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Governo e digitale, Giacomelli (PD): “Ecco le partite da giocare adesso”

Piano Bul e 5G, startup e venture capital, trasformazione digitale e competenze, senza dimenticare big data, intelligenza artificiale e internet governance. Sono questi gli ambiti sui quali si gioca il futuro digitale. Una partita che si potrà vincere soltanto se il Paese ragionerà in termini di sistema. Ecco tutte le sfide

Pubblicato il 23 Lug 2018

Antonello Giacomelli

PD, Vicepresidente commissione vigilanza Rai e componente IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni)

fibra ddl concorrenza

L’Italia negli ultimi anni ha guadagnato un vantaggio importante, non solo temporale, sugli altri partner comunitari nella nuova frontiera di sperimentazione del 5G in Europa e la centralità che il ministro Di Maio ha promesso di dare a questo tema è senza dubbio una notizia positiva. Sono sempre stato convinto che la sfida della rivoluzione digitale, e delle politiche conseguenti, non sia affrontabile con logiche di schieramento politico, che non appartenga a un esecutivo o a un altro ma all’Italia e alla sua capacità di sapersi declinare al futuro. Per questo registro con soddisfazione che il nuovo governo abbia apprezzato il lavoro da noi fatto sul 5G e abbia annunciato che presto ci sarà il bando per la gara delle frequenze.

La strategia italiana sul 5G

Qualsiasi indugio, infatti, sarebbe pericoloso e finirebbe per azzerare quel vantaggio acquisito su questo tema dal nostro paese negli ultimi anni. Il 5G è un nuovo paradigma che riscrive i servizi, ne rende possibili altri molto più innovativi, ridefinisce il rapporto fra infrastruttura e servizi. Presuppone la capillarità di una rete in fibra ma è come un nuovo inizio. Per questo la sperimentazione in atto crea i presupposti affinché l’Italia non sia solo un mercato attraversato da servizi progettati e realizzati da altri, ma diventi un hub che crea servizi digitali attraverso i tanti talenti, li progetta, li realizza e li esporta in tutto il mondo. La strategia italiana finora è stata quindi duplice: da un lato un impegno forte e inedito per recuperare il ritardo sulla connettività e puntare ai parametri della società del giga; dall’altro coinvolgere, attraverso le regole della sperimentazione del 5G, una pluralità di soggetti, dalle università alle imprese, dai centri di ricerca alle start up per scommettere il nostro talento sul fronte dei servizi innovativi. Il lavoro è stato intenso e non può certo dirsi concluso.

Proseguire nell’attuazione del Piano Bul

Occorre continuare senza sosta nell’attuazione del piano BUL che prima di tutto riguarda le cosiddette aree a fallimento di mercato, 7700 comuni, 13 milioni di cittadini e che assicura connessioni ultraveloci per almeno l’85% della popolazione come concreta affermazione del diritto di ogni cittadino e di ogni impresa ad una adeguata connessione e come presupposto imprescindibile per la diffusione del 5G. Ora bisogna procedere a passo spedito anche per le aree grigie con la definizione dei nuovi strumenti a partire dai voucher. Dall’altro lato è fondamentale la gara per le frequenze (che da certezze agli operatori) e servono interventi per sostenere coordinare ampliare i protocolli di ricerca realizzati nelle realtà interessate: Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera.

Startup e venture capital

In particolare sono importanti norme per le startup ed il venture capital, terreni sui quali abbiamo fatto qualcosa ma molto rimane da fare e politiche del credito finalizzate alla specificità del digitale. E politiche incentivanti per la collaborazione fra le università e l’industria. Sarebbe importante, a proposito della gara per le frequenze, che i criteri di valutazione non fossero ispirati solo ai valori economici delle offerte ma tenessero in qualche modo conto, consolidando lo spirito della sperimentazione, del coinvolgimento di università, start up, imprese italiane nei progetti industriali degli operatori. Conosco bene l’ostilità del Mef e la diffidenza di Bruxelles per ragionamenti di questo tipo ma credo meriti davvero provare.

Trasformazione digitale della PA e competenze

Due obiettivi fondamentali che dobbiamo assolutamente centrare sono da un lato quello che riguarda la trasformazione della pubblica amministrazione, a partire da open data e digitalizzazione dei servizi e dall’altro la formazione di nuove competenze digitali e più in generale la riscrittura di modelli formativi adeguati nel percorso scolastico ed universitario. Tutto questo è sufficiente a vincere la partita? No di certo. Molto dipenderà dalla capacità dell’Italia di ragionare in termini di sistema. E dalla volontà del nuovo esecutivo di fare effettivamente della politica digitale un punto centrale, prioritario dell’azione di governo. Come ha fatto per primo, giusto ricordarlo, il governo Renzi.

Le sfide: big data e intelligenza artificiale

Aggiungo solo una considerazione su quelle che a mio avviso sono davvero le sfide che misureranno le ambizioni di protagonismo dei paesi e dei continenti nel presente e nel futuro. La prima sfida è quella dei big data; alla primazia degli OTT americani e asiatici, l’Europa ha dato riposte parziali, frammentate, insufficienti. Le logiche nazionali sono inadeguate ma su aspetti particolari possono rappresentare una prima embrionale risposta. Su questo tema l’Italia ha fatto solo primi, timidi passi. È una frontiera decisiva per le politiche pubbliche e per le logiche di mercato e abbiamo ampi margini di miglioramento. La seconda sfida è il tema dell’ intelligenza artificiale. Questo tema è complesso ed implica non solo considerazioni tecnologiche ma anche valutazioni etiche, sociali e di sistema. Anche qui non c’è una visione comune dell’Europa e non è certo un caso che Macron pochi giorni fa abbia annunciato l’intenzione della Francia di investire in modo massiccio su questo tema, indicando la ricerca sul l’intelligenza artificiale come una priorità del suo mandato. Non dobbiamo rimanere immobili. Serve una iniziativa adeguata da parte nostra. Occorrono certo risorse ma soprattutto competenze e visione, E se possibile una strategia che eviti la parcellizzazione di competenze e la moltiplicazione di iniziative parallele e velleitarie.

Infine, se dovessi dare una indicazione più generale al nuovo governo, direi di non rinunciare a giocare un ruolo, in Europa e nello scenario globale, per favorire l’evoluzione del modello di governance di internet e l’affermarsi di un codice di diritto digitale sovranazionale che superi incongruenze, contraddizioni e faticosi adattamenti. Su queste linee, nella logica costruttiva a cui ho accennato, non faremo mancare la nostra proposta ed il nostro sostegno.

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