Abbiamo appena presentato il secondo rapporto annuale dell’“Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia” fondato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Fondazione IBM Italia.
Grazie a un innovativo strumento di monitoraggio del livello di digitalizzazione del Paese – il “Tableau de Bord della Transizione Digitale” – e applicando un modello interpretativo olistico, il Rapporto ha fotografato lo sviluppo digitale del sistema-Italia mettendo al centro tre principi fondamentali: l’etica, la sostenibilità e l’inclusione di questi processi.
Il Tableau de Bord 2023 di Ambrosetti
In particolare, il “Tableau de Bord” rappresenta un modo innovativo di leggere in maniera granulare le tante sfaccettature dei processi di trasformazione e transizione tecnologica che spesso sfuggono dalla rappresentazione data dai tradizionali indici di sviluppo digitale. L’analisi di quest’anno svolta dall’Osservatorio mette infatti in luce elementi di importante accelerazione del nostro Paese e, al contempo, evidenzia chiaramente gli ambiti che stanno frenando il potenziale di modernizzazione digitale di cittadini e imprese fornendo una fotografia affidabile del reale “stato delle cose”.
L’Italia viene infatti tradizionalmente rappresentata come uno dei “fanalini di coda” della trasformazione digitale in Europa, con posizioni di retroguardia consolidate negli anni. Ad esempio, il Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea posiziona l’Italia al 18° posto in UE per quanto riguarda il progresso verso un’economia e una società digitale, con ritardi diffusi in varie aree della trasformazione e miglioramenti generali solo marginali rispetto ai Paesi benchmark.
In effetti sono numerosi gli indicatori che testimoniano il ritardo dell’Italia in questi ambiti, ma dall’analisi condotta dall’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia relativamente ai principali indici di comparazione della digitalizzazione esistono altrettanti ambiti su cui l’Italia ha performance di rilievo e che non sono adeguatamente monitorati.
I parametri spesso spesso trascurati nelle classifiche digitali internazionali
A titolo di esempio, l’analisi del livello di digitalizzazione tra i cittadini spesso trascura le differenze a livello territoriale, quelle connesse alle caratteristiche socio-demografiche (età, reddito, livello di istruzione), così come l’utilizzo di Internet per attività sociali e civiche.
Sul fronte della P.A., non sono adeguatamente valorizzate le dimensioni relative alle tecnologie per la telemedicina e l’e-health, per l’istruzione, la formazione e il lavoro, oltre a quelle per l’e-government.
Infine, l’analisi della digitalizzazione delle imprese non monitora in maniera sufficientemente approfondita la rilevanza di elementi quali la diffusione dei pagamenti elettronici (a loro volta abilitatori di molti servizi digitali), l’efficacia nella gestione dei rischi di cybersecurity e dello skills mismatch, ma anche le differenze a livello settoriale e la propensione al data sharing secondo modelli di ecosistemi digitali aperti e integrati.
Dove l’Italia è migliorata
In questa prospettiva più ampia, emergono quindi vari ambiti di sviluppo che testimoniano i miglioramenti significativi dell’Italia sul fronte della digitalizzazione. Tra questi:
- Il valore dell’e-commerce che è aumentato nel nostro Paese di 2,4 volte tra il 2016 e il 2022 (da 19,8 miliardi di Euro a 48,1 miliardi di Euro);
- Il livello di inclusione digitale e gli investimenti di 350 milioni di Euro per i progetti di formazione e inclusione digitale tramite il Fondo per la Repubblica Digitale, con 4 bandi già lanciati per 43 milioni di Euro;
- Lo sviluppo del Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) con circa 35 milioni di Identità Digitali nel 2023 (erano meno di 1 milione a fine 2016);
- Il livello di transazioni cashless il cui valore è aumentato di €205 miliardi tra il 2016 e il 2022 (+105% vs 2016);
- La crescita di PagoPA con 340 milioni di transazioni dirette alla P.A. nel 2023, quando erano solo circa 700mila a fine del 2016;
- Il potenziamento della Cybersicurezza, anche grazie all’approvazione della Strategia nazionale e lo stanziamento di oltre 620 milioni di Euro nel PNRR;
- Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), con 58 milioni (98% della popolazione nazionale) di FSE attivi al 2022 e 1,38 miliardi di Euro di investimenti previsti dal PNRR;
- Il Piano Scuola 4.0, con investimenti di 2,1 miliardi di Euro per 100.000 classi innovative e laboratori per le professioni digitali del futuro;
- Il potenziamento della connettività, con il lancio della nuova Strategia per la Banda Ultra Larga da 2,8 miliardi di Euro.
Il Tableau de Bord della transizione digitale analizza tutte queste dinamiche edè quindi in grado di restituire, di anno in anno, una fotografia aggiornata e approfondita sullo sviluppo digitale del sistema-Italia, al fine di predisporre iniziative di policy coerenti per orientare e governare con tempestività lo sviluppo digitale del Paese.
La metodologia
Dal punto di vista metodologico il Tableau de Bord ha 3 livelli di lettura.
Il primo livello misura le variabili di output, ovvero lo stato di digitalizzazione dei tre attori chiave: cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione. Queste tre variabili di output costituiscono l’elemento finale dell’analisi, che si basa allo stesso tempo anche su altri elementi sottostanti.
Infatti, in considerazione del fatto che non è possibile agire in maniera diretta sugli output di un processo, il Tableau de Bord analizza anche le dimensioni di input della digitalizzazione (il secondo livello di lettura), sia quelle già considerate dagli indici di comparazione “tradizionali” quali la Connettività, il Capitale umano e la Digital Intensity, integrate però da ulteriori dimensioni derivate dal modello concettuale dell’Osservatorio: Cybersecurity, Sostenibilità, Inclusione sociale, Ecosistemi e digital trust. Queste sette dimensioni sono definite in modo da poter essere oggetto di azioni di policy dirette e, quindi, di impattare sui valori di output del processo di digitalizzazione.
Ad oggi il perimetro di analisi del Tableau de Bord riguarda tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea in un orizzonte temporale dal 2016 al 2022, per un totale di 33 Key Performance Indicator (tra dimensioni di output e input),di cui 22 nuovi rispetto a quelli già contenuti nel DESI. La dimensione comparativa è essenziale perché la velocità con cui i processi di transizione digitale avvengono è una variabile critica rispetto all’efficacia e alla qualità dei risultati.
Italia digitale, com’è andata nel 2023
Considerando le variabili di output, per quanto riguarda la digitalizzazione dei cittadini, valutata mediante le competenze digitali superiori a quelle di base, gli individui che accedono a Internet almeno una volta alla settimana e le persone che interagiscono online con la Pubblica Amministrazione, l’Italia registra un indice composito pari a 0,29 (da 0 a 1), 0,24 punti in meno della media UE. Rispetto all’edizione 2022 del Tableau de Bord, l’Italia ha però ridotto questo gap registrando un miglioramento in particolare nella quota di persone che interagiscono online con la PA (40% dei cittadini rispetto al 36% dell’edizione precedente) e in quella di individui che utilizzano Internet almeno 1 volta a settimana (83% dei cittadini rispetto all’80% della misurazione precedente).
Con riferimento alla digitalizzazione delle imprese, che comprende la percentuale delle vendite effettuate tramite e-commerce, il valore della Data Economy e il numero di esperti in ICT, il nostro Paese registra un indice pari a 0,28, vicino alla media UE di 0,35. Confrontando il dato con il Tableau de Bord dell’anno precedente, l’Italia ha registrato una decisa accelerazione dimezzando il divario rispetto alla media europea. Rispetto ai sotto-indicatori, il miglioramento dell’Italia è particolarmente marcato nella quota di vendite tramite e-commerce delle imprese italiane: 18% rispetto all’13% del 2021, la seconda migliore variazione in UE.
Infine, nella digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, valutata mediante la disponibilità di servizi pubblici digitali per i cittadini, la presenza di servizi pubblici digitali per le imprese e l’indicatore di e-Government, l’Italia registra un valore pari a 0,45, 0,14 punti in meno della media UE. Rispetto all’edizione 2022 del Tableau de Bord, il posizionamento dell’Italia è peggiorato ampliando il gap con la media UE di 0,3 punti, indicando quindi la necessità di accelerare con gli investimenti in corso.
Considerando le dimensioni di input, l’Italia occupa una posizione avanzata o di eccellenza in 8 dei 24 indicatori, mostrando miglioramenti in 6 indicatori rispetto all’edizione del 2022, tra cui il numero di imprese che hanno definito o aggiornato le politiche di sicurezza ICT da non più di 2 anni (+2 posizioni; 8° posto in UE), l’uso di Internet in base ai livelli di istruzione (+3 posizioni) e l’utilizzo di Internet per la partecipazione fisica o politica (+1 posizione; 3° posto in UE). In tutte queste categorie, le performance dell’Italia hanno superato la media europea. Considerando la fotografia statica, l’Italia si posiziona in modo eccellente nella connettività, occupando il primo posto nell’Unione Europea sia per quanto riguarda la copertura 5G, sia per il rapporto tra la copertura 5G nelle aree rurali e la copertura totale; positiva è anche la performance in ambito di Ecosistemi, con il nostro Paese 7° in UE per Open Data, con valori vicini ai massimi livelli.
I problemi principali
Dal Tableau de Bord 2023 della transizione digitale emergono però anche dei punti di attenzione specifici su cui indirizzare policy e azioni correttive dedicate. L’Italia, infatti, si colloca nelle ultime nove posizioni a livello europeo in 9 indicatori su 24, facendo emergere una situazione “ad elastico” con elementi di digitalizzazione avanzati ed altrettanto arretrati.
Le criticità sono marcate soprattutto nella dimensione del Capitale umano, con il nostro Paese ultimo in UE per quota di laureati in discipline ICT (1,4%) con un valore di 2,8 volte inferiore rispetto alla media, e penultimo in termini di frequenza di accesso a Internet per la popolazione in età lavorativa. L’urgenza di agire in questo ambito è resa evidente dal fatto che, al ritmo attuale, sarebbero necessari 9 anni all’Italia per ridurre il divario rispetto alla media europea.
Ambiti di miglioramento emergono anche in altre dimensioni, come ad esempio nella Sostenibilità, dove la quota di imprese che utilizzano le tecnologie digitali a supporto della sostenibilità è ancora inferiore rispetto alla media europea (con un valore di 60% rispetto alla media di 66%) e con riferimento agli Ecosistemi e ai digital trust. Qui le imprese italiane dimostrano una non sufficiente propensione al data sharing, classificandosi 22° per integrazione dei processi tra le imprese (11% vs media UE di 18%). Anche in termini di Inclusione sociale, gli individui con bassi livelli di istruzione utilizzano Internet il 27% in meno rispetto a quelli con alti livelli (in Europa il differenziale si ferma al 22%).
Queste valutazioni non possono però prescindere da una considerazione più generale, ovvero che la digitalizzazione del Paese sconta problematiche legate ad una ancora troppo scarsa consapevolezza di questi temi e della loro importanza.
Secondo una rilevazione dell’Eurobarometro, solo il 36% degli italiani ritiene che la digitalizzazione comporterà più vantaggi che svantaggi, mentre il 49% percepisce un effetto “neutro” sulla propria vita e sul proprio lavoro. Nel pensare alle priorità d’azione per la trasformazione digitale del Paese, la creazione di una piena e diffusa interiorizzazione circa il fondamentale ruolo della digitalizzazione, ancora più accelerato e pervasivo alla luce dell’avvento dell’Intelligenza Artificiale, è dunque un passo prioritario e non rimandabile.