Anche se dovessimo assistere a un rallentamento degli attuali ritmi di crescita del traffico dati su reti mobili, il tema delle esigenze di banda per le reti wireless resta un tema di medio-lungo termine che andrà affrontato anche in una situazione di incertezza economica internazionale.
A questo riguardo, ricordiamo che fra i temi più attesi (Agenda Item 1.2) che saranno affrontati alla prossima Conferenza Mondiale delle Radiocomunicazioni che si terrà a fine 2023 rientra una decisione sulla destinazione della cosiddetta banda dei 6 GHz (5.925 GHz-7.125 GHz), una mid-band.
Stati Uniti e Cina hanno già preso al riguardo due decisioni opposte. Negli Stati Uniti si è deciso di riservare l’intera banda ad uso unlicensed, mentre in Cina l’intera banda è destinata a uso licensed per sistemi IMT 2020.
Ma perché è così importante parlarne e farlo ora, in tempi di chip shortage e di crisi energetica? Perché, come vedremo, il dibattito sulla banda dei 6 GHz è solo un piccolo aspetto di una strategia più ampia.
I dati sulla crescita del traffico dati mobile
Fra i dati che meglio rappresentano la crescita del traffico dati su reti mobili mi fido molto del traffico unitario mensile, che unitamente al ricavo unitario per il traffico dati (espresso in €/GB), fornisce una sintesi della crescita e della remuneratività del traffico dati.
Nella relazione annuale per il 2022 di Agcom si rileva che il traffico dati, nonostante un rallentamento nella crescita delle SIM dati degli utenti, è aumentato del 26,6% con un traffico unitario mensile di circa 12,5 gigabyte per SIM (dato interessante per il dimensionamento della rete in termini di traffico).
Nell’Appendice statistica che accompagna la relazione annuale i dati sono forniti nella loro progressione storica, nella tabella riportata di seguito (Fonte Agcom).
Sebbene i ritmi di crescita appaiano molto sostenuti, è ben chiaro come l’attuale congiuntura internazionale impedisca di fare previsioni sulla progressione del traffico dati nei prossimi anni. Incidentalmente, non posso non rilevare che il dibattito dovrebbe concentrarsi molto più di quanto non stia avvenendo sull’impatto dell’attuale crisi energetica sugli investimenti degli operatori mobili, che per quanto negli scorsi anni abbiano dedicato grandissima attenzione all’efficientamento dei consumi (come rilevabile oggettivamente dai dati societari sui costi energetici) restano fra le aziende con i maggiori consumi energetici del panorama industriale, anche se non rientrano formalmente nella categoria delle aziende energivore.
Licensed o unlicensed?
Le opinioni che prediligono la soluzione unlicensed per la banda dei 6 GHz prendono spunto da due considerazioni. La prima riguarda i recenti sviluppi degli standard WiFi.
Il WiFi 6, basato sullo standard IEEE 802.11.ax è in grado di raggiungere una velocità limite di 9,6 Gbps con un’efficienza fino a 4 volte superiore quella di Wi-Fi 5 (IEEE 802.11.ac). La sua versione estesa, Wi-Fi 6E, opera anche nella banda a 6 GHz (in aggiunta alle classiche 2.4 GHz e 5 GHz).
Il WiFi 7 opera anch’esso nelle tre bande, ma prevede schemi di modulazione con maggiore efficienza spettrale, anche perché può adoperare la tecnologia MIMO, oramai resa familiare dal 5G. Inoltre, il WiFi 7 consente la cosiddetta multi-link operation (MLO), che consente la trasmissione tra il punto di accesso e il client su diversi link contemporaneamente, se le condizioni radio lo consentono. Sono previste canalizzazioni fino a 320 MHz e, teoricamente, si promettono velocità di trasmissione che superano i 30 Gbps (nell’ipotesi puramente teorica di un uso di 16 flussi (16×16 multiple input, multiple output) e una canalizzazione di 320 MHz)[1].
In sostanza, i sostenitori dell’approccio unlicensed sostengono che senza ricorrere a questi standard WiFi avanzati le potenzialità delle connessioni domestiche in fibra (FTTH) resterebbero inespresse. La fibra garantirebbe velocità che il WiFi, sia in ambito domestico che business, non potrebbe raggiungere. Da ciò deriverebbe la necessità di ricorrere alla banda dei 6 GHz in modalità unlicensed.
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Più larghezza di banda per il metaverso
In realtà, in prospettiva, non si può non parlare anche di applicazioni come Metaverse, che richiederanno più larghezza di banda in ambito locale per applicazioni di realtà virtuale (VR) o per la ligthfield technology. Alcuni ricercatori stimano che un’esperienza multimediale immersiva piena richiederà tra 2 e 5 Gbps come velocità di trasmissione e una latenza compresa tra 5 e 20 ms. Le attuali tecnologie WiFi non hanno obiettivi sulla latenza, mentre il WiFi 7 li introduce. Non possiamo entrare nel merito di queste esigenze in termini di prestazioni, ma il rapporto tra WiFi 7 e Metaverse non può non essere richiamato, e le decisioni opposte di Stati Uniti e Cina certamente nascono dalle rispettive esigenze in termini di equilibri globali.
Lo stato dell’arte della banda 6GHz in Europa
Cosa succede in Europa? La Commissione europea ha già assunto una importante decisione nel corso del 2021 per l’armonizzazione della banda dei 6 GHz che ha già reso disponibile 480 MHz di spettro aggiuntivo per uso unlicensed per wireless access systems including radio local area networks (WAS/RLANs). La decisione ha dunque aggiunto i 480 MHz (5.945-6.425 GHz) ai 538.5 MHz già disponibili nelle bande dei 2.4 GHz e dei 5 GHz bands.
Il dibattito oggi riguarda, quindi, i residui 700 MHz di banda tra 6.425 GHz e 7.125 GHz. La cosiddetta banda dei 6 GHz alta.
D’altra parte, i sostenitori di una assegnazione licensed, orientata a un utilizzo della banda per il 5G (o in termini ITU per l’IMT 2020) ritengono che senza la banda dei 6 GHz il 5G non potrà rispondere agli aumenti di traffico wireless cui si è accennato precedentemente. Inoltre, viene sostenuto, si creerebbe un gap fra le prestazioni della rete fissa in fibra, che si avvantaggerebbe come visto delle maggiori prestazioni dei WiFi 7, e quelle del 5G che potrebbe espandersi significativamente solo nelle bande millimetriche. Di questo soffrirebbero tutte i Paesi e le aree non raggiunti capillarmente dalla fibra.
Disponibilità di spettro e costi della rete
In realtà, la disponibilità di spettro ha anche un impatto diretto sui costi della rete. Una maggiore disponibilità di banda consente una minore densificazione dei siti e quindi facilita il roll-out della rete 5G.
Questa motivazione, sebbene solida, appare solo parziale. A parere di chi scrive, occorre ragionare in termini più ampi e includere nel ragionamento anche le prospettive per il 6G, per quanto possa oggi apparire lontano nel tempo.
I sistemi di comunicazione mobile si sono evoluti nel corso di più generazioni dal 2G al 5G con una nuova generazione di tecnologia ogni 10 anni circa. Per quanto, come detto, oggi – in tempi di chip shortage e di crisi energetica – le previsioni possano apparire velleitarie, la commercializzazione del 6G potrebbe avvenire anche prima del 2030, sebbene i tempi per una diffusa penetrazione siano più lunghi e difficili da stimare.
Conclusioni
Gli obiettivi del 6G in termini di prestazioni oggi sono ancora oggetto di studio, coinvolgendo casi d’uso relativi a realtà immersive, ologrammi, digital replica e altre applicazioni avanzate e, ovviamente, per dare avvio al 6G dovremmo avere un’idea dello spettro da utilizzare ben prima del 2030.
Anche nell’ambito del PNRR la comunità scientifica italiana avrà l’opportunità di approfondire questa tematica e più in generale il cammino verso il 6G. Le bande di frequenza necessarie ovviamente non si limiteranno alle mid-band, ma si estenderanno più in alto, alle bande fino ai 300 GHz, le sub-Terahertz band (sub-Thz).
Il dibattito sulla banda dei 6 GHz alta è, quindi, solo un piccolo aspetto di una strategia più ampia e per affrontarlo compiutamente è necessario allargare le riflessioni a un quadro che prenda in considerazione valutazioni sulla evoluzione delle telecomunicazioni nel lungo termine.
Dovremmo evitare di giudicare il quadro da un dettaglio senza valutarlo nel suo insieme.
Note
- IEEE – Status of Project IEEE P802.11be ↑