Riforma costituzionale

L’Agenda digitale entra in Costituzione…Con calma

Dovremo aspettare il 2016, a essere ottimisti. Ma la nuova formulazione dell’articolo 117 della Costituzionale permetterà di avere un “Cio” della Repubblica. Ciò non toglie che il coordinamento resterà complesso. E nel frattempo bisognerebbe sfruttare meglio ciò che abbiamo: come ridare un ruolo alla Commissione di coordinamento Spc. In verità non manca nulla per agire l’Agenda digitale. Serve solo la forza di eseguire quanto scritto

Pubblicato il 18 Feb 2015

Giovanni Gentili*

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Con un voto all’unanimità, dal valore storico e simbolico, l’emendamento Quintarelli introduce l’agenda digitale direttamente nella Costituzione italiana: con la modifica proposta all’art.117 lettera r) verrebbe assegnata allo Stato competenza esclusiva sul “coordinamento informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche”.

Perché tale modifica entri in vigore, mancano naturalmente altri tre passaggi parlamentari ed un referendum popolare… e ben sappiamo come il percorso delle riforme costituzionali sia in Italia storicamente pieno di insidie. Comunque parliamo di 2016 ad essere ottimisti.

Attualmente all’art.117 lettera r) c’è scritto anche che allo Stato spetta la competenza esclusiva su “pesi, misure e determinazione del tempo”. Questo vuol dire che lo stato potrebbe stabilire che solo lui produca per tutti orologi e bilance in regime di monopolio?… Sul coordinamento dei sistemi informativi non facciamo subito correre il pensiero verso un futuro “software unico della PA” oppure verso una “in house unica nazionale”… sarà interessante seguire il dibattito dei costituzionalisti in materia.

L’unica cosa certa è che la necessità di coordinamento dei sistemi informativi pubblici c’è oggi e rimarrà anche domani: speriamo che ad aumentare non siano unicamente i ricorsi alla Corte costituzionale per stabilire i limiti di tale “coordinamento”.

IL SISTEMA INFORMATIVO UNITARIO DELLA REPUBBLICA

La nuova formulazione, una volta approvata definitivamente, darebbe vita ad un “Sistema informativo unitario della Repubblica” in cui i sistemi informativi di Stato, Regioni, Città metropolitane e Comuni sono coordinati a tutti i livelli e non solo sui “dati” come era scritto prima.

“Unitario” non vuol dire “unico”, quindi non si tratta di neo-centralismo ma di una visione federale in cui c’è qualcuno che tira le fila. Diciamo che sarà possibile nominare un “CIO della Repubblica” (così come il governo americano ha un CIO federale: attualmente è stato nominato Tony Scott che aveva lavorato come CIO in VMWare e Microsoft).

Certo non bisogna negare la complessità di tale coordinamento, perché attualmente lo Stato ha già il potere di coordinare (se non di più) tutti i sistemi informativi dei ministeri, ma ciò non mai è accaduto. Ad esempio ci sono ben 240 siti web solo in ambito governativo. Il governo inglese, con un duro e serio lavoro da prendere ad esempio, è arrivato ad averne uno.

Inoltre il coordinamento può assumere tante forme… occorre definire quali meccanismi di coordinamento si vogliano attuare: una “burocrazia meccanica” alla Mintzberg non pare adatta alla complessità di un intero Paese. Quali meccanismi di coordinamento intendiamo attuare? Adattamento reciproco? Supervisione diretta (gerarchia)? Standardizzazione dei processi? degli output? delle conoscenze?… sarebbe interessante sapere qual è in merito la visione del Comitato di indirizzo AgID.

PER UN NUOVO SPC

In attesa del futuro CIO della Repubblica, va detto che in realtà il concetto di unitarietà nel coordinamento è già ben presente nel CAD laddove il “Sistema pubblico di Connettività” (SPC) è definito all’art.73 del CAD di natura “federata, policentrica e non gerarchica”.

Il Sistema pubblico di Connettività, non va confuso con la sola gara Consip per fornire connettività alle PA (come il nome potrebbe far pensare facilmente) perchè SPC dovrebbe rappresentare l’intera architettura digitale della PA italiana (enterprise architecture).

Per fare ciò, occorre restituire alla “Commissione di coordinamento SPC”, già prevista dall’art.79 del CAD ma mai decollata, il ruolo di definire ed approvare le regole comuni per infrastrutture, piattaforme, processi e dati in ambito pubblico (e nell’interazione PA/privati).

Notate la presenza della parola “coordinamento” nel titolo stesso della commissione… non a caso lo stesso termine usato nell’art.117 lettera r) della Costituzione. Presente oggi e domani.

Naturalmente la Commissione di coordinamento SPC non dovrebbe essere un ulteriore luogo per infruttuosi riti burocratici tra ministeri e regioni, ma dovrebbe assomigliare alla “Internet Engineering Task Force” (IETF), quindi lavorare pubblicamente ed in modo aperto, tramite RFC.

Non c’è niente che lo vieti nelle norme, basta che la Commissione si auto-regoli in tal senso oppure che il Comitato di indirizzo AgID lo richieda come modalità operativa. Non possiamo addossare alla politica anche i ritardi nelle scelte tecniche.

Per dare una misura del ritardo, basti dire che oggi usare nelle PA delle normalissime Web API è fuori legge perché mai definito dalla Commissione di coordinamento SPC.

Al tempo stesso, va contrastata la tendenza ad approvare regole tecniche a livello legislativo, con DPCM o d.P.R., perché ciò comporta un complesso iter burocratico che, nell’epoca della rete, vuol dire avere regole sempre vecchie e non adattabili man mano.

DEL LIVELLO LEGISLATIVO

Intanto va avanti il percorso del Disegno di legge delega sulla riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche in cui all’art.1, sulla base dell’emendamento presentato dal relatore, dopo l’approvazione del ddl il Governo avrà una delega per riscrivere il CAD, entro 12 mesi, al fine di aprire SPC ai privati (come sperimentato in e015), razionalizzare gli strumenti di coordinamento delle amministrazioni pubbliche, semplificare la governance dell’agenda digitale.

In un altro articolo ho provato ad esporre i rischi della continua modifica del CAD e la necessità di superare la legge 241/1990, quindi non torno sull’argomento.

Appare chiaro che la riscrittura del CAD si muoverà nella direzione tracciata dal nuovo art.117 lettera r) anche se la riforma costituzionale non fosse formalmente approvata.

Il problema è che la virtù non si impone per legge, quindi è necessario lavorare al coordinamento delle iniziative scendendo dal livello strategico a quello operativo. Senza invocare pene esemplari per i comuni di 250 abitanti che non fanno il “piano di informatizzazione” (cattivoni!) oppure improbabili commissariamenti centrali contro i riottosi-anti-digitale (non mi risulta sia mai stato esercitato tale potere, pur assegnato dalla legge, nel caso dei comuni che non abbiano proceduto a digitalizzare il SUAP o ad associare le funzioni fondamentali…).

Un esempio di come non agire è il vigente obbligo di fornire esclusivamente in digitale tutti i servizi di qualsiasi PA a partire dal 1 gennaio 2014 (art.63, commi 3bis-3quater del CAD). Sì, avete capito bene… da più di un anno in Italia c’è l’obbligo che sia tutto erogato in digitale. La scadenza non ha meritato neanche una menzione nel milleproroghe. Non avendo tale norma sortito effetto (i soliti enti cattivoni evidentemente) dal 16 febbraio 2015 c’è anche una sanzione di €10.000 per chi non abbia adempiuto (art.24quater, comma 1, D.L. 90/2014).

Siamo un Paese articolato su un gran numero di centri di potere, come notava Calvino in un celebre apologo del 1980. Non sarà l’agenda digitale a risolvere problemi diversi.

DEL LIVELLO STRATEGICO

Come noto, non manca nulla nemmeno al quadro strategico dato che il Governo ha definito la Strategia nazionale per la banda ultralarga e la Strategia nazionale per la Crescita digitale mentre le regioni hanno approvato il documento Agire le agende digitali per la crescita, nella programmazione 2014-2020, hanno definito i PO dei fondi FESR, FSE e FEASR, ed hanno stabilito di avere una Commissione permanente per l’Agenda digitale e l’innovazione tecnologica.

La macchina messa in campo per l’agenda digitale è imponente, il tema è stato ormai posto come priorità a qualsiasi livello… arrivando addirittura nel dibattito costituzionale e ad essere citato persino nel discorso di insediamento del Presidente Mattarella.

Eppure la macchina sembra avere un difetto di progettazione per cui non si mette mai in moto, come fa notare Moriondo in un recente articolo.

NON MANCO DI NULLA

Una teoria innovativa: per agire davvero l’agenda digitale… non manca nulla!

Il quadro legislativo è completo, il quadro della governance è completo. Ma il continuo attendere “la prossima riforma” mette tutti i livelli politici ed organizzativi in attesa di qualcosa che deve venire. Tutti rassicurati dalla routine di pianificazione senza fine e convegni ripetitivi. Un’attesa che rischia di assomigliare sempre di più a quella de “Il deserto dei Tartari”.

Ricapitolando, possiamo sintetizzare la governance dell’agenda digitale su tre livelli, in cui il Comitato di indirizzo AgID (DPCM 8/1/2014) fa da snodo tra il livello politico/strategico e quello tecnico di pianificazione&controllo, mentre il Comitato di coordinamento SPC (art.79 del CAD) fa da snodo tra il livello di pianificazione e quello di execution:

governance tre livelli agenda digitale

Naturalmente i meccanismi di coordinamento vanno messi a punto con l’agire, ed in particolare andrebbero chiariti i referenti per il digitale di tutti gli enti per ognuna delle grandi missioni delle Amministrazioni pubbliche previste dal d.lgs n.118/2011.

AGIRE LE AGENDE DIGITALI

Va bene, non manca nulla, ma gli interventi sono scoordinati… e invece no. Sebbene da più parti si alzino strali contro il re-inventare la ruota, contro l’AgID che dovrebbe fare questo&quello e contro le regioni #fonte_di_tutti_i_mali_ICT in realtà un esame attento dei documenti strategici citati rivela una forte complementarietà delle azioni nazionali e regionali.

AgID sta portando avanti le attività su ANPR, SPID, fatturazione elettronica, portale “Italia Login” (in logica “Mobile Backend as a ServiceMBaaS). Naturalmente i ministeri svilupperanno nei loro PON 2014-2020 anche molte altre azioni di agenda digitale nella loro specificità funzionale (imprese, scuola, ecc).

Le regioni in linea con le quattro macro-azioni previste nel documento “Agire le agende digitali” hanno già attivato tre dei gruppi di lavoro inter-regionali su: 1) centri per le competenze digitali in una rete inter-regionale; 2) infrastrutture digitali (community cloud e cyber security per i territori); 3) “fascicolo digitale del cittadino” ovvero usare il “fascicolo sanitario elettronico” per contenere tutti i documenti/dati del cittadino abilitando una completa smart disclosure. L’azione 4 per una nuova SPC che abiliti “servizi digitali che superino la logica dei procedimenti” attende, necessariamente, gli standard di Italia Login e la riattivazione della Commissione di coordinamento SPC. Naturalmente le regioni svilupperanno nei loro POR 2014-2020 anche molte altre azioni di agenda digitale nella loro specificità territoriale.

La complementarietà delle azioni è illustrata sinteticamente nella figura seguente:

complementarietà stato-regioni agenda digitale

Non ci resta che dare esecuzione a tutto quanto è scritto.

@giovannigentili

*L’autore è responsabile del progetto Agenda digitale dell’Umbria ma scrive a titolo personale

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