Paesi Bassi, uno dei Paesi in Europa con la più alta percentuale di occupati e la più bassa di disoccupati (6%, cresciuta però negli ultimi anni), e tra i Paesi maggiormente “digitali”, con una penetrazione della rete fissa in banda larga del 40% (la media UE è del 29%) e una copertura che per la banda ultralarga è già nei target europei del 2020 (oltre 90% ad almeno 30 Mps). Anche l’utilizzo di Internet è molto sviluppato, con il 92% della popolazione che lo utilizza regolarmente (71% è la media UE) e il 5% che non lo ha mai utilizzato. L’eCommerce è diffuso nella popolazione, con il 69% della popolazione che compra online, e anche da parte delle imprese. I servizi di eGovernment sono utilizzati dal 93% delle imprese e dal 78% della popolazione (la media UE è al 41%).
Un Paese di innovatori
Il quadro positivo (anche in un periodo di crisi che ha portato ad una situazione di sostanziale recessione, con il PIL che torna in positivo solo dal 2014) è attestato anche dalla valutazione del Global Information Technology Report del World Economic Forum, che la pone al quinto posto nella sua classifica (su 148 Paesi analizzati). I Paesi Bassi hanno un’economia sostanzialmente basata sui servizi in cui l’ICT è zoccolo fondamentale per l’innovazione e la competitività del Paese (il 46% di forza lavoro è impiegata in lavori ad alta intensità di conoscenza). I punti forti riconosciuti sono quelli relativi alla diffusione e all’utilizzo della rete, ma anche alla disponibilità di servizi di eGovernment e di eCommerce e ad una partecipazione altissima dei cittadini alla vita sociale (sulla base dell’indice di eParticipation delle Nazioni Unite). Certamente l’aspetto della semplicità normativa riveste un’alta importanza (4 giorni per avviare un’attività economica) così come la qualità dell’ecosistema complessivo, e non è un caso che gli impatti economici e sociali dell’ICT siano tra i più alti in Europa.
Non è un caso che quindi anche la rilevazione Ocse “How’s life?” sul benessere delle popolazioni (e che misura diversi fattori tra cui reddito, lavoro, equilibrio vita-lavoro, ambiente, istruzione, salute, partecipazione sociale e civica, amministrazione) veda su tutti gli indicatori i Paesi Bassi in alte posizioni, con un ottavo posto complessivo.
In questa logica i Paesi Bassi rivendicano un’anima da innovatori che non è legata soltanto agli ultimi anni e alle ultime politiche sull’ICT ma, come ha ricordato il primo ministro Marke Rutte all’Innovation Convention 2014: “noi siamo veri innovatori: dalle stazioni di pompaggio che usavamo nel diciassettesimo secolo per ricavare terra dal mare, ai LED a basso consumo energetico prodotti dalla Philips, che illuminano la Torre Eiffel di notte.” Un’innovazione che si declina anche a livello territoriale, soprattutto nelle città (l’86% della popolazione vive in aree urbane), dove l’esempio olandese è diventato riferimento per l’evoluzione del modello di città, con eccellenze come Amsterdam, Eindhoven (la terza città innovativa europea secondo il Financial Times), Groningen (classificatasi terza nel premio “iCapital” per la città europea più innovativa, grazie a iniziative volte allo sviluppo di un ecosistema energetico “smart” basato sulle esigenze dei cittadini).
Questo è il frutto di una scelta strategica sull’innovazione che si riflette anche nella strutturazione dell’Agenda Digitale “per l’innovazione e la crescita economica”, coordinata dal Ministero per gli Affari Economici, e che prevede quattro assi principali:
- Aziende che lavorano meglio (normative semplici, e-business, standardizzazione, produttività e cloud computing, open data per la crescita e l’innovazione, aggregazioni imprenditoriali per il mercato digitale europeo, focus sulle PMI, un settore ICT ad alta efficienza energetica, lavoro più intelligente con l’ICT nei settori chiave);
- Infrastrutture e servizi veloci e aperti (accesso a Internet ad alta velocità, Internet gratuito e aperto);
- Digital Security & Trust (commercio online sicuro, produzione ICT sicura, E-privacy, reti sicure);
- Conoscenza che funziona (lavoratori qualificati nel digitale, maggiore efficienza della ricerca ICT).
Le competenze che ci sono e quelle che mancano
Una situazione del tutto rosea? Non proprio, perché a fronte di risultati indubbiamente positivi ci sono elementi di preoccupazione in prospettiva che devono essere fronteggiati, soprattutto sul terreno delle competenze digitali, vera infrastruttura strategica di crescita.
Anche per questa ragione la scelta sul Digital Champion è caduta su Tineke Netelenblos, già ministro dei Trasporti e presidente dell’organizzazione non governativa “Digivaardig & Digiveilig” (cioè “competenze digitali e sicurezza”), che ha promosso diversi programmi nell’area dell’inclusione digitale e coordina una iniziativa nell’ambito della “Grand Coalition for Digital Jobs” promossa dalla Commissione Europea. E infatti, nell’esprimere il suo principale obiettivo come Digital Champion, Netelenbos afferma: “noi vogliamo convincere il popolo olandese dell’importanza di possedere competenze digitali, per poter navigare con sicurezza in rete, e dir loro che senza competenze digitali è impossibile lavorare in una società moderna”.
Oggi le competenze della popolazione sono elevate, come mostrano anche le rilevazioni PIAAC sugli adulti: il 18% degli adulti (età 16-65) raggiunge i livelli più alti della competenza linguistica (la media Ocse è del 12%) e complessivamente la popolazione che ha un’adeguata alfabetizzazione funzionale raggiunge il 60% (la media europea è del 50%, l’Italia è al 30%). E questa situazione si conferma anche tra i giovani, sia nelle competenze linguistiche che in quelle matematiche, agli stessi livelli dei Paesi “top performer” in quest’area come Finlandia, Giappone e Corea, il che testimonia una qualità elevata del sistema educativo.
La preoccupazione sulle prospettive future è soprattutto nell’ambito delle competenze tecnologiche dei futuri lavoratori e in particolare nella previsione che ben 70000 tecnici con elevate competenze ICT lasceranno il lavoro (per andare in pensione) entro il 2020, e non è affatto assicurato un ricambio in termini quantitativi e qualitativi, anche perché (probabilmente per la scarsa attenzione delle scuole secondarie sui temi ICT) pochi studenti intraprendono studi universitari in area ICT.
Così, il governo sta promuovendo diverse iniziative (tra cui Technology Pact, Platform Beta Techniek, Ictmindsets etc.) per cercare di convincere la nuova generazione di studenti a specializzarsi in studi legati a temi tecnologici e comunque assicurare ai Paesi Bassi le risorse ICT necessarie. Ad esempio, il Technology Pact lanciato a maggio 2013, prevede tre linee di azione: attività specificatamente rivolte a incrementare l’attrattività delle discipline tecnologiche per gli studenti (“going for technology”); iniziative verso gli studenti per avvicinarli alle tecnologie anche con sistemi di apprendimento scuola-lavoro (“learning in technology”); aggiornamento e formazione degli attuali tecnici perché siano in grado di poter meglio trasferire la loro conoscenza al momento dell’inevitabile rimpiazzo e anche formare sulle tecnologie i lavoratori dei settori per i quali si prevede una riduzione occupazionale (“working in technology”).
Una risposta specifica è quella che si propone di realizzare la città di Amsterdam, basata sulla costituzione di un istituto per le tecnologie applicate, con diverse decine di milioni di euro di investimenti, per attirare studenti locali ma anche talenti internazionali, e con l’idea di rendere sempre più pervasiva e trasversale su tutte le discipline la competenza ICT.
Una sfida e un approccio da seguire con attenzione.