Con il parere positivo della Commissione europea espresso lo scorso 22 giugno, si è aperta ufficialmente la stagione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, che prevede l’erogazione di 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni e 122,6 miliardi di prestiti destinati al nostro Paese nella cornice del Recovery Fund. Tra luglio e agosto, in particolare, l’Italia dovrebbe avere a disposizione la prima tranche di circa 25 miliardi di euro messa a disposizione dall’Europa per il rilancio post-pandemia.
Anche la valutazione della Commissione ha sottolineato la forte vocazione al digitale espressa dal Piano, cui vengono destinate il 25% delle risorse totali, in particolare per la digitalizzazione di pubblica amministrazione e imprese e per il potenziamento delle reti tlc fisse e mobili.
Nello specifico, a queste ultime sono stati riservati circa 6,7 miliardi a seguito della ripartizione delle risorse tra le varie componenti della missione alle “Reti Ultraveloci” (banda ultra-larga e 5G).
Il 5G nella nuova strategia BUL
La nuova “Strategia italiana per la banda ultralarga”, pubblicata dopo l’invio a Bruxelles del Pnrr, va a sostituire quella approvata nel 2015, di cui rappresenta la naturale prosecuzione. Il nuovo programma si articola in 7 azioni, di cui una completamente dedicata alle reti mobili di quinta generazione: il Piano “Italia 5G”, a cui sono destinati 2,02 miliardi di euro.
Le risorse assegnate sono relative a tre voci principali:
- la copertura di 10 mila chilometri di strade extraurbane per la realizzazione del backhauling in fibra (600 milioni di euro);
- i corridoi di trasporto europei (420 milioni di euro), con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo di servizi e applicazioni 5G dedicate a sicurezza stradale, mobilità, logistica e turismo;
- il potenziamento della rete mobile nelle aree a fallimento di mercato, ovvero quelle zone del Paese in cui gli operatori non hanno interesse a investire, cui è dedicata la maggior parte delle risorse stanziate (1 miliardo).
Per far sì che i fondi stanziati attraverso il Piano siano complementari e non sostitutivi rispetto agli interventi in capo agli operatori privati (evitando il cosiddetto “spiazzamento”), è stata prevista un’apposita consultazione, affidata anche in questo caso a Infratel, che l’ha avviata a partire dallo scorso 10 giugno.
La mappatura delle reti mobili in Italia
La consultazione è volta a effettuare una mappatura delle reti mobili di ultima generazione (4G e 5G) in Italia alla data del 31 maggio 2021, correlandola ai piani di infrastrutturazione degli operatori per i prossimi 5 anni (ovvero il lasso di tempo su cui insiste il Pnrr). Questo rappresenta un passaggio fondamentale nell’individuazione delle “aree a fallimento di mercato” in cui lo Stato, tramite i fondi previsti, andrà a finanziare la copertura delle zone dove gli operatori privati non ritengono profittevole investire. A tal proposito si osserva come a oggi, a differenza di quanto accade per le reti fisse, non sia mai stato effettuato un censimento completo della rete mobile nel nostro Paese. La mappatura sarà quindi utile a fornire un disegno chiaro della connettività mobile in Italia, in particolare nelle aree extra urbane, e a favorire la copertura anche nei territori che altrimenti sarebbero rimasti sguarniti.
Secondo quanto pubblicato da Infratel, la consultazione verrà realizzata tenendo conto delle disposizioni contenute nelle linee guida del Berec (marzo 2020) sulla mappatura geografica delle installazioni di rete e delle guidelines per la definizione delle reti VHCN (ottobre 2020).
La documentazione richiesta dovrà contenere dettagli sulle tecnologie utilizzate e sulla struttura della rete sul territorio, tra cui: numero siti, dislocazione territoriale, tipologia link di backhaul, apparati di trasporto, POP e relativo posizionamento. L’intangibilità delle reti mobili ha fatto sì che si scegliesse un criterio di copertura prevalentemente geografico, nello specifico un reticolato rappresentativo del territorio italiano con lotti di dimensione 100 metri x 100 metri e per ognuno dei quali gli operatori dovranno fornire tutte le informazioni richieste da Infratel.
La consultazione prevede inoltre che gli operatori dichiarino i propri piani operativi di investimento per i prossimi 5 anni (specificando anno per anno gli interventi previsti e le fonti di finanziamento), tenendo conto anche degli obblighi di copertura associati ai diritti d’uso delle frequenze utilizzate ed evidenziando gli elementi che ne giustifichino l’attuabilità. A tal proposito, se consideriamo la rapida evoluzione delle tecnologie e le possibili variazioni negli scenari di mercato in un lasso di tempo così lungo (il piano strategico di Tim sulla Bul, ad esempio, ha generalmente un orizzonte triennale), si osserva la volontà di Infratel di trovare la quadra tra la necessità di rispettare la pianificazione quinquennale del Recovery Fund, evitare che qualche soggetto modifichi i propri piani per ricevere finanziamenti per aree che avrebbe coperto comunque e scongiurare che qualche operatore dichiari di investire in alcune aree per poi lasciarle di fatto sguarnite.
Al fine di prevenire dichiarazioni mendaci che generino impatti negativi in termini di concorrenza, Infratel si propone di effettuare verifiche periodiche onde individuare interventi che vadano contro a quanto dichiarato dagli operatori e che questi ultimi non siano motivati da una giustificazione oggettiva.
In questo contesto, i contatti continui tra la in-house e gli operatori (che avranno almeno “periodicità semestrale”) dovrebbero costituire il terreno per trovare il giusto trade-off tra la corretta vigilanza su piani e infrastrutturazioni, necessaria affinché l’apporto di risorse pubbliche non sia reso vano, e la prescrizione di obblighi che non siano così rigidi da finire per disincentivare oppure rallentare le operazioni di copertura.
I prossimi passi del Piano “Italia 5G”
La mappatura della copertura delle reti mobili, che terminerà il 26 luglio, rappresenta quindi il primo fondamentale tassello nella realizzazione del Piano Italia 5G. Da un’analisi del cronoprogramma contenuto nella strategia è possibile notare come, allo stato attuale, la timeline sia stata correttamente rispettata.
Una volta ricevuti gli esiti della consultazione, sarà possibile individuare le “aree bianche” di intervento sulle quali designare e pubblicare i bandi, operazioni che dovrebbero realizzarsi tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Entro il 2022, secondo il cronoprogramma, tutte le gare del Piano Italia 5G dovrebbero essere state assegnate, dando così inizio alla fase realizzativa. Anche la fase “di cantierizzazione” del progetto dovrebbe proseguire a ritmi serrati, tanto da raggiungere la prima milestone, equivalente al 20% dei lavori, entro il terzo trimestre 2023. Il progetto, in linea con le scadenze imposte dal Next generation Eu, dovrebbe essere completato entro la prima metà del 2026, a 5 anni esatti da oggi.
Il tema semplificazioni
La sfida più grande che il nostro Paese si troverà ad affrontare nel prossimo quinquennio è forse proprio relativa al rispetto della stringente timeline richiesta dall’Europa.
L’Italia è nota per essere uno dei Paesi con le normative più rigide e gli iter autorizzativi più lenti. A certificazione di ciò, l’ultimo rapporto “Doing Business”, pubblicato dalla Banca Mondiale, ci ha posto al 97° posto su 190 Paesi per difficoltà nel trattare con i permessi di costruzione. Considerando questo scenario, le sezioni del Pnrr riguardanti le riforme da attuare, e in particolare quelle relative alla “semplificazione normativa e la razionalizzazione della legislazione”, sembrano assumere un’importanza quasi equivalente ai progetti stessi.
Rispetto al Piano Italia 5G, un grande passo in avanti sembra essere già stato fatto dal decreto semplificazioni bis (decreto legge del 31 maggio 2021, numero 77). In particolare, l’articolo 40 introduce l’istanza unica, che prevede, quando l’installazione dell’infrastruttura sia subordinata all’acquisizione di uno o più provvedimenti (determinazioni, pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di concessione, autorizzazione o assenso), la convocazione di una conferenza di servizi entro cinque giorni lavorativi dalla presentazione dell’istanza, alla quale prendono parte tutte le amministrazioni e gli enti interessati.
Il parere della conferenza di servizi va quindi a sostituire tutti i provvedimenti delle varie autorità competenti, semplificando notevolmente il processo. Inoltre, allo scadere dei 90 giorni dalla presentazione del progetto, in caso di mancato riscontro scatterà il silenzio-assenso, consentendo così agli operatori di avere un orizzonte temporale certo per la pianificazione delle opere. Il decreto interviene anche sull’aggiornamento dei ripetitori attualmente in uso al 5G, per i quali, nella maggior parte dei casi, sarà sufficiente presentare un’autocertificazione all’amministrazione comunale.