Il dottor Annthok Mabiis, nell’anno 2333, ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Un supermercato. Dimenticato. Abbandonato. Non abbattuto. Non convertito. Nella radura. Da più di trecento anni. Separato dal mondo. Un bosco alto. Arancione. A circondarlo.
Arrivano nei corridoi. S’incrociano ai detersivi. Atterrano alle bottiglie. Di vino. D’olio. Sorridono ai saponi. Induriti dal male. Lavati dal bene. Pontificano ai salumi secchi. Rincorrono i carrelli. Scalpicciano ai pani.
Eloquiano. Della vita e della morte. Hanno passato entrambe.
Lei piccola e curva arriva da una colonia astrale. Il bus rosso l’attende. È la preda.
Sama Hargo, analista del linguaggio e delle memorie della Memory Squad 11: “Comandante Khaspros, il soggetto è arrivato. Sta entrando adesso nel supermercato. Confermo che è portatrice della memoria connessa minima… rarissima…”
“È quella che dicono del passaggio vita-morte e viceversa… è quella dei fanatismi assoluti… oppure è quella degli anatemi mascherati da esempi umili… o è quella della propria superiorità poeticizzata come inferiorità… oppure…” cantilenava Stefano Magli l’Agente di Memoria Antica della squadra. Guardava le frotte entrare nel supermercato. Contava le aureole.
La segue l’agente Xina Shaiira analista del terreno e dell’ambiente. Si abbassa. Raccoglie una grossa pietra. La libertà d’inseguire. La costrizione d’essere inseguito. Entra nel supermercato. Ripieno di bisbigli. Opulento di sospiri. Organizzato in lodi. Assemblato di miracoli.
Xina Shaiira passo dopo passo. Dietro la piccola donna. Sempre più vicina. Pensieri affaticati: “Un circolo di lamenti di sfinimento, nessun lenimento, i dolori altrui come proprietà personale per ripararsi dalla paura di soccombere, come ognuno di noi, altrimenti dov’è il martirio e l’estasi, la ricerca della sofferenza come paura, come anestesia contro il desiderio di felicità, perché desiderare è un muro di pietra mentre amare è un rischio calcolato…” L’agente Shaiira stringe la pietra.
Raggiunge la piccola donna. L’agente Shaiira si abbassa. Le sfiora la nuca. Come da procedura standard. La memoria connessa minima resiste all’aggancio. L’agente Shaiira con due mani. I polsi farfugliano. Le dita parlano. Afferrano. Stringono. Strìgono. Stràngono. La memoria connessa minima resiste. Le unghie affondano. Sublime dolore.
Le vecchie finestre vetrate. Rantolano alle folate improvvise. Nel tramonto. Annaspano. Strabuzzano. Sbattono l’improvvisa ferocia della breve tempesta. Xina Shaiira pulisce la pietra: “Niente polvere per il rito.”
Alza il braccio. Lo violenta sulla testa della piccola donna velata. Per aprirla come un uovo. Due missioni assolute. L’una contro l’altra. Xina insegue. La piccola preda inseguita.
Il sasso si spacca sulla testa della santa.
(136 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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