PIL europeo dell’1,6% e nella creazione di 797.000 nuovi posti di lavoro, come riportato nel report “The impact of TEN-T completion on growth, jobs and the environment” pubblicato dalla Commissione Europea lo scorso marzo 2019.
L’importanza economica delle infrastrutture si riflette, quindi, anche nella costante crescita degli investimenti infrastrutturali da parte delle principali banche regionali di sviluppo, tra le quali la New Development Bank e dell’Asian Infrastructure Investment Bank. L’investimento annuale in infrastrutture, a livello mondiale, si attesta tra il 4% e l’8% del PIL, necessità dovuta, oltre che al deterioramento delle risorse infrastrutturali nei paesi sviluppati, all’aumento della popolazione e alla necessità di accrescere il potenziale economico, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Obiettivi e strategie della politica infrastrutturale
Secondo il report G20 Global Infrastruture Outlook il deficit infrastrutturale italiano risulta il maggiore a livello europeo, con un divario previsto nel 2020 tra investimenti effettivi (47 miliardi di dollari) e necessità infrastrutturali (59 miliardi di dollari) pari a circa 12 miliardi di dollari. Tale carenza impatta negativamente sul potenziale di crescita a lungo termine del Paese e ne consegue la sempre maggiore necessità di coinvolgere capitali privati nel finanziamento delle infrastrutture mediate soprattutto le cosiddette Public-Private Partnerships (PPPs).
Il nostro Paese, già a partire dal 2016 (come si evince dall’Allegato “Connettere l’Italia” al DEF 2016), ha avviato un processo di riforma in termini di pianificazione e programmazione delle infrastrutture, definendo gli obiettivi, le strategie e le linee d’azione necessarie per progredire nelle riforme strutturali e realizzare le politiche necessarie per l’implementazione del Sistema dei Trasporti e delle Infrastrutture secondo gli obiettivi del Piano Junker. Sappiamo che un sistema infrastrutturale moderno ed efficiente – che si fonda su regole chiare, risorse adeguate e tempi certi – è in grado di garantire la piena mobilità (di persone e merci) e l’accessibilità all’Europa di tutte le aree del territorio nazionale, rendendo le città italiane maggiormente vivibili per i cittadini, accoglienti per i visitatori; fattori questi che contribuiscono a rendere il Paese più competitivo sui mercati internazionali stabilendo connessioni e servizi di trasporto e logistica verso l’Europa ed il Mediterraneo.
Il DEF 2019, sulla scia di quanto stabilito dal DEF 2016, prevede l’ulteriore definizione delle strategie infrastrutturali per soddisfare il fabbisogno del Bel Paese in termini di completamento delle connessioni, di miglioramento della viabilità, di sicurezza delle infrastrutture e degli spostamenti, di sostenibilità ambientale, di miglioramento della qualità della vita, di sostegno alla competitività delle imprese. Tra i principali ambiti di intervento:
- La riqualificazione del patrimonio infrastrutturale attraverso il monitoraggio delle infrastrutture da parte dello Stato, la predisposizione di un Piano Nazionale di Manutenzione Straordinaria delle Infrastrutture, la promozione di linee guida per la progettazione e costruzione di Edifici 4.0, il completamento delle opere incompiute.
- La costituzione di una “Struttura Centrale per la Progettazione delle Opere Pubbliche” con il compito di realizzare la progettazione di beni e di edifici pubblici, ossia un organo tecnico in grado di assistere gli enti pubblici nella progettazione di opere con prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, collaudo, coordinamento della sicurezza della progettazione, nonché direzione dei lavori e incarichi di supporto tecnico-amministrativo.
- La valutazione strutturale delle opere pubbliche per le infrastrutture di trasporto attraverso un piano Smart Roads per la digitalizzazione dell’infrastruttura stradale, e per il settore delle infrastrutture ferroviarie, l’implementazione dell’ERTMS (European Rail Traffic Management System) e HD ERTMS (Hugh Density European Rail Traffic Management System) ferroviario, la Smart Railway e la Smart Station, oltre allo Smart Airport, lo Smart Port, e la Smart City.
- L’efficacia, l’efficienza e la qualità dei servizi di mobilità attraverso azioni di miglioramento dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, di digitalizzazione della logistica unitamente allo sviluppo della logistica intermodale e della City Logistics.
- Lo sviluppo dell’Ultimo miglio turistico e l’accessibilità digitale ai siti turistici, nonché politiche di trasporti/ energia/ digitale e territorio integrate.
- Gli incentivi alla mobilità elettrica in ambito urbano ed extra urbano, mobilità come servizio (MaaS), sperimentazione dei veicoli guida autonoma.
- Le misure normative in diversi ambiti quali: modifiche al Codice dei contratti pubblici per migliorare la sicurezza e per semplificare le procedure; modifiche sulle concessioni autostradali; riordino delle concessioni portuali; emanazione di un decreto per la progettazione, regolamentazione di nuove forme di mobilità; misure di semplificazione dei procedimenti, prevenzione della corruzione e sviluppo della trasparenza; riordino e razionalizzazione di norme in materia edilizia attraverso modifiche al TU n. 380/2001 vigente in materia edilizia.
- La valorizzazione del capitale umano tramite un’adeguata formazione atta a garantire adeguati skill digitali; riconversione dei posti di lavoro; promozione di Reti territoriali per l’apprendimento permanente; mappatura, digitalizzazione e reingegnerizzazione dei processi della PA; partecipazione dei cittadini alle decisioni e Dibattito Pubblico.
- Il potenziamento delle tecnologie di frontiera in termini di interoperabilità digitale tra i sistemi informativi delle infrastrutture e della mobilità, blockchain su Registro Nazionale infrastrutture, Blockchain e Artificial Intelligence applicate al BIM, Blockchain per il controllo delle targhe, acquisizione integrata dei dati nella PA e data governance.
I rischi associati agli investimenti infrastrutturali
La prevenzione del rischio è un aspetto fondamentale per tutti gli attori, i.e. stakeholders, operatori ed addetti ai lavori coinvolti nella realizzazione delle infrastrutture, dato che essi hanno sempre più la necessità di comprendere a quali rischi sono soggetti, anche dal punto di vista delle Direttive Europee, sempre più stringenti, che impongono loro un risk assessment; è evidente che i progetti infrastrutturali risentono della mancanza di gestione del rischio in quasi tutte le fasi e nel ciclo di vito dei vari progetti. I rischi associati agli asset infrastrutturali sono riconducibili, principalmente, alle seguenti macrocategorie:
- Rischi politici e regolatori – riferiti alla stabilità politica del Paese e della regione in cui l’asset è ubicato e alla complessità del quadro regolatorio del settore in cui l’asset opera. In Europa, gli investitori in infrastrutture ritengono che il rischio regolatorio sia particolarmente elevato nella penisola iberica, in Italia e nel Regno Unito, a causa della mancanza di stabilità dei regimi.
L’instabilità politica e regolatoria può comportare ritardi nelle procedure delle gare di affidamento delle concessioni; contenziosi a danno della realizzazione delle opere; incertezza della durata della concessione e del valore di indennizzo finale; episodi di corruzione o pressioni politiche o confisca forzata dell’asset da parte del governo. Inoltre, gli asset regolati possono essere soggetti a cambiamenti inattesi del regime tariffario stabilito dal regolatore, generando disallineamenti rispetto alle valutazioni iniziali dell’investimento. Rientra nei rischi politici e regolatori anche il rischio dei cambiamenti del regime fiscale, dal che consegue che gli investitori in infrastrutture debbono monitorare con attenzione le proposte di riforma fiscale globale in corso, guidate da iniziative internazionali quali la Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), attraverso la quale l’OCSE sta lavorando per definire una piattaforma comune per contrastare quelle strategie fiscali che sfruttano le asimmetrie delle regole fiscali tra i Paesi.
- Rischi macroeconomici, finanziari e contrattuali – riferiti all’evoluzione dello scenario economico in termini di variazione del tasso di interesse, del tasso di cambio e d’inflazione oltre che di variazione della domanda di mercato. I rischi macroeconomici e finanziari, in generale, si possono manifestare in tutte le fasi di vita delle opere infrastrutturali, mentre quelli contrattuali possono essere mitigati, in molti casi, inserendo opportune clausole contrattuali e assicurative o regolamentando il settore.
- Rischi operativi – riferiti a tutti quei fattori che possono avere un impatto sulla performance dell’asset in termini di quantità e qualità del servizio offerto. Rientrano tra i tipici rischi operativi: il rischio tecnologico, l’obsolescenza dell’infrastruttura e il rischio di costruzione, ovvero, il verificarsi di ritardi e/o extra costi nella fase di realizzazione delle opere, imputabile ad inefficienze e ad inadempimenti da parte del costruttore o ad un limitato livello di approfondimento e affidabilità degli studi di prefattibilità.
- Rischio tecnologico – riferito alla crescente rilevanza della tecnologia nei servizi e destinato a diventare, in futuro, un’area di maggiore attenzione per gli investitori oltre che un aspetto oggetto di focus in ambito di regolamentazione.
Come ovviare ai rischi infrastrutturali
Il risk assessment e la raccolta dei dati storici e le proiezioni future aiutano le varie parti coinvolte nel definire piani di Loss Prevention e Disaster Recovery personalizzati, riuscendo così a migliorare l’efficienza e la continuità operativa del processo di investimento nelle infrastrutture; tuttavia, per quanto riguarda il nostro paese, ciò non basta per rendere gli investimenti “resilienti”, sicché è necessario, per ovviare ai rischi infrastrutturali sopra descritti, attuare varie misure congiunte, quali:
- Limitare l’incertezza associata ad un investimento di lungo periodo, quale principale fattore per incentivare l’investimento di capitale privato.
- Eliminare la diffusa corruzione e criminalità organizzata, garantendo la trasparenza e la stabilità del quadro regolatorio, come conditio sine qua non per attrarre investitori privati in infrastrutture, introducendo clausole di salvaguardia dei mutamenti del quadro normativo/regolatorio anche in termini di durata delle concessioni.
- Snellire gli iter autorizzativi dei progetti che risultano avere una durata eccessiva o non prevedibile.
- Revisionare le stazioni appaltanti che risultano inadeguate.
- Predisporre modelli di bandi standard in modo da contrastare il proliferare di bandi “anomali”.
In particolare, per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto in Italia, le variabili della domanda, l’incertezza del costo finito delle opere e l’inadeguatezza delle connessioni tra le diverse opere infrastrutturali (i.e. nodi) influiscono negativamente in termini di attrattività, senza considerare gli elevati costi accessori alla realizzazione delle opere in termine di opere di mitigazione, espropri. Pertanto, sarebbe auspicabile:
- Redigere piani strategici che si focalizzino su poche opere realizzabili.
- Garantire corrette valutazioni di fattibilità finanziaria (in termini di costi-benefici) ed economica.
- Migliorare il livello di progettazione preliminare alla gara per appalti/concessioni in modo tale da ridurre il rischio di varianti e costi aggiuntivi.
- Garantire la disponibilità di risorse pubbliche sufficienti per sviluppare studi e progetti indipendenti per il successo dei progetti.
- Incentivare il coinvolgimento dei finanziatori, la predisposizione di piani finanziari già in fase di programmazione – approfondendo e aggiornando periodicamente gli studi di efficacia delle infrastrutture che vengono promosse – in modo tale da dare priorità alle opere effettivamente utili per la collettività.
- Rafforzare le competenze tecniche interne alla PA in modo tale che possa essere messa nella condizione di valutare gli investimenti nel settore dei trasporti evitando di attuare quelli che risultano essere scarsamente o per nulla redditivi, effettuando una più approfondita analisi della domanda e più accurati studi di fattibilità, privilegiando opere ad alta redditività economica che potrebbero suscitare l’interesse all’investimento da parte di attori privati.
- Ovviare al ritardo nell’applicazione delle tecniche di Public-Private Partnerships (PPPs) e nell’allocazione dei rischi nei confronti degli investitori privati, ipotizzando – come avviene negli USA – la creazione di una agenzia governativa (PPPs Unit), specializzata nella selezione e nella valutazione della finanziabilità degli interventi e della standardizzazione dei contratti per attrarre capitali privati e aumentare il rating dei progetti e la riduzione dei costi finanziari.
- Rendere meno anacronistici i meccanismi che associano leggi di finanziamento e opere finanziate, prevedendo azioni di canalizzazione dei contributi pubblici, per assicurare il tempestivo utilizzo delle risorse assegnate ai progetti.
Un’infrastruttura resiliente
La Legge 14 giugno 2019 n. 55, i.e. il Decreto Sblocca Cantieri, ha introdotto alcune importanti novità nel settore dei lavori pubblici – oltre ad attuare la riforma del Codice degli Appalti – prevedendo alcune forme di semplificazione al fine di velocizzare l’iter di realizzazione delle opere pubbliche e la revisione verso il basso delle soglie per l’affidamento di lavori. È stata inoltre creata una nuova struttura temporanea, Investitalia, al fine di migliorare le capacità di spesa delle PA attraverso un potenziamento e coordinamento delle capacità progettuali e operative delle diverse stazioni appaltanti. Per quanto riguarda le reti e le connessioni digitali, è stato avviato il Piano di Sviluppo della Banda Ultra Larga, unitamente ad altri interventi quali la PA digitale, in modo tale da garantire:
- Una logica di lungo periodo e non vincolata alle singole leggi di bilancio.
- Il potenziamento del programma di supporto alle infrastrutture digitali ed alle tecnologie emergenti 5G recentemente approvato dal Mise.
- Il completamento del piano di digitalizzazione della PA, grazie al quale si potrebbero conseguire – come già verificatosi nella regione Emilia-Romagna – considerevoli risparmi di spesa sia per le amministrazioni sia per i privati.
- L’innovazione attraverso la trasformazione digitale delle imprese, indirizzando e coordinando meglio i vari strumenti esistenti.
- L’investimento non solo in capitale materiale, ma soprattutto in capitale umano, in termini di formazione per quanto riguarda le competenze digitali.
- Il miglioramento del monitoraggio, da parte dello Stato, delle infrastrutture esistenti.
- Lo sviluppo di una politica idonea a rispettare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
L’Italia necessita la realizzazione di opere utili, atte ad aggiornare le proprie infrastrutture per essere in grado di cogliere le sfide internazionali dei trasporti e della mobilità. A tal proposito, il MIT si è dotato di una pianificazione strategica delle opere pubbliche di trasporto articolata in quattro strategie:
- Valorizzazione del patrimonio esistente con una manutenzione profonda.
- Completamento o scelta di nuove infrastrutture purché utili, snelle e condivise rivedendo – qualora risultassero sovradimensionati- anche quei progetti già approvati.
- Opere di integrazione modale e inter modalità indirizzate a rafforzare, con una vera e propria “cura del ferro”, il trasporto ferroviario delle persone e delle merci.
- Sviluppo urbano sostenibile con una rinnovata attenzione alla qualità del trasporto pubblico.
Conclusioni
L’obiettivo strategico da porsi è quello di un moderno sistema – di supporto all’economia e alla crescita, alla qualità della vita nelle città – che permetta l’accessibilità ai territori e alle connessioni tra Europa e Mediterraneo. Una infrastruttura resiliente, oggi più che mai necessaria, in grado di promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile, in funzione dell’indotto industriale e sociale a cui offrire il servizio e in grado di promuovere innovazione.
Il modo più efficiente per raggiungere quest’obiettivo potrebbe essere quello di partire dall’industria, non solo considerando i settori industriali che caratterizzano un’area urbana o una regione, ma cercando di comprendere quale settore industriale risulti equo, responsabile e sostenibile e il cui potenziale di sviluppo sia tale da assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere quelli delle generazioni future. È in funzione di queste scelte e di questa industria che si devono progettare infrastrutture resilienti, tenendo in dovuta considerazione i cambiamenti in atto e la loro velocità di attuazione, scongiurando che possano convertirsi in opere inutilizzabili in breve tempo, cosa che l’Italia non si può permettere, soprattutto dal punto divista dello spreco economico che ne conseguirebbe.
Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, ha avuto occasione di affermare che “Serve avviare le opere, creare occupazione, collegare territori, includere persone. È la grande priorità del paese da affrontare con un cronoprogramma chiaro e snellendo le procedure. Basta con i templi biblici per aprire i cantieri. Chiediamo una grande operazione anticiclica infrastrutturale che vale 70 miliardi di risorse, tutte già stanziate”. Ebbene, le risorse di cui parla il presidente Boccia sono bloccate a causa della complessità dell’attività di progettazione delle infrastrutture, della procedura approvativa e di legittimazione, delle regole sulla copertura finanziaria e delle procedure di affidamento. La semplificazione è, quindi, la vera leva per far ripartire lavori ed opere infrastrutturali indispensabili al rilancio dell’economia del Paese, unitamente ad un adeguato meccanismo centrale di controllo e monitoraggio dei rischi associati.