Si prospetta un autunno molto intenso, sul piano dei processi di digitalizzazione, per i Comuni e per la PA più in generale. Il rischio di un fallimento è sempre presente.
I tempi sono certamente dettati dal Piano Triennale per l’informatica, dalle linee guida AGID, dal corpo legislativo (CAD in primis), ma, soprattutto, dal rispetto di quanto previsto dal PNRR.
Ricordo a tutti noi che i provvedimenti adottati dal Governo Draghi hanno confermato totalmente l’impianto legislativo del CAD e che è possibile, grazie, a questo impianto, procedere nel processo di transizione al digitale della Pubblica Amministrazione italiana.
All’Italia manca ancora un’Agenda digitale nazionale: che fare
L’agenda digitale dei Comuni nei prossimi mesi
Riassumo brevemente l’agenda “digitale” di un Comune nei prossimi mesi.
- Proseguire il processo di messa a disposizione dei servizi per i cittadini in modalità digitale attraverso il log identificativo con SPID/CIE/CNS.
- Completare il processo di utilizzo esclusivo della piattaforma pagoPA per i pagamenti, in particolare il perfezionamento del processo di riconciliazione contabile.
- Completare l’adeguamento dell’architettura e del modello comunicativo del proprio sito istituzionale per ospitare le piattaforme che consentono la fruizione dei servizi ai cittadini. Verifica dell’accessibilità dei contenuti e delle pagine web.
- Predisporre il piano di migrazione dei data center e di tutti i programmi ai sistemi cloud.
- Attrezzarsi, entro il 1° gennaio 2022, alla “piena applicabilità” delle disposizioni delle linee guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico. Si tratta di concepire la revisione e la reingegnerizzazione del back office dei Comuni in modalità totalmente digitale.
- Redigere, anche sulla scorta delle prescrizioni del Piano Triennale per l’Informatica 2021/2023 (di prossima pubblicazione – speriamo) il proprio Piano Triennale.
Il Piano Integrato di attività e organizzazione
Ricordo, a questo proposito, che il Decreto Legislativo 9 giugno 2021 n.80 (convertito in Legge e pubblicato in GU 8 agosto 2021) ha previsto che le P.A. entro il 31 gennaio 2022 debbano adottare il Piano Integrato di attività e organizzazione.
In sintesi, il Piano -di valenza triennale- dovrà raggruppare in un insieme organico: il Piano delle performance, il POLA, le strategie di gestione del “capitale umano” e di riassetto organizzativo. In quest’ambito, testualmente, la legge prevede la predisposizione da parte dei Comuni, di obiettivi formativi “finalizzati al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale” del personale.
Inoltre, il nuovo Piano integrato dovrà assorbire il Piano per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza (il PTCPT).
Va segnalato come il nuovo Piano dovrà comprendere “l’elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia, nonché la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati”.
Dal nostro punto di vista va prestata particolare attenzione alla predisposizione di un processo formativo di tutto il personale finalizzato “alla completa alfabetizzazione digitale” e alla pianificazione del processo di semplificazione e reingegnerizzazione dei procedimenti e dei processi.
I problemi che i Comuni dovranno affrontare
Francamente, non sono certo, che i Comuni siano consapevoli dell’attività da svolgere nelle prossime settimane. Sicuramente i Comuni, e non solo quelli di piccole dimensioni (meno di cinquanta dipendenti se stiamo al DL 80), avranno un disperato bisogno di aiuto da parte delle Regioni, da parte dell’ANCI e del FORMEZ, da parte dell’AGID che non potrà svolgere solo il ruolo di censore a esso attribuito dalla Legge 108/2021.
Da un punto di vista operativo, particolare attenzione andrà prestata all’estensione del numero e alla qualità dei servizi offerti on line ai cittadini utilizzando i log identificativi SPID/CIE/CNS. Ricordo a tutti noi che dal 30 settembre scatta il divieto di offrire i servizi on line utilizzando identità proprietarie.
I Comuni si trovano ad affrontare due generi di problemi.
L’affidabilità delle piattaforme
Il primo è di tipo meramente informatico, ed è quello paradossalmente più semplice da risolvere. Ormai il mercato mette a disposizione piattaforme che consentono ai Comuni di offrire i loro servizi con SPID/CIE.
Non dobbiamo però nascondere il fatto che non tutte le piattaforme offrono un servizio di qualità e “a norma”. Analoga considerazione vale anche per i siti istituzionali.
Il punto vero da affrontare è assieme informatico e organizzativo/culturale.
Indipendentemente dalla piattaforma adottata va garantita l’interoperabilità tra l’ambiente web attraverso il quale il cittadino fruisce del servizio e l’ambiente gestionale di protocollo e gestione documentale.
Non tutti prodotti presenti oggi sul mercato – anche se accreditati sul cloud marketplace di AGID- garantiscono di default – come dovrebbe essere – interoperabilità con gli ambienti web.
Il rischio, a discapito della qualità del prodotto e del servizio forniti, è che un Comune acquisti da un unico fornitore la piattaforma di erogazione dei servizi, il sito web e il gestionale documentale. È evidente che i Comuni saranno (sono) così preda di un lock-in generalizzato, anche se la normativa del CAD prevede l’obbligo di garanzia di interoperabilità.
In tutti i casi va accelerato il processo di offerta dei servizi online. Un passo in avanti importante sarebbe dato dall’implementazione dei servizi anagrafici online tramite la piattaforma ANPR.
L’applicazione delle linee guida Agid su formazione, gestione e conservazione del documento informatico
Il secondo punto dove intravedo forti difficoltà da parte dei Comuni è l’applicazione delle linee guida AGID sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico. In pratica si tratta della reingegnerizzazione -anche culturale- del back office.
Documenti informatici, perché la certificazione dei conservatori è una priorità
Non si tratta, banalmente, di revisionare o di riadottare i manuali “di protocollo”, si tratta di ridisegnare un flusso documentale ormai – almeno nei Comuni – quasi interamente digitale.
Non me ne voglia nessuno, va abbandonata una logica archivistica figlia del mondo analogico e adottata invece una politica organizzativa e gestionale totalmente digitale anche nella attività di conservazione.
Per fare un esempio, i fascicoli digitali vanno formati obbligatoriamente non solo per rispondere a logiche -legittime- archivistiche e conservative ma, soprattutto, per consentire politiche improntate all’ efficienza gestionale organizzativa e consentire l’esercizio del diritto all’accesso da parte dei cittadini.
Anche in questo caso poiché i nuovi manuali devono descrivere un flusso documentale interamente digitale, dove la parte analogica è sempre di più residuale, ci si scontrerà con sistemi digitali di gestione documentale scarsamente concepiti per l’interoperabilità e per il rispetto della produzione dei metadati così come descritti dalle linee guida.
Quest’ambito operativo inerente alla gestione documentale, così come descritto succintamente fino ad ora, è quello dove vedo i maggiori ostacoli, perché si fondono assieme ritardi culturali e ritardi da parte dei fornitori.
L’importanza della pianificazione
Le attività che ho descritto, se vogliamo che abbiano successo, necessitano di una ferrea logica pianificatoria. Non abbisognano cioè di logiche improntate al mero rispetto dell’adempimento e della scadenza. Sono, quelle descritte, attività di più lungo respiro perché destinate a cambiare i modelli organizzativi, gestionali e i rapporti con i cittadini e le imprese.
L’esempio più semplice riguarda i Comuni di più piccole dimensioni che, da soli, con le loro risorse umane e materiali, non ce la faranno mai a raggiungere questi obiettivi. In questo caso le logiche consortili e di unione dovranno essere incentivate dal legislatore e dalle Regioni. Esse dovranno prevalere sui localismi.
A questo proposito richiamo quanto sopra espresso rispetto al nuovo Piano Integrato di attività e organizzazione.
I Comuni, generalmente, in questi anni, non hanno redatto il Piano per l’informatica e, quasi sempre, tutti i diversi livelli di pianificazione sono stati redatti in modo disorganico tra di loro.
Lo sforzo che viene richiesto ora dal PNRR è quello di dare organicità alla pianificazione dell’Ente attraverso un lavoro in team e di direzione collegiale.
Conclusioni
Come si capirà il processo di digitalizzazione di un Ente non si riduce al semplice acquisto di software e alla delega al fornitore anche dei processi di riorganizzazione.
Lo sforzo da fare da parte delle Amministrazioni sarà quello di immaginare nuovi processi di riorganizzazione, di maggiore efficienza, di miglior servizio ai cittadini grazie alle piattaforme informatiche.
Questa, se vogliamo sarà la sfida maggiore che ci impone finalmente il PNRR.