Dopo mesi di suspence e dopo anche un appello giunto direttamente dal Commissario Europeo per l’Agenda Digitale, l’approvazione del Decreto Crescita 2.0 – e indirettamente dell’Agenda Digitale Italiana – è finalmente arrivata.
Purtroppo nell’attesa sono state introdotte diverse modifiche rispetto al piano originale che rendono il tutto un po’ più “blando” ma non si è quasi avuto tempo di scendere nel merito specifico dei contenuti visto l’emergere repentino di un altro aspetto che potrebbe riservare brutte sorprese. Infatti, il futuro dell’Agenzia per l’Italia digitale, che dovrebbe applicare le disposizioni dell’AD, non è poi così scontato,
Viene quindi da chiedersi se e quando la modernizzazione del Paese diventerà finalmente un processo iniziato e non programmato e caldamente sostenuto da tutti. Questo ritardo si sommerà ovviamente a quello già pesante del nostro Paese rispetto alla media EU in termini di digitalizzazione (ad esempio la diffusione delle connessioni BB è del 22.2% a fronte della media EU del 27.7%). Allo stesso tempo, bisognerà però anche gestire le aspettative di quanti sono in attesa di questa “benedetta” trasformazione digitale, visto che per non fare torto a nessuno si è promesso un po’ di tutto, forse per fare solo un po’ di campagna elettorale…
Cito l’esempio portato qualche tempo fa da un analista di Gartner che commentava sul tema Agenda Digitale, facendo notare come in paesi in cui l’Agenda è già attiva non si sia poi avuto il miracolo economico atteso. In particolare il caso della Spagna, che con il “Plan Avanza” ha sicuramente scalato posizioni nelle classifiche EU di digitalizzazione, reso disponibili online molti servizi, regolamentato molto e investito in infrastrutture ma si è trovata comunque in difficoltà nel fronteggiare un’aspra crisi economica. Sicuramente il non investire metterà il nostro paese in una posizione ancor più complicata, anche alla luce di quanto annunciato proprio ieri da Bruxelles in merito alle priorità per l’agenda digitale per il 2013. Tra queste c’è l’aumento degli investimenti nella banda larga con la definizione di un ”nuovo e stabile ambiente normativo”, puntando su un accesso alla rete non discriminatorio e nuove metodologie di costo per l’accesso alla rete stessa. Questo aspetto particolare meriterebbe una parentesi dedicata e approfondita per il caso italiano, ma il dibattito intorno alla NGN, a chi e come dovrebbe realizzarla rappresentano un capitolo ancora più spinoso nella storia digitale di questo paese. Potrebbe l’Agenda Digitale rappresentare l’occasione giusta per una revisione generale sule tema delle reti di nuova generazione e la loro regolamentazione? Vogliamo dire che sarebbe opportuno diventasse oggetto della campagna elettorale e del futuro governo come scelta di politica industriale per rilanciare l’Italia e la sua industria?
A prescindere da cosa si riuscirà a fare (anche considerando le scarse risorse economiche a disposizione) i sette punti su cui si basa l’Agenda Digitale restano un obiettivo serio che questo Paese deve raggiungere, anche a piccoli passi. Concordo pienamente con quanto scritto dalla Kroes, quando dice che l’Agenda Digitale Italiana è al di sopra della politica in quanto passaggio vitale per la crescita dell’Italia e per il futuro di tutti gli Europei. Per questo mi auguro che per una volta, per questa volta, lo sviluppo tecnologico non sia legato a doppio filo con la politica di questo paese.