In una campagna elettorale dominata soprattutto dal tema della possibile mancanza di una maggioranza al Senato, l’argomento dell’Agenda Digitale, già poco presente nel dibattito sia nei programmi delle coalizioni, di fatto è scomparso.
Un po’ risollevato da alcune interviste delle testate online che si occupano principalmente di questi temi, in effetti si conferma come l’innovazione sia percepita dai mass media come tema di nicchia, poco compreso, poco attraente e di fatto da ignorare.
Su questo fronte una delle principali novità della campagna elettorale è senz’altro l’iniziativa della “Carta d’Intenti per l’Innovazione”, promossa dall’associazione Stati Generali dell’Innovazione e finalizzata all’identificazione di un insieme di priorità programmatiche su cui recepire l’impegno dei candidati alle prossime elezioni politiche e regionali.
Iniziativa importante non solo perché cerca di chiarire la portata strategica del tema del digitale, ma anche perché tenta di valorizzare questa competenza tra quelle che i futuri parlamentari devono possedere. Una delle condizioni essenziali perché a livello legislativo possano trovare la giusta spinta e l’adeguata promozione le iniziative in tema di digitale è, infatti, che la discussione nelle Commissioni e nell’Aula possa vedere la partecipazione di parlamentari con competenze adeguate, e certamente superiori a quelle mostrate nelle precedenti e nell’attuale legislatura.
L’importanza delle competenze
La campagna elettorale, da questo punto di vista, condotta principalmente dai leader delle coalizioni, è specchio della loro difficoltà a considerare la strategicità trasversale che assume questo tema nell’agenda politica, e anche la pervasività del digitale come elemento che produce cambiamento e trasformazione, e della sua sostanziale inutilità se invece approcciato come settore a sé stante, al pari del lavoro, del welfare, dello sviluppo. “La vera rivoluzione, il vero cambiamento sulle politiche dell’innovazione sta nel modificare radicalmente l’ottica con cui dobbiamo trattarle. Da area di intervento, da settore specifico di sviluppo e di crescita, intrecciato con il mondo delle imprese e della pubblica amministrazione, a base per un nuovo paradigma del Sistema Italia, della società italiana” si legge nella Carta.
Se i vertici delle coalizioni in gran parte hanno un approccio settoriale al digitale, i singoli parlamentari hanno molta difficoltà a spingere perché le loro proposte possano procedere nell’iter parlamentare e approdare coerentemente all’approvazione.
Sono tanti i casi di proposte di legge rimaste per anni depositate tra quelle in attesa di discussione. Una di queste, realizzata anche in modo collaborativo in rete, è quella relativa alla Neutralità della Rete.
La legge crescita 2.0, ultimo esempio di questa legislatura, è stata discussa in una Commissione del Senato i cui componenti non avevano competenze in materia se non per alcune aree specifiche. La discussione, non a caso, basta vedere i resoconti delle riunioni, è stata del tutto assente.
Non possiamo permetterci ancora questa disattenzione.
La proposta: una comunità trasversale
E quindi. Come anche ribadito nel corso del Convegno svoltosi al CNR il 4 febbraio, l’iniziativa della Carta d’Intenti per l’Innovazione apre un nuovo percorso che si sviluppa su più fronti:
1) crea le condizioni per la costituzione di una sorta di comunità dei politici innovatori, identificando una piattaforma di priorità sulle politiche dell’innovazione da affrontare come punti strategici e in qualche caso anche identificando delle azioni già condivise. Una comunità, ed è anche questa la novità, trasversale agli schieramenti politici. Tra gli oltre ottanta candidati che hanno aderito impegnandosi a sostenere i punti programmatici sono presenti esponenti del centrodestra, del centrosinistra, della lista FARE Fermare il declino, della coalizione Monti, del Movimento Cinque Stelle, di Rivoluzione Civile. Tra questi diversi capilista e candidati alla presidenza della Regione Lombardia e della Regione Lazio;
2) definisce un patto tra futuri parlamentari e società civile, non un’adesione di principi, ma un impegno a lavorare nella direzione della piattaforma programmatica. Un patto che lega a questo impegno il singolo parlamentare, superando in questo la pessima legge elettorale. Con un impegno ad approfondire e a concretizzare con iniziative legislative le priorità programmatiche della Carta.
Dal convegno tenutosi il 4 febbraio emerge, in particolare, la consapevolezza dell’importanza di valorizzare le sensibilità comuni sul digitale, riconoscendo un’identità di gruppo di lavoro, di comunità di interessi, e allo stesso tempo esprimendo la necessità di affrontare i diversi punti anche andando fino in fondo, fino all’emersione dei conflitti, delle visioni diverse tra le aree politiche.
Un percorso per i politici innovatori
Perché l’innovazione non è neutra, si concretizza su una delle possibili direzioni del cambiamento. E diventa necessariamente “materia di conflitto”, come ha ricordato il sen. Vincenzo Vita. Ecco così la proposta di una strada a più tappe, che
1) valorizzi subito i punti di convergenza (come l’alfabetizzazione digitale, lo sviluppo del commercio elettronico e della cultura digitale delle PMI), accelerando gli interventi su cui è possibile un ampio accordo;
2) non risparmi le strade difficoltose dei punti che più dividono (come la riduzione delle barriere di ingresso al mercato TLC fino alla realizzazione della “fibra dei cittadini”, il cambiamento del modello del lavoro con misure che possono anche prevedere il reddito minimo di cittadinanza), aprendo il dibattito e l’ascolto al di fuori del parlamento.
Dal punto di vista organizzativo, il percorso può prevedere di consolidare subito l’identità di questa comunanza di visione attraverso la formazione di un intergruppo parlamentare per procedere successivamente verso la costituzione formale di una Commissione bicamerale sui temi del digitale (proposta anche questa avanzata da più forze politiche), riconoscendone il valore trasversale e strategico. Mai più leggi sul digitale discusse senza competenze e senza attenzione.
Le premesse ci sono tutte, ma perché si realizzino è fondamentale, come sottolineato da più interventi di politici e non, che la società civile rimanga vigile e attiva, sostenendo i “politici innovatori”, sollecitandoli e portandoli a considerare naturale il confronto sistematico e la collaborazione con tutti gli stakeholder dell’innovazione. Utilizzando strumenti di confronto come ad esempio la “Consulta Permanente dell’Innovazione” sperimentata con successo nell’ultimo anno.
Un percorso ambizioso e innovativo che potrebbe produrre la pressione necessaria a che il prossimo governo vada oltre i programmi prodotti in questa campagna e riconosca la strategicità del digitale con l’assunzione della responsabilità politica direttamente da parte della futura Presidenza del Consiglio.
Un cambiamento necessario, difficile, faticoso. E per ottenerlo bisogna “tenerci”.