In un momento in cui il cammino verso la digitalizzazione procede in maniera sempre più spedita, in Italia, Pubbliche Amministrazioni e PMI, si trovano ancora di fronte a delle barriere che impediscono la fruibilità dei servizi cloud ostacolando l’interoperabilità delle licenze software. Si tratta di un ostacolo critico per la crescita organica dell’economia da risolvere il prima possibile, per evitare che, nel giro di un breve periodo, l’Italia si trovi a dover colmare un gap troppo ampio rispetto agli altri paesi europei.
“#FairSoftware Principle 10: Permitting Fair Software Transfers. Where customers have the right to resell and transfer software licences, software vendors should support and ensure fair terms for customers who have lawfully acquired a resold licence.https://t.co/xGNTLs17eb“
— Principles of Fair Software Licensing in the Cloud (@FairPrinciples) June 7, 2021
Cloud senza barriere
Il 15 febbraio scorso esponenti di imprese, istituzioni e politica si sono confrontati proprio su questo argomento, in occasione dell’evento: “Cloud senza barriere. L’interoperabilità delle licenze nel mercato del cloud” organizzato da Open Gate Italia, in collaborazione con CISPE, Associazione di categoria per i fornitori di servizi cloud in Europa – e Assintel, Associazione nazionale di riferimento delle imprese ICT e Digitali di Confcommercio Imprese per l’Italia.
L’industria del cloud, interessando: infrastruttura, mercato, utenti finali, è quanto mai trasversale e, proprio per questo, dovrebbe essere oggetto di una normativa chiara e specifica. La questione è stata analizzata approfonditamente in un paper, elaborato di concerto da soggetti diversamente coinvolti nella questione: CISPE, Assintel, AssoRTD, Assinter Italia e I-Com, con il prezioso contributo accademico di Giovanni Cazora, docente all’università LUMSA.
Cloud e gestione del lock-in: come scegliere un provider affidabile e ridurre i rischi
La questione delle licenze software nel mercato del cloud
Dal documento, che affronta la questione delle licenze software nel mercato del cloud, è emerso come da una parte, la digitalizzazione di imprese e PA dipenda dall’elaborazione dei dati attraverso il cloud computing; dall’altra, come sempre più spesso la stessa sia bloccata dal fenomeno del lock-in, per cui alcune società di software dominanti vincolano il cliente che usufruisce dei loro servizi cloud, impedendogli di cambiare provider senza incontrare ostacoli significativi, perpetrando pratiche concorrenziali scorrette e limitando nei fatti la possibilità di scelta dei servizi cloud per aziende e PA, incapaci così di beneficiare di nuove tecnologie o di cambiare fornitore per motivi di costo o di qualità dei servizi.
Per una piena e rapida digitalizzazione del Paese sarebbe essenziale disporre di licenze software eque, agili e trasparenti, indispensabili per promuovere l’innovazione, la scelta e la crescita dell’economia digitale.
A riguardo, CISPE ha proposto dieci principi del Fair Software Licensing che, se applicati, permetterebbero di arginare queste pratiche scorrette e garantire un mercato del cloud equo e trasparente.
La ricerca di I-Com
Del resto, come emerso da una ricerca condotta da I-Com, i dati parlano chiaro: il 25% delle aziende ha sperimentato pratiche scorrette rispetto ai software, di cui l’effetto lock-in è il problema più pressante, unitamente agli effetti delle economie di scala e agli elevati costi dovuti al passaggio da un fornitore all’altro. La ricerca ha evidenziato che secondo il 55% delle aziende partecipanti allo studio, l’applicazione dei principi promossi dal CISPE, potrebbe determinare una crescita del fatturato complessivo del mercato ICT. In particolare, la risoluzione del fenomeno delle pratiche scorrette nel mercato del software in cloud, che tocca circa 11.000 imprese, potrebbe tradursi in una crescita del fatturato complessivo del comparto ICT nazionale, compresa tra €1,28 miliardi e €1,61 miliardi l’anno. Stima che è conservativa perché non tiene conto degli effetti prospettici e delle ricadute sugli altri settori, in particolare sul settore pubblico.
Il valore del mercato del cloud
Ora, considerando che il mercato cloud italiano vale circa 4,56 miliardi di euro e che il PNRR ha stanziato il 20% delle risorse per la transizione digitale, è evidente che una regolamentazione chiara e trasparente sia più che mai urgente. A tal proposito Giovanni Cazora, docente LUMSA ha offerto un’interessante analisi delle possibili soluzioni alternative ai problemi sollevati, auspicando, in primis, una normativa armonizzata in materia “core platform service”.
Dal momento che il DMA, basato su un approccio strutturale di mercato, prevede obblighi specifici per i gatekeeper che potrebbero diventare inapplicabili o inadeguati a lungo termine, fino a ridurre l’efficienza del mercato; e che il confronto con il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche mostra la necessità di correttivi per preservare l’efficienza di mercato e massimizzare il profitto secondo le dinamiche competitive, secondo il docente, anziché introdurre nuove normative, come il DMA, sarebbe stato preferibile correggere le normative esistenti per favorire un trattamento regolamentare armonizzato delle imprese in posizione dominante o di quelle che possono sfruttare la propria posizione di vantaggio.
Il punto di vista accademico
Giovanni Cazora ha sottolineato come gli strumenti correttivi già esistenti nel Codice, applicati da quasi un ventennio, potrebbero essere adattati per affrontare le problematiche di concorrenza.
Infine, il contributo accademico ha suggerito l’introduzione di un nuovo approccio regolamentare, capace di integrare la normativa con una gestione delle controversie basata su un sistema di incentivi a negoziare in buona fede che preservi l’efficienza e tuteli i contraenti deboli.
In altre parole, secondo Cazora, sarebbe stato preferibile un intervento normativo caratterizzato da prescrizioni meno invasive, obblighi di trasparenza e un sistema di incentivi a negoziare correttamente, insieme al conferimento di poteri regolamentari alle autorità antitrust per imporre misure flessibili per correggere le distorsioni di mercato.
Conclusioni
Per concludere, in materia di cloud, al di là di quanto è stato fatto, resta moltissimo da fare ma come emerge da questo breve recap e come ha dimostrato dall’alta partecipazione all’evento del 15 febbraio, a cui hanno preso parte anche esponenti della politica come le Deputate Laura Cavandoli (Lega), Membro VI Commissione Finanze e Giulia Pastorella, (AZ/IV), Membro IX Commissione Trasporti, adesso i tempi sono maturi per un’azione concreta verso l’interoperabilità delle licenze nel mercato del cloud.