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Internet delle cose, quanti standard: una guida per orientarsi

C’è una guerra sotterranea in corso all’interno di due mondi. Protocolli a corto raggio e protocolli a lungo raggio. In competizione, standard aperti, operatori e vendor diversi. Vediamo come si sta delineando lo scenario tecnologico nell’internet of things

Pubblicato il 24 Mag 2016

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Dal punto di vista delle tecnologie/protocolli di comunicazione nell’internet delle cose ci sono due mondi che devono essere trattati individualmente:

– protocolli a corto raggio (wireless LAN – e.g. ZigBee, Wireless M-Bus, WiFi, e PAN – e.g. Bluetooth Low Energy) e

– protocolli a lungo raggio (e.g. cellular)

[Figura sui protocolli di comunicazione presentata durante il convegno dell’Osservatorio Internet of Things il 15 aprile]

Il mondo specifico delle tecnologie a corto raggio, che caratterizza principalmente gli scenari Smart Home, ad esempio, è caratterizzato da una ampia eterogeneità dei dispositivi e delle tecnologie sottostanti (wired e wireless, alimentati a batteria o dalla rete, etc.), senza l’emergenza di un unico standard di riferimento.

Tuttavia, il protocollo Bluetooth Low Energy viene utilizzato sempre più speso (rispetto ad altri protocolli competitor), costituendo il collegamento tra il mondo degli smartphone/wearable e la Smart Home, così com’è anche il Wi-Fi, nonostante i suoi consumi sono ancora incompatibili con tante applicazioni (non è molto pratico avere una Smart Lock sulla porta di casa che ha bisogno di essere caricata almeno ogni mese).

L’uscita dello standard HaLow (WiFi low energy) è un passo nella direzione giusta, però i primi dispositivi HaLow-compliant non arriveranno sul mercato prima del 2017-18.

Il trend più rilevante è lo spostamento verso una comunicazione IP end-to-end, tipicamente basata su IPv6 (o versioni adatte per dispositivi a basso consumo energetico e potenza di calcolo, come ad esempio 6lowpan), trend osservabile in vari protocolli/standard (e.g. ZigBee IP, Bluetooth Low Energy 4.2 – IPSP, Thread).

Su questo filone anche l’esplosione nel numero di alleanze sembra a stabilizzarsi, con Thread Group che genera l’interesse massimo.

Gli OTT prendono approcci diversi:

– Google punta su Brillo OS, il loro protocollo ideato per il mondo IoT, in combinazione con Weave, una piattaforma di comunicazione sempre sviluppata da G, seguendo la stessa formula vincente di Android OS (creazione di un ampio ecosistema attorno ad una soluzione open source + una suite di applicazioni Google)

– Samsung ha sviluppato il suo sistema operativo, TizenOS, e punta sull’integrazione della piattaforma SmartThings e sull’apertura verso altri attori, favorendo la creazione di soluzioni multi-vendor dove integrare anche i propri prodotti

– Apple invece continua a spingere il suo ecosistema controllato al 100%, basato su HomeKit (senza particolare successo fino ad oggi)

Il mondo delle tecnologie a lungo raggio è stato invece rivoluzionato dall’avvento delle tecnologie LPWA (low power wide area), soluzioni che abbinano i punti di forza dei protocolli cellulari (long range), con quelli delle tecnologie a corto raggio (basso consumo energetico), consentendo di avere dispositivi alimentati a batteria che comunicano a diversi chilometri di distanza e hanno una autonomia (energetica) di oltre 5 anni. Il trade-off è la banda strettissima a disposizione, che consente la veicolazione di messaggi molto brevi, perfettamente compatibili con il mondo IoT (e.g. un cambiamento di stato, una misura rilevata, etc.).

Tra le varie soluzioni LPWA proposte (e.g. Ingenu, LoraWAN, SigFox, Weightless), le due con maggiore trazione sono LoRa e SigFox, con due modelli di business completamente diversi.

LoRa controlla e monetizza il chipset radio (Semtech), mentre la rete pubblica o privata può essere offerta da qualsiasi operatore che aderisce alla LoRa Alliance, mentre SigFox prevede solo il deployment di reti pubbliche gestite da un unico operatore a livello nazionale (in coordinamento con SigFox), e monetizza la connettività e la certificazione dei dispositivi.

Dall’altro lato anche i protocolli cellulari sono in evoluzione verso il mondo IoT, puntando principalmente sulla riduzione del consumo energetico e sulla semplificazione del chipset radio e della rete.

Mentre qualche mese fa si prefiguravano vari soluzioni concorrenti: NB-LTE, NB-CIoT, EC-GSM, LTE-M), ognuna “sponsorizzata” da vari grossi attori (Huawei, Ericsson, Nokia, Intel, …), ad oggi sembra che il gruppo di standardizzazione 3GPP sta convergendo verso NB-IoT, standard basato sulla proposta di Huawei, con alcune integrazioni da altri attori.

Il nuovo standard dovrebbe essere pronto entro settembre 2016, e il deployment da parte delle telco dovrebbe avvenire a livello software, senza richiedere modifiche hardware sulle reti esistenti.

Tuttavia, questo protocollo cellulare è circa 2 anni in ritardo rispetto alle soluzioni LPWA, che sono già in campo da circa un anno. Il ritardo è dovuto principalmente alla necessità di stendere accordi tra le telco e i vendor (l’aggiornamento è solo software, però non è gratis), e di far evolvere un intero ecosistema attorno (e.g. sensori, soluzioni e applicazioni).

Alcune telco subiscono in modo passivo le nuove tecnologie, rischiando di perdere percentuali di mercato a favore delle reti LPWA, mentre altre hanno preso un approccio più pro-attivo, diventando operatori di reti LPWA (es. Swisscom in Svizzera, Tata in India, Bouygues in Francia, SK Telecom in Corea del Sud, etc.), e usando i nuovi protocolli sia per scaricare le loro reti 4G da tanti dispositivi M2M/IoT che fanno poco traffico (però utilizzano risorse preziose di rete), sia per aggredire nuove fette di mercato, incompatibile con il mondo cellular classico.

Ad oggi però tante telco hanno messo in pausa i piani di deployment di reti LPWA, in aspettativa del arrivo di NB-LTE.

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