Io parto dall’idea che di fatto in Italia ad oggi non esista una vera e propria Agenda Digitale, ma che esistano tanti pezzettini che la costituiscono, senza che la cosa sia sistematizzata.
Fatta la doverosa premessa vengo al Veneto e al reale stato di attuazione dell’Agenda Digitale. Oggettivamente vi è stato negli ultimi anni, da parte della Regione, un impulso importante verso il digitale con considerevoli investimenti. Un po’ perché per le Regioni, se vogliono attingere ai fondi UE hanno l’obbligo, per via dei fondi strutturali, puntare sulla crescita indotta dagli investimenti sul digitale. Vi è poi stato un atteggiamento maggiormente collaborativo e di confronto con il mondo dell’imprenditoria per creare partnership e iniziative finalizzate alla digitalizzazione, per costruire dal basso una minima idea di agenda digitale da inviare all’Europa per l’approvazione.
Su queste premesse è nato un cospicuo investimento regionale pari a circa 93 milioni di €, divisi in due tranches di intervento: le infrastrutture (la banda larga) e gli incentivi alle imprese nell’adozione di servizi innovativi di vario tipo.
Infrastruttura: per la banda larga e ultralarga, sono stati investiti finora qualcosa come 67 ml di €, una cifra davvero significativa, ma spesso non se ne vedono ancora i benefici, perché i cantieri sono in corso o, in molte situazioni, manca la definizione con i gestori del cosiddetto ultimo miglio. Sull’ultra larga 6 ml di € circa.
Quanto agli incentivi alle imprese, ad esempio al settore manifatturiero è stata data la possibilità di accedere tramite bandi regionali alle nuove logiche di innovazione quali i makers e i fabLab (ai nuovi artigiani digitali sono in attribuzione circa 2ml di €) o al finanziamento di innovazione tecnologica, come il bando sul cloud computing (6 ml € circa andati a bando per le PMI). Infine ai digital angels per le imprese è andato, proprio in questi giorni, 1 ml di € di investimento.
Fuori da questi due investimenti strategici resta il tema dell’alfabetizzazione del sistema e dei cittadini. Qui l’intervento più significativo è stato quello per poco meno di 4 ml di €, in quattro anni, inerente i cosiddetti “punti P3@”. Si tratta di spazi destinati ad attività di accesso, assistenza e acculturazione all’utilizzo della Rete e dei servizi della Società dell’Informazione. Secondo i dati forniti dalla Regione Veneto ad oggi sono 325 i comuni che hanno almeno un Centro P3@A. Sempre nella logica della diffusione e libero accesso alla Rete importante il finanziamento di ben 3,5 ml € fatto ai Comuni veneti per attivare una rete wifi free.
Ad oggi possiamo dire quindi affermare che sono state impostate in Veneto una serie di azioni di medio periodo con la prospettiva, data dall’agenda digitale, di completare il lavoro. Le indicazioni per il futuro – per quanto è dato di sapere – oltre a continuare quanto già avviato, attengono principalmente:
Data center: già qui è stata destinata una parte consistente di finanziamenti. Proprio dal sistema cloud già in atto si è compreso che il tema della complessità va spostato e che quindi non c’è più bisogno che ogni istituzione si doti di un proprio data center, bensì sarebbe meglio concentrare tutto in pochi data center regionali ad alta capacità di calcolo, che da subito possano esprimere i servizi progettati in cloud.
Open data: altro obiettivo regionale, sfruttare le grandi potenzialità dei big data, indotte da una grande quantità dei dati pubblici esistenti. È un tema di business difficile e articolato, spesso i dati da analizzare hanno dei costi, ma una parte di quei dati sono pubblici e gratuiti (es. ambientali, energetici, dei trasporti) e la Regione ci crede parecchio, soprattutto per un approccio di tipo culturale al fine di stimolare la domanda e la qualità dei dati pubblici stessi, cosìcche le aziende possano comprendere come, anche analizzando quei dati, si riesca ad analizzare e migliorare il proprio modello di business.
Naturalmente si insiste molto anche su temi legati alla tipicità del territorio veneto: non a caso una serie di finanziamenti andranno a toccare i settori del turismo e della cultura e, altro tema molto importante legato al digitale, la dematerializzazione. La convinzione è che un grande polo di conservazione nazionale al quale possano accedere non solo le istituzioni, ma anche le aziende private, possa essere l’inizio dell’uso di documentazioni certe, originali e validate dalle PA, ma assolutamente immateriali.
Resta infine il capitolo imprese. Indubbiamente un capitolo importante nello svecchiamento del sistema Paese passa per le imprese. Sappiamo che attraverso l’attuazione di una agenda digitale aziendale si possono migliorare le relazioni con i clienti, avviare percorsi di innovazione di prodotto/servizio, razionalizzare i costi. Proprio in questi giorni una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano mostra come il rapporto tra budget Ict delle aziende medio-grandi e fatturato è sceso al 2,1%, rispetto al 2,5% registrato nel 2013. La crisi riduce gli investimenti anche in questi settori, ed è previsto un calo anche per il 2015, pari a -1,47%. Anche se rimangono in primo piano i temi dell’outsourcing e dell’innovazione digitale, con crescita del cloud, investimenti nei principali trend digitali, quali Big Data & Analytics, Dematerializzazione, sistemi gestionali ERP e Device mobili e le Mobile App per il Business.
In Veneto una recente ricerca di Fondazione Comunica ha certificato come il passo digitale delle imprese a nord est non sia certamente straordinario e sostanzialmente allineato alla media del Paese. L’indagine era rivolta alla qualità della comunicazione online delle piccole medie imprese e delle imprese turistiche. Secondo la ricerca, le aziende venete si trovano sempre sul filo della sufficienza, ma gli scostamenti dal 6 verso l’alto (per esempio con un bel 7½ in termini di accessibilità) sono assai meno frequenti rispetto alle molte “cadute” al di sotto della sufficienza (per esempio un 5 — per la funzionalità e un misero 4+ sulla capacità di catturare l’attenzione dell’utente con news ben scritte).
Sin qui una sommaria analisi sul Veneto inerente lo stato degli investimenti sulle infrastrutture, sul tema delle imprese e sulla alfabetizzazione dei cittadini.
Alla luce di ciò in conclusione si può dire che dopo anni di ritardo sui temi dell’agenda digitale, oggi il Veneto abbia avviato, pur con un certo ritardo (sia rispetto ad altre regioni italiane, sia l’Italia come sistema Paese verso Europa) politiche digitali significative. Il limite che ancora si percepisce è di dare sistemicità a quella che noi chiamiamo agenda digitale (non dimentichiamo che non è altro che una road map disegnata dall’Europa per accelerare il processo di digitalizzazione e innovazione del vecchio continente). Se non sapremo sistemizzare l’agenda digitale e favorire gli investimenti pubblici e privati in questo senso, la prospettiva di un’uscita dalla crisi diventa ancora più lontana.
Ma un contributo importante dobbiamo darlo noi imprenditori per svecchiare il sistema produttivo e puntare decisamente alla Fabbrica 4.0, che nasce dalla integrazione necessaria tra manifatturiero e servizi innovativi e tecnologici, unica via per la competitività del sistema produttivo.
Gianni Potti
@giannipotti