scenari

Internet delle cose, come gli operatori tlc ci salveranno la vita

Alcune nuove applicazioni del digitale potranno mettere a repentaglio non solo la sicurezza, ma anche la vita di chi le usa. Queste sicuramente comprendono quelle inserite nei segmenti di servizi “Internet of Things” e “Machine to Machine” il cui sviluppo è previsto con valori particolarmente elevati nei prossimi anni: 25 miliardi di oggetti connessi nel 2020. Vediamo il ruolo degli operatori telefonici

Pubblicato il 30 Set 2016

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Gli operatori di telecomunicazioni (abbreviato in ‘Telco’) negli ultimi trent’anni hanno avuto la fortuna di svolgere un ruolo significativo nella società, in particolare per merito dello sviluppo della telefonia mobile. Le Telco sono state infatti in grado aiutare gli individui e le organizzazioni ad essere più efficaci ed efficienti per mezzo della digitalizzazione; ed è stato anche per merito loro se le persone e le organizzazioni hanno potuto innovarsi sfruttando tutte le tecnologie disponibili.

Eppure, le Telco, oggi, sono aggredite da numerose minacce che minano il loro futuro. Si potrebbe dire: “Ma chi non deve oggi affrontare dure sfide?” E’ vero, però si può anche dire che verso le Telco si sommano campioni di molte delle sfide che incontrano le aziende di settori diversi. Alcune di queste sfide provengono dalla fusione di rapidi cambiamenti nei comportamenti e dalle richieste dei clienti. Ma non c’è solo questo: le incertezze nell’economia si tramutano in mancanza di cassa a fronte di sempre maggiori investimenti necessari a causa della pletora di nuove tecnologie che avanzano ogni giorno. E i quadri normativi e di regolamentazione sono lenti da produrre e da digerire; causa anche i conflitti con UE, e la scarsa competenza di alcuni dei legiferanti. Nuovi settori dell’industria invadono e fagocitano quello delle telecomunicazioni: televisione, informatica, Internet, produttori di apparati e di software, operatori dell’e.commerce; e l’elenco si estenderà sempre di più. L’erogazione di servizi dovrà rispettare regole sempre più stringenti e complesse per quanto riguarda sia le piattaforme che gli uomini.

Ciò che viene richiesto oggi, e lo sarà sempre più nel futuro, alle direzioni delle Telco, infatti, è facile a dirsi; ci vogliono: conoscenza, pianificazione ed azione. Ma difficili da realizzare quando questi tre elementi si segmentano in, ad esempio: problem solving più complesso, creatività, coordinamento di persone con culture tecnologiche diverse, orientamento a servizi multidisciplinari, flessibilità cognitiva, capacità negoziale, controllo di qualità, decision making rapido, capacità di ascoltare; dissonanza cognitiva (vedremo appresso). E via dicendo.

Ma questi preziosi skill sono disponibili?

Sotto questo aspetto ciò che è interessante considerare sono le implicazioni di Internet per gli individui e le organizzazioni. Praticamente, se collegato ad Internet, (quasi) chiunque può acquisire qualsiasi conoscenza e sviluppare ulteriormente le sue competenze; in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Ma pare non basti.

Ad esempio, circa 200.000 persone si sono registrate l’anno scorso al corso di “Stanford Artificial Intelligence on line”(un corso molto complesso e impegnativo). Dei registrati, 100.000 hanno frequentato il corso, 50.000 l’hanno completato, e, infine, 5.000 hanno superato l’esame. E di questi 5.000, 2.500 sono persone di età inferiore ai 18 anni. Ogni anno, però, all’università di Stanford si laureano solo 30-40 studenti. Le motivazioni sono varie, ma fanno capire che siamo sulla strada di avere la conoscenza come “commodity”, ma non ci siamo ancora arrivati.

Ma non è tutto: c’è e ci sarà sempre di più un “problema logistico della conoscenza”. Forse è contro intuitivo il fatto che, alla disponibilità potenzialmente inarrestabile della conoscenza, si riscontri contemporaneamente che, per merito del crescente sviluppo delle megalopoli nel globo, esse comincino ad attirare milioni di persone e drenare talenti provenienti da regioni meno popolate. Altrettanto preoccupante è la concentrazione di talenti in un piccolo numero di grandi aziende (alcune di queste finanziariamente più forti rispetto a molti Stati). Nel futuro, quindi, avremo i talenti concentrati in alcune aziende, a loro volta concentrate in alcune città del globo.

Quindi come potranno le Telco (e altre organizzazioni) attrarre efficacemente, e trattenere, i talenti; soprattutto se queste Telco sono poste in aree geografiche remote? (il Sud Europa è un’area geografica remota?). Non ho ovviamente una risposta.

Ma veniamo al problema più importante: la dissonanza cognitiva.

Alcuni sicuramente pensano che il destino delle Telco sia quello di realizzare e servirsi di sempre nuove e innovative infrastrutture. Ma con quali risorse umane? Sicuramente non con la tipologia di skill che hanno usato finora.

Come ottimo esempio, consideriamo il 5G. Questa tecnologia promette l’emergere di nuovi servizi; come quelli per le auto e oggetti interconnessi, dati sanitari on-line, sicurezza, avionica, realtà aumentata pervasiva, e così via. Il 5G segnerà un punto di svolta per Telco, come pensano molti? I servizi IoT e M2M segneranno la positiva evoluzione delle Telco?

Forse, e a patto che siano in grado di capire di quali competenze dovranno disporre e come le dovranno utilizzare.

Infatti, in una società sempre più digitale, i dati personali stanno diventando una nuova forma di moneta; e la sfida più grande per le Telco sarà quella di stabilire la fiducia del cliente che consenta a tale valuta di fluire senza intoppi. Mentre molte industrie tradizionali stanno soffrendo crescite basse o negative, settori ad alta intensità di dati – in cui l’uso di identità digitale è un componente chiave del business – prosperano con tassi di crescita annui compresi tra il 15% (e-commerce) e fino al 100% (applicazioni Web 2.0). Tuttavia, i due terzi del potenziale di generazione di valore – 440 miliardi di euro nel 2020 – è in pericolo se le parti interessate non riescono a stabilire un flusso affidabile di dati (è di ieri la notizia del furto di mezzo milione di identità depositate su Yahoo).

Tali servizi, infatti, hanno una serie diversificata di parametri (tecnici, commerciali, normativi ed etici) ancora poco affrontati.

Non voglio elencarne i dettagli qui, e accennerò solo ad alcuni dei requisiti tecnici stringenti che tali servizi imporranno alle reti e alle piattaforme delle Telco. E alcuni dei quali è palese a molti che non siano, talvolta, rispettati:

1. autorizzazione all’accesso (cioè assicurarsi che la persona o l’oggetto che si autorizza per il collegamento non siano stati compromessi, e che abbiano i privilegi e i diritti necessari)

2. Bassa latenza end-to-end (1ms per l’assistenza sanitaria, 5ms al massimo per le auto collegate on-line, ma secondo molti è imperativo 1ms; per dare un’idea: il 4G dà un range di valore di latenza di 30-100 ms)

3. Affidabilità (misurata in BLER = block error rate)

4. Sicurezza (capacità di combattere efficacemente le intrusioni e il furto di dati – si consideri quanto sia importante per la sicurezza di un’auto in viaggio e per i dati sanitari).

5. Availability (disponibilità del servizio). Questo è un dato estremamente critico; in considerazione del fatto che oggi la rete Internet è “best effort”. Ossia è gestita “al meglio”, senza garanzia di disponibilità. Alcuni operatori forniscono, sì, un SLA (service level agreement); ma, in generale, in caso di guasti, si limitano a pagare una penale che è indipendente dal “business lost”. (Non mi basterebbe che mi venisse pagato qualche migliaio di euro se il mio elettrocardiogramma non è arrivato in tempo…)

Non ho alcun dubbio sul fatto che le Telco troveranno, prima o poi, le risposte per rendere le reti in grado di erogare tali servizi. Ma la vera domanda da porsi è “quale sarà il percorso per avere tali risposte”; considerando che l’innovazione si basa sull’aver commesso errori.

Mi spiego, e facciamo un passo indietro un attimo; consideriamo due settori dell’industria: l’aviazione e l’assistenza sanitaria, due settori altamente mission critical; ovvero: in pochi altri settori la vita umana dipende dalla qualità del servizio erogato. Questi due hanno ovvie differenze di fondo: la cultura, le sfide esistenti e i cambiamenti che hanno affrontato e stanno affrontando; ma la differenza più importante sta nel modo in cui hanno affrontato le crisi. Nel 2014, secondo l’International Air Transport Association, ci sono stati 36,4 milioni di voli commerciali che hanno trasportato più di 3 miliardi di passeggeri. 706 persone sono morte, purtroppo; ma dobbiamo considerare che il 2014, sotto questo aspetto, fu un annus horribilis. L’assistenza sanitaria mostra risultati diversi: nel 2014, e solo per gli Stati Uniti d’America, gli errori medici prevenibili, segnalati come il terzo maggiore assassino (terzo negli USA dopo malattie cardiache e il cancro) hanno fatto perdere la vita, secondo il Journal of Patient Safety, a circa 400.000 persone. Ossia l’equivalente del disastro di tre “jumbo jet” ogni giorno. La ragione principale secondo molti esperti è che storicamente le organizzazioni sanitarie non hanno catturato i dati con la diligenza richiesta su come gli eventi mortali prevenibili accadono; e quindi non hanno tratto modelli significativi e imparato da loro. Come invece fanno di norma le compagnie aeree e le organizzazioni preposte alla sicurezza dei voli: dopo ogni disastro raccolgono i dati meticolosamente.

Se ora torniamo ai servizi che sono promessi dalla tecnologia con il lancio di 5G; ci rendiamo conto che molti di questi potranno mettere in gioco la vita del cliente, sarà bene che le Telco imparino, quindi, non solo a prevenire i disastri; ma anche a gestirli; se non vogliamo che autovetture si scontrino ogni due giorni, o personale medico compia (altri) errori a causa della caduta della reti.

Ricordiamo, però, come l’innovazione, e il successo della stessa, si siano affidati sempre al fatto di aver commesso errori; ma errori intelligenti, corretti rapidamente e a buon mercato. E in questo caso con “buon mercato” intendo “non aver messo a rischio la vita del cliente o di suoi utilizzatori”.

Prima di decidere quali siano le azioni adatte a garantire che le Telco siano grado di affrontare in modo efficace i disastri, in modo da massimizzare la disponibilità delle reti, vale la pena soffermarsi un attimo e valutare alcuni dei pregiudizi in gioco per quanto riguarda il modo in cui, come esseri umani, reagiamo e gestiamo i disastri. Il primo è la dissonanza cognitiva che proviamo quando un nostro errore, o l’errore di qualcun altro, solleva dubbi su cosa noi sappiamo o in cui crediamo; quando si confronta con nuove informazioni che sono in conflitto con idee esistenti; e quindi con possibili errori del nostro pensiero. In secondo luogo, l’essere soggetti alla narrazione fallace cioè la propensione a creare storie falsate su quello che vediamo accadere dopo un evento; le quali storie nascono inevitabilmente dal nostro continuo tentativo di dare un senso al mondo. Noi siamo cablati a pensare che il mondo sia più semplice di quanto non sia in realtà. E se vediamo il mondo come semplice, pretendiamo di capirlo senza la necessità di test, sperimentazioni ed errori. Il terzo è il divario tra il sapere ed il fare. Molti rapporti e studi dimostrano che anche quando l’individuo e le organizzazioni sono consapevoli e informati di ciò che dovrebbe essere fatto, molte volte non lo fanno. Ma poiché fare significa imparare, e imparare, spesso, implica commettere errori, questo è un altro possibile deterrente che ci tiene lontani dal gestire i disastri al meglio. Si noti che il motivo principale del divario sapere-fare è spesso l’ambiente di lavoro quando esistano atteggiamenti di conformità sociale, autorità incompetente, la pressione dei pari livello, la mancanza di chiarezza per l’azione da intraprendere, la mancanza di scopi, di obbiettivi, di incentivi.

Probabilmente il parametro importante da considerare, nel gestire con successo le possibili menzogne ​​a seguito di guasti, risiede nella cultura dell’organizzazione. Il problema è come creare e mantenere in azienda una cultura che impedisca che le prove del guasto vengano soppresse per il timore del biasimo.

Alcune strade da seguire possono includere:

In primo luogo, creare un impegno emotivo che risulti nel fatto che la persona non si senta frustrata a seguito di un guasto od un disastro. Questo lo si può ottenere con le seguenti metodologie:

Quando si verificano errori (e succederà sicuramente), prendere il tempo necessario per scoprire cosa è realmente accaduto e creare le condizioni affinché i dipendenti abbiano fiducia in quel giudizio. L’intelligenza e l’apprendimento non sono statici. Si lodi il processo di analisi del guasto, non il risultato.

Si incoraggi la sperimentazione, la creazione di modelli di situazioni che conducono al guasto. Le nuove tecnologie porteranno nuovi modi di malfunzionamento: il conformismo limita la sperimentazione.

Si incoraggi il personale a chiedere aiuto: le persone necessitanti di aiuto spesso sottostimano la disponibilità dei colleghi; e la probabilità che una richiesta di aiuto si traduca in un si.

Sollecitare i feedback negativi: lo si faccia vedere come utile, invece di come un attacco alla competenza; e, quando viene dato un feedback negativo, prestare attenzione al fatto che il feedback richieda un qualche tipo di azione. Se la richiede si faccia in modo che venga eseguita.

Un secondo parametro importante è la tipologia di sistemi che sono in uso nell’organizzazione. Tali sistemi dovrebbero essere progettati, e via via migliorati, con meccanismi che guidano l’apprendimento, l’auto-correzione e la resilienza per obiettivi a lungo termine. In questo caso alcune strade da seguire possono includere:

Riconoscere il valore di una lista di controllo e dei suoi componenti; la cosiddetta “check list”. Ciò è sorprendentemente ovvio, ma può essere disastroso se alcuni elementi sono mancanti. L’esperienza e gli errori commessi possono purtroppo aiutare a rendere completa questa lista.

Usare la tecnica di pre-mortem (termine macabro, ma definisce bene lo scopo): il team di lavoro viene invitato a prendere in considerazione i motivi per cui un progetto può andare storto prima ancora che esso sia stato messo in atto. Secondo lo psicologo Gary Klein, il “prospettico senno di poi” aumenta del 30% la capacità delle persone di identificare correttamente le cause dei risultati futuri.

Inserire, nelle attività di sistema, metodologie provenienti da altri settori come l’EMT (Error Management Training) usato nei trasporti australiani, o PACE (Probe, Alert, Challenge, Emergency) usato anche nel settore sanitario.

Prestare attenzione a ciò che i vari modelli di dati di osservazione possono rivelare: essi possono rivelare solo la punta di un iceberg. Progettare ed eseguire sperimentazioni intelligenti attraverso controlli random, quando e dove possibile.

E poi: creare una consapevole “distanza fisica” dal problema in questione. Suddividere grandi processi e procedure in piccole parti, e poi affrontare ciascuno di essi separatamente.

E quando gli errori accadono, ammetterlo nella fase iniziale, imparare da essi e (se possibile) aggiustarli quando sono ancora di piccole dimensioni. Chiedere al personale di fare immediato rapporto quando si palesa un errore. E poi formattare e normalizzare i dati, e aumentarne il tasso di adozione.

Da ultimo: semplicità. Le conoscenze necessarie e acquisite devono essere tradotte in una forma semplice, e utilizzabile in maniera sistematica.

* * *

Chi è interessato ad approfondire i temi psicologici può consultare:

– “Mindset” – Carol S. Dwerck

– “Black Box Thinking”- Mathew Syed

– “Thinking, Fast and Slow” – Daniel Kahneman

A chi invece è interessato alla parte tecnico-strategica, suggerisco:

– http://www.windriver.com/whitepapers/security-in-the-internet-of-things/wr_security-in-the-internet-of-things.pdf

https://www.ftc.gov/system/files/documents/public_statements/617191/150106cesspeech.pdf

https://gigaom.com/2014/01/22/the-internet-of-things-needs-a-new-security-model-which-one-will-win/

http://www.trendmicro.com/vinfo/us/security/news/internet-of-things/fbi-warns-public-on-dangers-of-the-internet-of-things

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